venerdì 19 agosto 2022

Mario Desiati, "Spatriati", Einaudi


 Cos'è uno "spatriato"? Nel dialetto di Martina Franca - ma più in generale nel gergo dell'autore - è un individuo irrisolto, spaesato, geograficamente, sentimentalmente e moralmente disperso o incapace di raggiungere il proprio centro di equilibrio.
 Il romanzo di Mario Desiati è pieno di persone così. Lo sono di certo i genitori del protagonista-narratore Francesco Veleno, Elisa Fortuna e Vincenzo Veleno, nel loro matrimonio segnato dall'incompatibilità reciproca, che porta lei a diventare l'amante di un medico dell'ospedale presso il quale presta servizio come infermiera (che è anche il padre di Claudia, la ragazza da cui Francesco è da sempre attratto), e lui (professore di educazione fisica nel locale liceo) un inconcludente ignavo, velleitario e frustrato.
 Lo sono poi tanti dei personaggi di contorno in cui ci si imbatte seguendo lo sviluppo della trama: da Etta, la madre di Caludia, dibattuta tra il suo perbenismo meridional-borghese, la rabbia per il tradimento del marito e il desiderio di rompere a sua volta le catene delle convenzioni sociali, all'avvocato Curcio, stagionato viveur, che prima si fidanza con Claudia e poi sposa sua madre rimasta vedova; dal georgiano Andria, con cui Francesco intreccia in Germania una irrisolta relazione omoerotica, alla ragazza madre Erika, con cui invece è Claudia a creare un legame complesso vissuto sul filo dell'ambiguità emotiva.  
 Ma lo sono soprattutto i due personaggi principali, Francesco stesso e Claudia Fanelli appunto, l'originale ragazza dai capelli rossi, figlia dell'amante della madre, di cui egli ancora studente si innamora, e che come una chimera rimane fino all'età adulta e alla maturità il suo sogno inappagato e il suo eterno tormento. Francesco è "sfuocato" nel suo affetto nei confronti della madre, la cui intensa femminilizzazione al momento della sua fuga d'amore con il dottor Fanelli lo spiazza; è sfuocato nel suo rapporto con la religione, che oscilla da una incorporazione acritica di tutto l'apparato simbolico del cattolicesimo, nell'illusione di una fede autentica (che porta il protagonista a pensare di farsi prete), a un declassamento delle tradizioni cristiane a puro folklore utile per supportare l'ipocrisia corrente; è sfuocato nella sua identità sessuale, interpretata con una fluidità un po' isterica, nella quale l'attrazione per gli uomini sembra quasi essere una reazione condizionata dalla frustrazione del desiderio continuamente inappagato nei confronti di Claudia.
 Claudia, dal canto suo, è l'emblema stesso dell'inafferrabilità, se non proprio dell'instabilità vera e propria: nel lavoro, negli affetti, nel modo stesso di apparire e di essere ella trascorre quasi senza soluzione di continuità da una versione di sé all'altra, forse alla ricerca di un assestamento che non trova mai, senza peraltro che la fedele dedizione - ma sarebbe meglio dire adorazione - di Francesco nei suoi confronti venga mai meno. Può essere così rampolla dell'altezzosa borghesia pugliese a Martina Franca, studentessa ingenua e vivace in cerca di nuove esperienze a Londra, giovane laureata in economia drogata di lavoro a Milano, professionista in crisi affascinata dalla cultura underground e alternativa a Berlino; e, nello stesso tempo, frivola adolescente attratta dai ragazzi più belli e superficiali, e poi fidanzata dell'attempato avvocato Curcio, e poi ragazza ormai matura che guarda al lesbismo senza preclusioni...
 
Mario Desiati

 Tutte queste figure e queste varie inclinazioni si incastonano in un impianto diegetico assai complesso e articolato, la cui caratteristica principale è quella di essere composto a mosaico: le singole tessere narrative formano un disegno univoco, ma tra l'una e l'altra c'è un piccolo spazio vuoto, una fessura che sottolinea il continuo shock emotivo del protagonista al cospetto dei piccoli salti di un destino che - senza che comporti sconvolgimenti apocalittici - egli non riesce a controllare e a prevedere, e che lo lascia sempre in qualche modo un po' spiazzato, in affanno, stupito.
 L'intenzione abbastanza scoperta dell'autore è quella di creare un vasto affresco generazionale, con al centro i trenta-quarantenni di oggi come attori principali della transizione da una mentalità tradizionale sclerotica e piena di difetti a una modernità in cui la sfida a ridefinire i parametri dell'identità individuale e le regole dei rapporti sociali non viene vinta completamente, e rischia di lasciare dietro di sé molti naufraghi, con una società in gran parte ancora non in grado di accettare nuovi modelli, e molti ex ragazzi privi di un centro di gravità permanente intorno al quale organizzare una personalità responsabile e definita.
 Il tema è molto interessante ma, nonostante il romanzo sia stato gratificato dalla vittoria del Premio Strega, ho l'impressione che l'obiettivo non venga pienamente raggiunto: da una parte per una ragione estrinseca rispetto alla sostanza del racconto, e cioè il fatto che le contraddizioni dei quarantenni di oggi sono molto più accentuate di quanto appaiano nel ritratto che di essi fa Desiati (e molto più forte è la loro dipensenza da logiche che affondano le loro radici nella mentalità tradizionale); dall'altra per una ragione strutturale, e cioè il fatto che l'impianto narrativo, nella seconda parte, tende a sfilacciarsi un po', a diventare talvolta poco conseguente, talvolta inutilmente ripetitivo.
 Così, un romanzo che inizia con un piglio veramente ammirevole, dando prova a tutti i livelli di un'efficacia espressiva rara e promettendo moltissimo, nel suo sviluppo perde progressivamente vigore fino a diventare assai meno convincente; quasi noioso, non esiterei a dire.
 
In poche parole:  Cos'è uno "spatriato"? Nel dialetto di Martina Franca - ma più in generale nel gergo dell'autore - è un individuo irrisolto, spaesato, geograficamente, sentimentalmente e moralmente disperso o incapace di raggiungere il proprio centro di equilibrio. Spatriati sono sicuramente i personaggi principali del libro, il protagonista-narratore Francesco Veleno e Claudia Fanelli, la ragazza di cui egli è innamorato fin dai tempi della scuola: emblemi di una intera generazione, quella dei quarantenni di oggi - specie quelli nati e cresciuti nell'Italia meridionale -, che cresce cercando di prendere le distanze dalla sclerotica mentalità tradizionale, di ridefinire i parametri dell'identità individuale e le regole dei rapporti sociali; e che non ci riesce del tutto, rimanendo, per così dire, a metà del guado.

Voto: 6,5