lunedì 30 luglio 2018

Helena Janeczek, "La ragazza con la Leica", Guanda


 Libro vincitore del premio Strega 2018. Si tratta di uno strano romanzo, una sorta di coltissimo vagabondaggio letterario attorno alla figura di Gerda Taro, la fotografa compagna di Robert Capa morta nel 1937, schiacciata da un cingolato alle porte di Madrid durante la Guerra civile spagnola.
 Il libro è diviso in tre parti precedute da un prologo - in cui viene messo in scena il funerale di Gerda a Parigi, dove i suoi resti furono trasferiti per essere tumulati nel cimitero di Père Lachaise -, e seguite da un epilogo, in cui, sulla base di documenti, testimonianze e congetture, si prova a ricostruire la storia dei negativi delle sue fotografie - e di altri scatti che la ritraevano insieme a Capa -, arrivati rocambolescamente in Messico dopo uno spericolato viaggio nella Francia occupata dai nazisti e poi attraverso l’Oceano grazie al coraggio di Chiki Weisz. Sulla scorta di quelle fotografie, fra l’altro, Helena Janeczek tenta di inferire come si sarebbe evoluta la storia d’amore fra Gerda e Robert Capa se la ragazza non avesse fatto una fine così tragica.
 Le tre parti principali di cui si compone la narrazione sono costituite dalla trasposizione ad opera della voce narrante degli immaginari flussi di coscienza di tre personaggi storici che furono molto vicini a Gerda Taro e che, in epoche diverse della loro esistenza, sentono tornare di prepotenza nei loro pensieri il ricordo di quella ragazza assolutamente spiazzante, la cui contagiosa spensieratezza poteva essere presa per un tratto frivolo quando invece era una straordinaria dimostrazione di vitalità e carattere in un periodo storico quantomai cupo.
 Il primo dei tre flussi di coscienza è quello di Willy Chardack, medico cardiologo - fra gli inventori del pacemaker – che nel 1960, a Buffalo, dopo aver ricevuto un’inattesa telefonata da un antico conoscente, mentre passeggia per i lunghi rettifili della città americana (assecondando l’abitudine tutta europea della flânerie, estranea all’utilitarismo statunitense), rievoca gli anni lontani della gioventù, quando era innamorato di Gerda Pohorylle, come tutti coloro che le ronzavano attorno, del resto.
 Chardack – detto “il Bassotto” – era allora uno studente di medicina di estrazione altoborghese, costretto, come molti altri tedeschi di origine ebraica, a espatriare a Parigi dall’avvento di Hitler. Anche Gerda (di famiglia ebrea polacca stabilitasi in Germania) era a Parigi ma, meno ricca di lui, doveva adattarsi a lavori da dattilografa per sopravvivere; i due erano anche stati brevemente fidanzati, poi Chardack aveva dovuto ritirarsi in buon ordine di fronte all’irrequietezza e all’indipendenza della ragazza, che, dopo aver conosciuto il fotografo ungherese André Friedmann (a cui proprio Gerda aveva suggerito di assumere il nom de plume di Robert Capa), si era dedicata essa stessa alla fotografia e, animata da ideali socialisti, era partita per la Spagna dove avrebbe documentato la guerra in corso accompagnandosi all’esercito repubblicano.
 Il secondo stream of consciousness è quello di Ruth Cerf, modella e poi impiegata essa stessa presso lo studio fotografico di Capa, amica e compagna di stanza di Gerda negli anni più duri, quelli in cui entrambe erano così povere da non potersi permettere neppure il metrò.
La riflessione di Ruth è collocata dall’autrice poco dopo la morte di Gerda, prima della guerra destinata a sconvolgere l’Europa, quando la ragazza, sposatasi da poco, sta progettando il trasferimento in Svizzera, a Berna, al seguito del marito. Per lei l’occasione per ricordare è offerta da un colloquio con il dolce Chiki Weisz, amico d’infanzia e fedele collaboratore di Capa, che l’aiuta a depurare il suo giudizio sull’amica dall’ombra di qualche riserva e della residua gelosia, per riscoprirne l’indole giocosa, naturalmente trasgressiva, istintivamente libertaria.

Helena Janeczek

 La terza parte del libro è quella in cui si sviluppa la lunga divagazione di Georg Kurtizkes, uomo brillante e amato dalle donne, storico fidanzato di Gerda prima che essa incontrasse Robert Capa, militante socialista e “responsabile” dell’introduzione di Gerda nei litigiosissimi ambienti della sinistra rivoluzionaria. Georg, oltre a innescare la riflessione di Willy Chardack con la sua telefonata intercontinentale, è l’uomo che – girando con la sua vespa per le strade di Roma, dove lavora presso la Fao – attraverso i suoi pensieri ci fornisce il maggior numero di informazioni su Gerda, della quale, oltre a essere stato a lungo innamorato, aveva conosciuto la famiglia, aveva seguito la crescita intellettuale e aveva osservato da vicino l’ultima trasformazione, essendo partito anch’egli come volontario per la guerra in Spagna, medico al servizio dell’esercito Repubblicano.
 L’immagine di Gerda Pohorylle Taro che viene fuori da queste disparate testimonianze è una sorta di bizzarro ritratto originato dalla sovrapposizione di una serie di istantanee prese in momenti diversi e da prospettive differenti; un ritratto forse incapace di ricondurre il suo soggetto a una visione unitaria, ma ricco di dettagli e – ancora più – di suggestioni, come solo le opere d’arte sanno essere.
 Gerda è la ragazza capace di leggerezza e di eleganza, con un gusto per la moda e per le cose belle di fronte al quale i “materialisti storici” erano soliti storcere il naso.
 Gerda è la seduttrice, capace di suscitare sentimenti in tutti gli uomini con cui entra in contatto – più in virtù del suo modo di fare che della sua peraltro conclamata avvenenza , capace di sfruttare i vantaggi che da questa situazione le derivano senza farsi troppi scrupoli, eppure, con tutto ciò, in grado di conservare la sua originaria innocenza.
 Gerda è la donna pragmatica, perfettamente consapevole della propria condizione e delle imprescindibili necessità economiche che la vita comporta, capace di attivarsi di conseguenza e di cavarsela in ogni situazione.
 Gerda è la donna libera e politicamente matura, capace di scegliere con assoluta lucidità quali ideali sposare, capace di maturare rapidamente la propria coscienza alla luce di quegli ideali, capace di sacrificarsi per il proprio credo.
 Gerda è la ragazza brillante e spiritosa, capace di sdrammatizzare in qualunque circostanza, singolarmente portata all’ironia e all’autoironia.
 Gerda è la donna indipendente e ostinata, capace di imporsi alle pretese maschili, capace di prendere le proprie decisioni senza rendere conto a nessuno.
 Gerda è la professionista abile e tenace, capace di impadronirsi in poco tempo della tecnica fotografica, e di dedicarsi al suo nuovo mestiere con tutta se stessa.
 Gerda è l’amante tenera e appassionata, capace di legarsi all’uomo che ama con straordinaria naturalezza, senza esitazioni e ripensamenti.
 Tutto questo gioco di sovrapposizioni prospettiche è sostenuto da uno stile spesso e intellettualmente denso, certo non semplice e forse neppure assolutamente preciso, ma sempre concentrato ed arrembante: un lavoro di grande impegno e di alta scuola.
 Devo ammettere che il mio gusto personale poco si ritrova in questa elaborata impalcatura, che cresce per continue aggiunte, e in questa sottile, studiatissima trama di riferimenti incrociati, che si estende senza posa; eppure non posso che guardarla ammirato e riconoscerne l’efficacia.

Voto: 6,5

giovedì 19 luglio 2018

Jane Urquhart, "Le fasi notturne", Nutrimenti


 Ho letto Le fasi notturne memore dell'esperienza di lettura di Sanctuary Line, l'altro romanzo della scrittrice canadese recentemente pubblicato da Nutrimenti, e l'ho trovato un bel libro.
 Le "fasi notturne" (the night stages, nella versione originale) del titolo sono quei momenti di pausa e riposo che, durante la notte, fra una tappa e l'altra, si possono prendere i corridori della Ràs, la tradizionale, massacrante gara ciclistica che si tiene in Irlanda, e a cui partecipano due fra i protagonisti del romanzo. L'espressione allude però, più in generale, a quelle crepuscolari fasi di crisi, di riflessione, di rigenerazione che a ciascuno nella vita capita di attraversare, e che inevitabilmente incrociano molti dei personaggi di questo libro.
 La trama è assai complessa, e si articola su quattro piani narrativi differenti, relativi alle vicende dei quattro personaggi principali, quelli dei quali, di volta in volta, la voce narrante adotta il punto di vista: 1) Tamara detta Tam, una donna - ex pilota di aerei - che fugge dalle angustie di una relazione clandestina con un uomo sposato, per cui continua però a provare una forte attrazione fisica e della cui vicinanza sente il bisogno per trovare un ancoraggio sentimentale in qualche modo stabile e lasciarsi alle spalle un passato per molti versi doloroso: 2) Niall, l'amante di Tamara, brillante meteorologo, ex atleta, che si può dire un uomo compiuto e di successo, che però vive costantemente nell'angoscia di un rapporto difficile col fratello minore - nei confronti del quale nutre una rabbia inespressa mista a un oscuro senso di colpa - e nell'affanno di un latente e irrisolto contrasto con la moglie Susan; 3) Kieran, il fratello di Niall, indelebilmente segnato dal suicidio della madre (da lui stesso scoperta in flagrante adulterio) quando era ancora un ragazzino, preda, da allora, di indomabili accessi di collera e crisi di panico, cresciuto con la corpulenta domestica della sua famiglia, Gerry-Annie, trasformatosi in un solitario cultore delle tradizioni dell'Irlanda profonda e in un ciclista di valore, tanto da riuscire a sfidare e a battere il fratello atleta nella corsa della Ràs; 4) infine, Kenneth, l'autore della grande pittura murale, rappresentante Il volo e le sue allegorie, situata nella sala d'aspetto dell'aeroporto di Gander, sull'isola di Terranova, in Canada, la cui contemplazione accompagna e guida le riflessioni e gli umori di Tam, bloccata a Gander dalla nebbia dopo essere partita d'improvviso dall'Irlanda per fuggire lontana anche dal semplice pensiero di Niall.

 Jane Urquhart

 Gli accadimenti oggetto del racconto sono collocabili tutti fra la Seconda guerra mondiale, gli anni immediatamente precedenti e quelli di poco successivi (la madre di Niall e Kieran muore nel 1943; durante la seconda guerra mondiale Tam fa parte della Air Transport Auxiliary, ed è la moglie di Reggie, che ha conosciuto a quattordici anni, verosimilmente prima del conflitto, e sposato a diciassette; tra il matrimonio con Reggie e la storia con Niall vi sono poi per Tam gli anni felici della convivenza con Teddy, antico amico d'infanzia da sempre innamorato di lei; Kenneth, da parte sua, dipinge il murale dell'aeroporto di Gander alcuni anni dopo la fine della guerra, ma le vicende che lo riguardano cominciano diverso tempo prima, quando, da studente di arte, viaggia a caccia di paesaggi e di ispirazione per l'Europa...). L'azione narrativa, invece, si svolge soprattutto in Irlanda, ma tocca anche la Gran Bretagna, le terre oltreoceano dell'America settentrionale, e altri Paesi d'Europa attraverso i quali il giovane Kenneth viaggia, l'Italia e la Germania in primo luogo. 
 Ciascuno dei personaggi principali è protagonista di un filone della vicenda narrata, che ha una sua autonomia e costituisce quasi un romanzo a sé stante; nello stesso tempo, però, le intersezioni con gli altri filoni, alla luce di quello che accade, esaltano lo spessore che l'autrice dona ai personaggi stessi e conferiscono a tutta la macchina narrativa una fisionomia particolarmente articolata e intrigante.
 Tema senza dubbio centrale è quello dell'incomunicabilità fra esseri umani, di quella difficoltà nel condividere il proprio più intimo sentire che rende i rapporti fra gli uomini spesso difettosi, claudicanti, insoddisfacenti. Ne sono un esempio la storia d'amore passionale ma incompiuta fra Tam e Niall, ma prima ancora i rapporti di Tam con i due mariti che ha avuto in precedenza, il vacuo Reggie, pilota di Spitfire durante la guerra, che l'ha introdotta nel mondo dell'aviazione, e il mite Teddy, dalla cui limpidezza e bontà l'animo di Tam fatica a farsi pervadere e conquistare fino in fondo. Ne sono un esempio altresì i difficili rapporti tra Niall e il fratello Kieran, e quelli ancora più difficili tra Kieran e chiunque altro - tranne forse la madre putativa Gerry-Annie e il suo allenatore e mentore Kirby. Ne sono un esempio, infine, le difficoltà che Kenneth incontra nelle sue relazioni con le donne, che solo attraverso la pratica della propria arte riesce a superare e a sublimare.
 Lo stile di Jane Urquhart, le ampie volute della sua prosa avvolgente, l'architettura perfetta del suo periodare, l'allusività del suo dettato - qui brillante come in Sanctuary Line  e forse solo un poco più ermetico - sono semplicemente magistrali.
 La parte più ostica del testo è senz'altro quella che riguarda i silenziosi deliri di Kieran, perso nelle sue peregrinazioni per le selvagge campagne d'Irlanda; una volta che ci si abitua al ritmico ondeggiare del racconto condotto attraverso il suo punto di vista, però, quelle sezioni narrative si rivelano anche fra le più affascinanti e dense di significato.
 A conti fatti si può senz'altro dire che The Night Stages è un libro difficile, ma capace di imporre una volta di più la voce della sua autrice come una delle più interessanti del panorama letterario nordamericano. 

Voto: 7

venerdì 13 luglio 2018

Czeslaw Milosz, "La mia Europa", Adelphi


 La lettura che propongo oggi riguarda il recupero di uno dei numi tutelari della comune identità culturale dell'Europa moderna, che tanto ha bisogno di essere compresa, prima ancora che difesa e valorizzata politicamente.
 La prospettiva dalla quale Milosz guarda all'Europa è unica: uomo dell'est, polacco ma capace di vedere nell'identità nazionale una costruzione complessa e problematica, seppe comporre nella propria esperienza i frammenti di un continente lacerato. Visse sulla propria pelle le due guerre più distruttive della storia, ma questo non gli impedì di cogliere gli aspetti migliori del frammentario e multiforme mosaico culturale europeo; su di essi articolò la propria personalità, con una costante, ammirevole apertura nei confronti del nuovo e del diverso.
 Lo si vede anche dal suo modo di parlare di sé: mentre, ad esempio, uno scrittore come Canetti assorbe e fagocita tutti gli elementi culturali in cui si imbatte, Milosz prima di tutto si riconosce in essi, poi cede loro la scena, perché possano dire al posto suo.
                                                                                                 
 Czeslaw Milosz

 La bellezza e l'importanza della sua opera stanno tutte nell'esito del suo tentativo di trasformare la storia dell'Europa nella sua storia. Così, la storia si fa memoria, e la memoria poetica del racconto.
 Il paragone con Canetti (che è un po' il suo corrispettivo, il nume tutelare dell'identità dell'Europa occidentale o centro-occidentale), da questo punto di vista, è particolarmente istruttivo. Pensiamo a come Canetti e Milosz parlano della loro carriera scolastica e dei loro insegnanti: Canetti (ne La lingua salvata e ne Il frutto del fuoco) rievoca con nostalgia le figure dei propri insegnanti cercando in ciascuno di essi, nell'irripetibile peculiarità della sua persona umana, quegli atteggiamenti, quelle idee, quegli specifici elementi che hanno avuto un peso nella formazione della propria individualità e del proprio carattere.
 Milosz, invece, scava magari meno in profondità, ma proietta ogni cosa su un orizzonte più vasto: i suoi insegnanti diventano emblemi di differenti atteggiamenti culturali, dei quali egli trova tracce chiare non solo in sé, nel proprio carattere, ma anche nella mentalità della gente e nel mondo dal quale proviene.

Voto: 9

sabato 7 luglio 2018

John Updike, "Coppie", Einaudi


 A cinquant'anni dalla sua prima uscita, Einaudi ripropone uno dei romanzi simbolo del Sessantotto, Coppie, che diede scandalo allora, e che ancor oggi viene presentato come uno dei classici della narrativa erotica. 
 In effetti, guardando solo alla trama di questo libro, si potrebbe ricavare l'impressione che si tratti di un romanzo drammatico-sentimentale piuttosto spinto, di quelli che spopolano presso lettori e lettrici che, seguendo una vena trasgressiva, sono in cerca di emozioni forti.
 Niente di più sbagliato. Sotto una superficie narrativa fatta di tradimenti, inquietudini matrimoniali, spericolati scambi di coniugi, manie e bizzarrie amorose, c'è la traccia di un'ammirevole ricerca sulle dinamiche dei sussulti etici ed emotivi della classe media americana in una fase cruciale della storia recente degli Stati Uniti: gli anni sessanta del XX secolo.

John Updike

 Gli Hanema, i "piccoli-Smith", gli Appleby e tutti gli altri personaggi di cui si raccontano le vicissitudini coniugali sono esponenti di una borghesia che, bene o male, si ritiene sicura custode dello spirito propulsivo degli Stati Uniti moderni: un pragmatismo pieno di misura e di buon senso, in cui la tensione moralistica delle origini si è assai allentata insieme agli antichi slanci idealistici.
 Costoro ritengono J.F. Kennedy uno dei loro - perché proviene dal loro stesso background - ma poco hanno capito del cambio di prospettiva di cui egli, anche suo malgrado, è destinato a diventare il simbolo; e la sua morte non servirà a risvegliarli.
 Una nuova generazione sta per salire alla ribalta, più ingenua ma più pura della loro, mentre essi restano prigionieri dei propri paradigmi: vivono l'amore e il sesso più come un gioco sociale che come strumento per perseguire un'inedita aspirazione all'autenticità (quell'aspirazione all'autenticità che, con tutti i suoi limiti, rappresenta il lascito testamentario del Sessantotto che ancora oggi vale la pena serbare).  
 Solo Piet Hanema sembra ansiosamente alla ricerca di qualcosa di diverso; anche se, alla fine, con lui la sorte non sarà benevola. 

Voto: 7