venerdì 8 novembre 2019

Stendhal, "Il rosso e il nero", Garzanti


 Negli ultimi tempi ho deciso di tornare su alcuni dei grandi classici della nostra civiltà letteraria, che una volta facevano parte del bagaglio delle letture "obbligatorie" per qualsiasi persona di media cultura, mentre oggi, sebbene li si continui a citare con frequenza e si riconosca teoricamente il loro valore, per una ragione o per l'altra sono poco frequentati e in concreto poco conosciuti anche dai lettori abituali.
 Oggi prendo in considerazione uno dei migliori romanzi mai scritti: Le rouge et le noir di Stendhal.
 Pare superfluo ricapitolare la vasta trama del libro; basti dire che del protagonista unico Julien Sorel - prototipo del giovane brillante ma dagli scarsi mezzi che cerca di ritagliarsi un proprio spazio nella Francia della Restaurazione - vengono focalizzati, sviluppati e analizzati i diversi aspetti del carattere in differenti fasi della sua evoluzione al cospetto di varie situazioni: Julien, così, viene via via rappresentato come ragazzo timido e amante della lettura e del latino, e per questo disprezzato dal padre - rozzo proprietario di una segheria a Verrières - e dai fratelli; come scrupoloso precettore dei figli del Sindaco della sua graziosa cittadina nella Franca Contea; come amante appassionato di madame de Renal, la moglie del Sindaco; come guardingo seminarista a Besançon - dopo la fuga conseguente alla scoperta della sua tresca con madame de Renal -, attirato dal prestigio e dalle ricche prebende che gli garantirebbe la carriera ecclesiastica; come segretario particolare del marchese de la Mole, assunto grazie all'intercessione del giansenista direttore del seminario; come abile diplomatico incaricato di una delicata missione oltremanica; come cinico seduttore di Mathilde, la graziosa figlia del marchese - promessa sposa di un duca -, presto incinta del giovane dipendente del padre; come vendicativo difensore della propria dignità offesa, dopo essere stato calunniato da madame de Renal, gelosa della sua relazione con Mathilde; come imputato in un processo clamoroso, in seguito al ferimento della sua ex amante; come condannato a morte - a causa della grettezza dei suoi nemici - capace di affrontare impavidamente il patibolo, al pari di un eroe dei tempi antichi.

 Stendhal

 Tante sono le ragioni per le quali il libro si può considerare ancora oggi esemplare. Secondo me le principali sono tre. La prima è quella che potremmo chiamare la "naturalezza" del tono di Stendhal, vale a dire l'affabilità con la quale vengono raccontati gli accadimenti e riportati i pensieri dei personaggi, e - nello stesso tempo - la disinvoltura con cui, talvolta, si esce dal meccanismo della finzione narrativa per dichiararne a chiare lettere i presupposti teorici: Stendhal vede il suo romanzo come una sorta di specchio fedele della realtà, capace di riprodurne gli aspetti sublimi così come la sordidezza, rifuggendo consapevolmente da ogni manierismo; un'idea forse un po' ingenua, ma chiara e indubbiamente potente.
 La seconda è la capacità di sfuggire alla logica del romanzo a tesi, tanto nella costruzione dei personaggi (e in particolare del protagonista, Julien Sorel) quanto nello sviluppo della trama: lo scrittore francese esce dalla trappola della stabilità tipologica dei caratteri che affligge tanti romanzieri, evita ogni eccessivo schematismo e, in generale, non teme la contraddizione. L'effetto realistico che ne deriva è a tratti addirittura sorprendente.
 La terza è la scelta di non prescindere mai dal contesto socio politico in cui le vicende raccontate sono immerse, da cui sono ovviamente influenzate o da cui perfino dipendono: infatti, non si capirebbero molte delle scelte di Julien Sorel se si trascurasse il mondo in cui vive e agisce.
 Sono tutti elementi all'apparenza semplici; ma in quanti testi si possono dire davvero realizzati? In fondo la cristallina linearità è una degli obiettivi più difficili da perseguire per un romanziere.

Voto: 10

Nessun commento:

Posta un commento