domenica 29 novembre 2020

Regina Porter, "I viaggiatori", Einaudi


 I viaggiatori è un romanzo che ha l'ambizione di rappresentare, attraverso una serie di vicende differenti, fra loro variamente intrecciate - che coinvolgono una moltitudine di personaggi e si sviluppano ciascuna in un momento diverso di un arco temporale che va dagli anni cinquanta del Novecento agli anni dieci del Duemila -, il mosaicio complesso di quella parte della società americana che si è venuta modellando negli ultimi decenni grazie alle frequenti, problematiche intersezioni tra la comunità bianca e quella nera (seguendo la più evidente delle linee di frattura che negli Stati Uniti tendono a dividere la popolazione in gruppi non omogenei al loro interno, ma di certo distinti tra loro).
 Il parametro dell'appartenenza etnica e quello dell'orientamento sessuale sono quelli che nei racconti proposti vengono più di frequente presi in considerazione quali propulsori dello spin narrativo, perché nelle discriminazioni di natura razziale da una parte, e nei disagi conseguenti ad abusi, traumi, ossessioni o turbe identitarie di natura sessuale dall'altra vengono individuate le origini dei travagli esistenziali di vari personaggi esplorati con l'esplicarsi della narrazione.
 La tecnica - piuttosto originale - utilizzata da Regina Porter prevede la successione di una serie di "specchi narrativi" che si riflettono uno nell'altro e rimandano uno all'altro sulla base di una logica che contempla rapporti di parentela o rapporti affettivi fra i protagonisti delle diverse vicende narrate, o esperienze di vita affini, o origini consimili, o parabole esistenziali parallele o complementari, o analoghe frustrazioni, aspirazioni, rimpianti, rimorsi, dolori, ricordi. 
 Le vicende umane che più di tutte le altre finiscono per essere crocevia dei destini più disparati sono quelle di James Samuel Vincent Jr, detto "the James", bianco, avvocato di successo a Manhattan, e di Agnes Miller Christie, nera, figlia di un Diacono della Buckner County, in Georgia, e dunque parte di quella piccola borghesia "di colore" determinata a costruirsi un futuro più prospero di quello dei propri antenati.
 Curiosamente questi due personaggi, nelle pagine del romanzo, non si incrociano mai personalemente, pur entrando per parte loro in relazione con molti degli altri personaggi e pur essendo consuoceri (la figlia minore di Agnes, Claudia, diventata docente universitaria ed esperta di Shakespeare, sposa il figlio legittimo di James, Rufus, che intraprende a sua volta la carriera accademica e arriva ad essere considerato uno dei massimi esperti americani di James Joyce).
 James Vincent, figlio di straordinaria bellezza di una bibliotecaria e di un pompiere - che abbandona la famiglia quando "the James" è ancora un ragazzo -, dopo la laurea e dopo aver imparato a conoscere le donne, sposa a New York l'affascinante e un po' nevrotica Sigrid, che molti ritengono somigliante a Natassia Kinski; dall'unione fra i due nasce Rufus (che, da adolescente, dopo la separazione dei genitori andrà a vivere con la madre a Los Angeles, sperimentando tutte le mollezze californiane, per tornare al padre e alla costa atlantica solo al momento di frequentare il College). Contemporaneamente, però, James porta avanti una relazione saltuaria con Barbara Camphor, moglie del banchiere Charles Camphor (entrambi esponenti tipici della vecchia America WASP). Hank Camphor, il figlio di Barbara, legatissimo a Charles, l'uomo che l'ha cresciuto e che ha sempre considerato il suo vero padre, saprà solo da adulto, dopo la morte di quest'ultimo, di essere in realtà anch'egli figlio di James Vincent.   
 

  L'incontro di Hank con il fratellastro coetaneo Rufus e con la moglie di lui Claudia (dalla quale Hank si sentirà immediatamente attratto) costituirà per l'erede dei Camphor un'occasione per provare a liberarsi di tutte quelle ipocrisie che l'educazione ricevuta ha fatto sì che si sedimentassero in lui. 
 Assai più cruda l'esperienza di Agnes: fin da ragazzina si trova a condividere la stanza con Eloise Delaney, una coetanea figlia di due operai poveri e dediti all'alcol che, dopo l'incendio della loro casa, non sono più in grado di occuparsi di lei; per questo i genitori  ddi Agnes l’hanno accolta in casa. Ma Eloise è lesbica, ed è innamorata fin dalle elementari della piccola Agnes, la quale, crescendo, finisce per conoscere l'amore e il sesso proprio attraverso l'amica.
 Il problema è che ad Eloise piacciono solo le donne, mentre Agnes scopre a un certo punto di provare attrazione anche per gli uomini. Il suo incontro con Claude Johnson - un giovane e affascinante ingegnere di colore - segna la rottura definitiva del rapporto fra lei ed Eloise; le due, peraltro, continueranno a pensarsi e a rimpiangersi reciprocamente per tutta la vita, senza trovare mai modo di riallacciare la loro amicizia (anche quando prenderà il brevetto di volo, entrerà nell'esercito, partirà per il Vietnam, e poi si trasferirà a Berlino, Eloise non smetterà di anelare ad Agnes; la quale, a sua volta, anche da sposata, onorerà la memoria del suo legame di un tempo con Eloise con sporadiche avventure lesbiche, senza trovare mai il coraggio di cercare l'amica).
 Agnes, però, non sposa Claude, con il quale si trova invece ad affrontare, in una sera del 1966, l'avventura peggiore della sua vita: di ritorno da un festival di jazz, la loro automobile viene fermata per un controllo da una coppia di poliziotti bianchi razzisti, che picchiano Claude e violentano la ragazza. 
 Ferita nel profondo, incapace di volersi e di volere ancora bene, Agnes a quel punto rifiuta di portare aventi il fidanzamento con Claude (destinato dopo qualche anno a morire tragicamente durante una rapina) e sposa invece il piccolo e buffo Eddie Christie - originario di New York, e precisamente del Bronx, dove ha assorbito le abitudini dei suoi vicini di casa italiani -, in procinto di partire per il Vietnam. Dall'esperienza della guerra (vissuta a bordo di una portaerei) Eddie tornerà affetto da turbe psichiche per via, oltre che delle crudeltà a cui ha assistito, dei sensi di colpa per il proditorio assassinio di un commilitone razzista, che lo maltrattava in quanto nero, perpetrato con la collaborazione di Jeb Applewood, (fratello di Reuben, che sarà poi ufficiale di marina e vicino di casa dei Camphor durante l'infanzia di Hank).
 Dall'ossessione di Eddie per una piece teatrale, Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard - suo unico antidoto alla disperazione e alla follia - nascerà l'amore della figlia Claudia per la letteratura e per Shakespeare.
 Come si capisce da questi sommari riferimenti ad alcuni frammenti della trama, il libro è complesso e articolato: i rimandi continui che tengono insieme il vasto affresco si sposano con la cura nella resa delle singole "scene narrative" (ciascuna, in pratica, è un racconto a sé stante), in cui l'esperienza dell'autrice come drammaturga si palesa soprattutto nella grande efficacia dei dialoghi, nella definizione psicologica dei caratteri e nell'icasticità di ogni frazione del romanzo.
 Peraltro, alla fine, anche la complicata struttura del testo sembra una celebrazione metaforica di quella che si può ritenere la morale del libro, espressa da Agnes medesima quando, ormai anziana, circondata dalle figlie, dai generi, dai nipoti, entra per caso nel ristorante aperto dall'uomo che tanti anni prima l'ha stuprata, e si mette a riflettere su se stessa: la capacità di ciascuno di noi di sommare tante vite e tante identità in un corpo solo.
 
In poche parole: il romanzo presenta una struttura particolarmente complessa e originale, basata su una sequenza di "specchi narrativi" ciascuno dei quali, pur raccontando una vicenda a sé stante, rimanda a tutti gli altri, con una serie di riflessi che si sommano e si incrociano - collegando fra loro personaggi, luoghi, situazioni diverse - fino a comporre una storia unitaria di più ampio respiro. Tale storia (al centro della quale potremmo porre le figure romanzesche che rappresentano più di altre dei crocevia di destini, quella del bianco James Samuel Vincent e quella della nera Agnes Christie), sviluppandosi tra gli anni cinquanta del Novecento e gli anni dieci dei Duemila, cerca di restituire il mosaico complesso di quella parte della società americana che si è modellata negli ultimi decenni grazie alle problematiche intersezioni tra la comunità bianca e quella nera. Una società che, come in fondo accade a ciascuno di noi, può sommare tante vite e tante identità in un corpo solo.
 
Voto: 7,5 

domenica 15 novembre 2020

Antonio Tabucchi, "Sostiene Pereira", Feltrinelli

  

 
 Oggi voglio parlare di un romanzo uscito più di venticinque anni fa, che per pulizia stilistica, efficacia narrativa e valore civile si può a buon diritto considerare un classico contemporaneo, ma che ultimamente risulta poco letto e poco antologizzato: Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi.
 La vicenda di cui il libro consta è nota: nella torrida estate portoghese del 1938, Pereira, un maturo giornalista che, dopo essersi occupato per quasi trent'anni di cronaca nera per un grande quotidiano, è stato chiamato a dirigere la pagina culturale di un piccolo giornale del pomeriggio di ispirazione cattolica ma formalmente indipendente, il "Lisboa", conosce Francesco Monteiro Rossi, un giovane neolaureato, mezzo portoghese e mezzo italiano, rimasto da poco orfano di entrambi i genitori, che ha scritto una tesi sulla morte. Pereira - che è vedovo da molti anni, praticamente non ha amici, e si confida quasi solo con un vecchio ritratto fotografico di sua moglie che tiene sopra la libreria all'ingresso del proprio appartamento - è ossessionato dall'idea della morte, un po' perché la sente non troppo lontana da sé (è sovrappeso e cardiopatico, e forse non gli rimane molto da vivere), un po' perché, da buon cattolico, pur essendo convinto della resurrezione dell'anima, è turbato dal problema della resurrezione della carne. 
 Così Monteiro Rossi - in cui Pereira rivede se stesso al tempo degli studi a Coimbra, e che per età potrebbe essere il figlio che lui e la moglie non hanno mai avuto - conquista la sua simpatia, tanto da portarlo a concepire l'idea di prenderlo presso di sé come praticante e di affidargli una rubrica sulle ricorrenze e la stesura dei necrologi anticipati (i cosiddetti coccodrilli) dei grandi scrittori europei che hanno raggiunto un'età tale da lasciar suppore che la loro scomparsa non sia lontana. 
 Il fatto è che Monteiro Rossi, in realtà, non ha alcuna confidenza con la morte e con la sua funzione livellatrice e pacificatrice: la sua tesi è stata in gran parte copiata (da Feuerbach e da altri filosofi) ed egli, stimolato da Marta, l'incantevole ragazza dai capelli color rame di cui è innamorato, sembra non poter fare a meno, in ogni articolo che propone a Pereira, di mettere in relazione la sostanza letteraria degli autori presi in considerazione con la loro statura morale, ideologica e politica: tutti i suoi necrologi risultano in questo modo impubblicabili. Del resto, se si guarda a uno scrittore non come a un monumento, ma come a un uomo, vale a dire pensando non alla morte, ma alla vita, è inevitabile prendere in considerazione anche la sua impostazione ideologica di fondo.
 E poi, come si fa ad ignorare che nell'Europa della fine degli anni trenta non si può concepire una cultura svincolata della politica e dalla morale? Monteiro Rossi lo intuisce grazie a Marta, che è un'attivista schierata a favore della causa repubblicana nella guerra civile che infuria nella vicina Spagna, e dalla quale si lascia convincere a impegnarsi nel reclutamento di volontari pronti a partire per combattere contro i franchisti nelle brigate internazionali. Pereira, invece, è costretto a prenderne atto quando, dopo aver pubblicato sulla sua pagina culturale un racconto di Alphonse Daudet dall'impostazione filofrancese ambientato ai tempi della guerra franco-prussiana del 1871, riceve un severo rimprovero da parte del direttore del suo giornale, che di fatto lo esautora dal suo ruolo di responsabile della cultura: infatti, nel Portogallo salazarista, alleato dei franchisti, simpatizzante di Hitler e di Mussolini, risulta semplicemente intollerabile esprimere un'opinione anche solo vagamente filofracense e obliquamente contraria alla Germania.
 Ma l'azione dei nazionalisti di Salazar non si limita alla censura: quando Monteiro Rossi, ormai ricercato dalla polizia per la sua opera di reclutamento di volontari per la guerra civile spagnola, trova rifugio in casa di Pereira, l'anziano giornalista vede irrompere nel suo appartamento tre squadristi che gli puntano un'arma addosso, portano Monteiro Rossi in camera da letto e picchiano fino alla morte il ragazzo. Affranto e scioccato, ma ancora lucido, Pereira decide allora di raccogliere tutto il suo coraggio, di gettarsi alle spalle la prudenza che ha sempre caratterizzato la sua condotta e di giocare un'ultima beffa al regime grazie a uno stratagemma, sfruttando il suo ruolo di giornalista, prima di cercare di abbandonare per sempre il suo amato Paese. 
 
Antonio Tabucchi
 
 La finezza letteraria e la felicità d'invenzione si colgono già nell'impostazione di fondo e nella scelta del narratore: la storia viene infatti raccontata in terza persona da un narratore esterno, assolutamente ben documentato ma niente affatto onnisciente, sulla base della testimonianza diretta del protagonista. 
 Così, il punto di vista di Pereira risulta assolutamente pervasivo, eppure è come se il lettore venisse invitato con scrupolo cronachistico a mantenere un piccola distanza critica da quanto viene riportato (la sottigliezza di quel "sostiene" ripetuto in continuazione è eccezionale); tale distanza critica, tuttavia, più che a mettere in dubbio quello che Pereira riferisce, serve a rafforzare il senso di verità del racconto, sulla base delle prove documentarie a cui si fa cenno (i "necrologi anticipati" di Francesco Monteiro Rossi che Pereira ha conservato in una cartella) e dell'evidente affidabilità del testimone.
 I personaggi, poi, vengono costruiti tutti con una tecnica che si basa su pochi tratti caratterizzanti, come rapide pennellate, capaci di attribuire a ciascuno di essi una collocazione precisa nell'universo di Pereira, l'unica figura dotata di una fisionomia molto più complessa: Monteiro Rossi, timido e appassionato, sempre propenso a seguire le "ragioni del cuore" e a guardare alla vita anziché alla morte; la pasionaria Marta, spigliata e petulante, dalle belle spalle bianche e dai capelli ramati; il camerire Manuel del cafè Orquidea, pronto come un gazzettino a riportare le notizie della guerra civile spagnola che non compaiono sui giornali portoghesi; padre Antonio, lo sbrigativo francescano dalle idee progressiste che è l'unico vero amico di Pereira; il dottor Cardoso, dietologo e psicologo, formatosi in Francia e capace di incoraggiare la "rinascita spirituale" del protagonista; la portiera dell'edificio dove ha sede la redazione culturale del "Lisboa", sgradevole e impicciona, probabile informatrice della polizia; il direttore del giornale, rozzo, ipocrita, prepotente, filofascista; e così via.
 Curioso è il fatto che, pur essendo tutti caratterizzati da un analogo schematismo, i personaggi "positivi" sono più facilmente identificabili, sono umani, hanno un volto, mentre quelli "negativi" si riducono all'atteggiamento che sanziona la loro sgradevolezza, quasi abbiano volontariamente rinunciato alla propria umanità.   
 L'aspetto più interessante del meccanismo narrativo concepito da Tabucchi, però, è un altro, e consiste nel fatto che Sostiene Pereira è un romanzo che riesce a "ribaltare" se stesso: il fascino di Pereira, nella Lisbona apatica e decadente degli anni trenta del Novecento, consiste nel suo tenere lo sguardo rivolto al passato, agli anni dell'Università a Coimbra, alla moglie morta di tisi, ai ricordi delle speranze di un tempo, agli amati scrittori francesi dell'Ottocento, coltivando le proprie intime riflessioni sulla morte o i propri dubbi sul fatto di essere o meno un buon cattolico. E tuttavia, grazie all'impulso datogli dalla comparsa di Monteiro Rossi (e poi anche da Marta e dal dottor Cardoso), il protagonista trova proprio nel suo passato gli stimoli per ricominciare a "frequentare il futuro" (questa l'espressione usata durante una conversazione fra Pereira e Cardoso): nei racconti di Balzac e Daudet, Pereira scopre una chiave per giudicare il presente, nel ricordo di sua moglie e nelle immaginarie conversazioni con lei scopre la propensione ad aiutare Monteiro Rossi come se fosse un figlio, nelle sue riflessioni sulla morte scopre il coraggio per ribellarsi a chi vorrebbe imporre al Portogallo intero la morte della coscienza, nell'onesto esercizio di istanze squisitamente culturali scopre la radice di ogni franca passione civile.
 Un libro imperniato sul più malinconico dei personaggi riesce in questo modo a diventare uno sfavillante manifesto a favore di una concezione della cultura come inevitabile strumento di impegno civile e politico.

In poche parole: la storia di Pereira, anziano e mite giornalista che - nella Lisbona del 1938, sotto la dittatura di Salazar - riscopre, grazie all'esempio di un giovane praticante che potrebbe essere suo figlio, il valore della cultura come strumento per coltivare una coscienza democratica e come mezzo di ribellione nei confronti dell'autoritarismo, si configura come un manifesto a favore dell'impegno civile degli intellettuali non solo per via di elementi contenutistici, ma anche grazie a raffinati procedimenti formali. In particolare, è il caso di citare: lo scrupolo cronachistico con cui, nella finzione narrativa, si cerca di "oggettivare" la vicenda riportata dal protagonista, plasmando un narratore esterno ma non onnisciente; l'abilità nel connotare i personaggi attraverso pochi tratti caratterizzanti, che consentono di stabilire un netto discrimine tra "buoni" e "cattivi"; il ribaltamento della situazione iniziale che trasforma Pereira da malinconico prigioniero del passato in coraggioso "frequentatore del futuro".
 
Voto: 7,5

domenica 8 novembre 2020

Carlo Rovelli, "Helgoland", Adelphi

 
  Helgoland, letteralmente "la terra sacra", è un'isola del Mare del Nord rocciosa e quasi completamente spoglia, costantemente battuta dai venti. Postazione privilegiata per controllare l'accesso ai porti tedeschi delle imbarcazioni provenienti da nord-ovest, fu utilizzata come avamposto fortificato dalla marina germanica fino alla Prima guerra mondiale. Più tardi, il 18 aprile 1947, a Helgoland la marina inglese ammassò e fece saltare in aria gran parte del materiale bellico abbandonato dall'esercito tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale, in quella che fu forse la più grande esplosione mai realizzata con esplosivi convenzionali. 
 E' però un altro il motivo per cui Carlo Rovelli ha scelto di intitolare proprio Helgoland il suo libro dedicato all'avvento della meccanica quantistica, alle sue implicazioni filosofiche, alle sue ricadute culturali e alle modificazioni che essa induce sul nostro modo di pensare il mondo: fu infatti qui che, nel 1925, il giovane fisico Werner Heisenberg si rifugiò per alleviare i sintomi dell'allergia di cui soffriva, contando sulla quasi totale assenza di vegetazione arborea nell'isola, e fu qui che ebbe la prima intuizione matematica della descrizione del comportamento dell'elettrone all'interno dell'atomo. 
 Utilizzando il calcolo matriciale, Heisenberg pervenne alla previsione esatta dell'energia emessa da un elettrone al momento del "salto" da un'orbita atomica all'altra, prendendo atto però dell'impossibilità di determinarne contemporaneamente posizione e velocità; in altre parole, noi possiamo predire il comportamento dell'elettrone quando osserviamo un suo cambio di stato - quando, in un certo senso, interagiamo con lui - mentre non possiamo dire nulla delle sue dinamiche quando sfugge alla nostra osservazione: è questo il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, uno dei capisaldi della fisica e della chimica moderne. 
 L'intuizione di Heisenberg fu confermata e precisata dal contributo di altri fisici e matematici come Max Born, Wolfgang Pauli, Paul Dirac, Pascual Jordan; l'integrazione fondamentale alla nuova teoria venne però dal fisico austriaco Erwin Schrödinger, che scoprì un'equazione basata su una funzione ψ capace di considerare l'elettrone non come una particella ma come un'onda, e di dare conto del suo comportamento in termini di probabilità: in sostanza, Schrödinger ci insegna che l'orbita dell'elettrone è intrinsecamente indescrivibile se non come orbitale, vale a dire come nuvola diffusa di probabilità, all'interno della quale quella che in precedenza era considerata una particella "solida" non è individuabile con certezza.
 Questi i presupposti teorici della meccanica quantistica; le sue conseguenze gnoseologiche invece, come fa notare Rovelli, sono la "granularità" del mondo osservabile, la sua discontinuità (vale a dire il fatto che della materia si può accertare la presenza tramite misurazioni solo in determinati "stati quantici") e, soprattutto, l'interpretazione della realtà fisica non come repertorio di oggetti ma come sistema di relazioni. La metafora perfetta per illustrare questo concetto è contenuta in un altro libro di Rovelli: "il mondo non è fatto di sassi, è fatto di baci".
 E se il mondo è "fatto di baci" (una verità confermata da moltissime prove sperimentali, la più sorprendente delle quali è forse quella che ha portato a svelare il fenomeno dell'entanglement, cioè lo strano legame conservato da due particelle lontane fra loro che si sono incontrate anche una sola volta nel passato), se la materia è esplorabile solo tenendo conto dei parametri della granularità e della probabilità, si deve prendere atto del fatto che tante supposte "verità", tante certezze incorporate dal senso cumune dipendono in realtà da errori di prospettiva, da pregiudizi dettati dall'abitudine a guardare le cose in un certo modo e non in un altro.
 
Carlo Rovelli
 
 Qui le riflessioni di Rovelli spaziano acrobaticamente dalla fisica alla filosofia, dalla biologia alla letteratura e alla politica. Presentate alcune delle teorie più fantasiose derivate da alcuni assunti della meccanica quantistica e denunciati i loro limiti (la teoria "Molti Mondi", che prende alla lettera i fenomeni di sovrapposizione quantistica e immagina l'esistenza di diverse realtà parallele, la teoria delle "Variabili Nascoste", che ritiene che la sovrapposizione quantistica sia generata da un'interferenza e cerca di ritornare agli schemi della fisica classica, la teoria del "collasso fisico", per la quale le predizioni della meccanica quantistica sono solo approssimazioni, la teoria del "q-bismo", secondo la quale la funzione d'onda è solo uno strumento di calcolo che descrive non la realtà in sé ma l'indeterminatezza delle nostre percezioni), l'autore esprime le convinzioni che egli deriva dallo studio della meccanica quantistica, e che si basano su un assunto fondamentale: l'accettazione della relatività delle proprietà fisiche, che non sono scolpite nella materia inerte come la intende la fisica classica, ma dipendono dalle interazioni che le individuano; in sostanza, non ci sono proprietà al di fuori delle interazioni.
 Poi il fisico italiano si sofferma sull'Empiriocriticismo del filosofo Ernst Mach che, oltre a influenzare direttamente Einstein e Heisenberg (e anche lo scrittore Robert Musil) aiutandoli a "pensare" in modo non convenzionale, fornì i fondamenti teorici al pensiero di Aleksandr Bogdanov (alias Aleksandr Aleksandrovic Malinovskij), principale avversario di Lenin all'interno del gruppo dirigente dei bolscevichi; la "scomunica" di Lenin nei confronti di Bogdanov (nemico delle certezze assolute nell'interpretazione del materialismo storico di Marx ed Engels e propugnatore di un metodo di analisi dei rapporti storico-sociali basato sul relativismo) determinò una virata del comunismo sovietico verso una forma ottusa di dogmatismo oppressivo.
 Dopo aver compiuto una ricognizione degli interpreti contemporanei del pensiero di Mach nel contesto di una "filosofia delle relazioni", Rovelli sposta lo sguardo da Occidente a Oriente, dove Nagarjuna, un pensatore indiano del II secolo d.C., nel suo Le stanze del cammino di mezzo, espone la tesi secondo cui le cose non hanno esistenza in sé, indipendentemente da altro; una visione del mondo in singolare consonanza con le conseguenze della meccanica quantistica.
  L'approdo finale di questa lunga serie di divagazioni è un tentativo di messa a fuoco, alla luce della meccanica quantistica, delle nozioni di "significato" e "soggettività": il primo non è individuato da una determinazione preesistente al rapporto tra osservatore e fenomeno osservato, e si definisce solo alla luce dell'intenzionalità dell'osservatore che quel significato definisce; la seconda viene riconfigurata sulla base del fatto che l'uomo non è esterno alla natura, bensì parte della natura stessa (la soggettività dell'uomo che percepisce qualcosa - o si autopercepisce - è solo una delle tante possibilità di interazione che si verificano nel mondo naturale).
 Il libro offre momenti estremamente gustosi, come sempre accade con Rovelli; si aggiunga che il tentativo di divulgare i concetti fondamentali sui quali è costruita la meccanica quantistica, e di riflettere sulle conseguenze di una delle scoperte cardine della fisica moderna su tutti gli altri campi del sapere è di per sé lodevole (e condotto dall'autore sulla base di una grande erudizione, ma senza indulgere in astrusità gratuite; anzi, sebbene solide basi matematiche sarebbero indispensabili per comprendere bene questa parte della fisica, Rovelli fa di tutto per spiegare passaggi francamente difficili al lettore comune - non sufficientemente attrezzato dal punto di vista teorico - attraverso metafore spesso brillanti e molto efficaci).
 Resta il fatto che nel complesso, vuoi per l'intrinseca oscurità della meccanica quantistica, vuoi per la pretesa di concentrare in un numero limitato di pagine argomenti che richiederebbero una trattazione assai più distesa e articolata, la lettura richiede tempi di "digestione" più lunghi di quella di altre opere di Carlo Rovelli.
 
In poche parole: partendo dalle formidabili intuizioni di Heisenberg e di Schrödinger, Carlo Rovelli espone le nozioni fondamentali della meccanica quantistica, illustra i riflessi di questa costruzione teorica su vari campi del sapere e ragiona sulle logiche conseguenze che essa, nel suo insieme, implica in termini di visione del mondo (e del ruolo dell'uomo nel mondo). L'autore è come sempre assai brillante dal punto di vista comunicativo, anche se l'oggettiva complessità dei concetti esposti rende a tratti ostica la trattazione e più difficile del solito realizzare pienamente lo scopo divulgativo di un'opera come questa.
 
Voto: 7-