domenica 29 marzo 2020

Roberto Bolaño, "Sepolcri di cowboy", Adelphi


 Il libro è costituito da tre romanzi incompiuti (o abbozzi di romanzi) ritrovati dopo la morte di Bolaño fra i suoi manoscritti inediti. Il primo è l'eponimo Sepolcri di cowboy, ed è il più strutturato. Protagonista e narratore è quell'Arturo Belano, alter ego dell'autore, che abbiamo imparato a conoscere in altre opere dello scrittore cileno.
 Il testo presenta parecchie componenti autobiografiche: la narrazione prende le mosse nel 1968, quando il giovanissimo Arturo - aspirante poeta culturalmente piuttosto sprovveduto, ammiratore di Nicanor Parra -, la sorella e la madre sono in procinto di trasferirsi dal Cile al Messico, dove vive il padre del protagonista, un messicano che fino a quel momento non ha mai fatto parte delle loro esistenze. Il trasferimento a Città del Messico segna per Arturo l'inizio di un apprendistato che passa attraverso numerose letture, la visione di film erotici e le conversazioni con il Verme, un misterioso, laconico personaggio originario di Villaviciosa, nel Sonora, che ogni giorno lo osserva da una panchina pubblica entrare nella libreria che è solito frequentare, e prima di scomparire improvvisamente, un giorno, gli regalerà un coltello.
 Solo dopo alcuni anni di permanenza in Centro America Arturo rientrerà in Cile, con un viaggio in nave, durante il quale farà amicizia con Dora Montes, una malinconica spogliarellista della quale dividerà i favori con Johnny Paredes, il suo compagno di cabina.
 Il ritorno nel Paese natale avverrà giusto in tempo per assistere, impotente, al Golpe dell'11 settembre 1973 del generale Augusto Pinochet. Un irreale senso di inadeguatezza e solitudine pervaderà Arturo nelle fasi concitate del rovesciamento di Salvador Allende e dell'attacco militare al Palacio de La Moneda.
 Patria, il secondo romanzo, narra una serie di eventi relativi ai giorni, alle settimane, ai mesi, agli anni successivi al Golpe del 1973. Protagonista-narratore, in questo caso, è un altro degli alter ego dell'autore, Rigoberto Belano.
 Sorpreso dal colpo di stato durante una festa di studenti e intellettuali bohémien, Rigoberto lascia Santiago con l'automobile di Patricia Arancibia, la ragazza di cui è innamorato e che lo conduce presso la sua abitazione in campagna.
 Più tardi, dopo la creazione del regime dittatoriale, Patricia - come molti altri desaparecidos - sarà uccisa in circostanze misteriose, Rigorberto verrà imprigionato e torturato, mentre altri membri del loro gruppo, come il poeta Juan Cherniakovski, intraprenderanno un personale percorso di esplorazione delle atrocità dell'America Latina, su cui aleggia l'ombra fascinosa e perversa del nazismo, perfettamente simboleggiata da un vecchio Messerschmitt della Luftwaffe che sorvola il cielo azzurro di Santiago.

 Roberto Bolaño

 Il terzo abbozzo di romanzo si intitola Commedia dell'orrore in Francia, ed è ambientato a Puerto Esperanza, in Guyana francese, dove, dopo aver assistito da un bar in riva al mare a un'eclissi di sole, il giovane Diodoro Pilon, mentre attraversa a piedi la città deserta ed immersa nell'oscurità per tornare a casa, sente incongruamente squillare un telefono pubblico, ed è spinto da una forza misteriosa a rispondere.
 La chiamata, in effetti è per lui: un bizzarro personaggio che parla francese con accento slavo cerca di convincerlo ad entrare a far parte del Gruppo Surrealista Clandestino, raccontandogli l'origine, lo sviluppo e le vicissitudini di questa organizzazione, inizialmente promossa a Parigi da Breton in persona, e poi sostenutasi grazie ai contributi finanziari delle vedove di alcuni poeti esponenti di punta del movimento avanguardistico novecentesco.
 L'atmosfera onirica che permea la strana conversazione telefonica si scioglie in una narrazione che crea le premesse per lo sviluppo di una vicenda sospesa tra il romanzo gotico e il romanzo d'avventura.
 Nonostante il carattere monco di questi tre incompiuti, i testi si fanno apprezzare per la scioltezza stilistica e la densità immaginifica così tipiche di Bolaño, che davvero riesce a plasmare una versione filtrata attraverso l'ironia e organizzata diegeticamente della scrittura surrealista.
 Manca qui, certo, quella che è una delle caratteristiche più originali dello scrittore cileno, vale a dire la capacità di dare luogo a una sorta di narrazione corale, mettendo in scena uno sviluppo narrativo che si basa sul continuo passaggio di testimone tra voci narranti e punti di vista differenti, così da superare la personalizzazione del racconto attraverso la sua esaltazione, e da scomporre l'onniscienza sovrana del narratore tradizionale in una molteplicità democratica di prospettive.
 Vi si trova però la solita, straordinaria abilità nel tratteggiare personaggi assolutamente anticonvenzionali, in grado di esplorare sia la nostra tendenza al sublime, sia i nostri istinti più impuri e l'incoerenza di fondo su cui si articola la nostra identità. Questi personaggi, purtroppo, restano a volte solo in fase di abbozzo.
 Rimane il fatto che leggere Bolaño costituisce sempre un'esperienza complessa e a tratti un poco inquietante, ma alla fine estremamente appagante.  

Voto: 6

sabato 21 marzo 2020

William Faulkner, "Gambetto di cavallo - Sei racconti polizieschi", La nave di Teseo


 Il libro consta di cinque racconti e un romanzo breve, quel Knight's Gambit che dà il titolo all'intera raccolta. Il filo conduttore dei diversi pezzi narrativi, al di là dell'ambientazione delle vicende narrate nel Sud degli Stati Uniti fra gli anni trenta e gli anni quaranta del Novecento, è la presenza, in qualità di investigatore, dell'avvocato Gavin Stevens, procuratore della contea di Yoknapatawpha, nello stato del Mississippi. 
 Stevens è un personaggio molto particolare: uomo di raffinata cultura (ha studiato in Europa - ad Heidelberg - e ad Harvard, conosce la filosofia e le lingue antiche e moderne), è però profondamente radicato nella sua terra, e riesce a capire alla perfezione anche le persone più umili che ad essa appartengono, a sentirsi solidale e a comunicare con loro.
 Stevens, per la verità, non è un vero e proprio investigatore, e il termine "racconti polizieschi" appare quasi usurpato da questi testi. Nelle prime pagine di An Error in Chemistry, il quinto racconto, ha luogo un confronto tra lo sceriffo di Jefferson e Gavin Stevens; il primo sostiene di perseguire la verità, il secondo ribatte di essere più interessato alla giustizia e agli esseri umani. "Perché, la verità e la giustizia non sono la stessa cosa?" chiede allora lo sceriffo. E Stevens, di rimando: "In passato ho avuto modo di vedere verità che sono tutto meno che giuste, e ho constatato con i miei occhi che la giustizia ricorre a mezzi e strumenti che mi rifiuterei di toccare anche con un bastone lungo tre metri".
 Il procuratore, insomma, è molto più uno psicologo e un filosofo che un investigatore, e Faulkner, attraverso la trama dei suoi racconti, appare sempre più interessato a portare alla luce l'irriducibile complessità della mente umana che a smascherare l'insidiosa ingegnosità dell'agire criminale. Anzi, a volte il delitto sembra solo un pretesto per sviluppare un carattere, per rivelare un lato oscuro del nostro essere emotivo, per indagare le discrasie esistenti fra la legge degli uomini, le dinamiche della nostra psiche e concetti ideali quali moralità, probità, rettitudine; altre volte l'individuazione e la punizione del colpevole sembra inessenziale al compimento dello sviluppo narrativo; altre volte ancora, addirittura, non c'è neppure un vero delitto sul quale indagare.   
 Il primo racconto, Smoke (Fumo), è in effetti il più poliziesco di tutti: parla di un'intricata vicenda di liti familiari, trascinatasi per anni, e causata soprattutto da uno scontro di temperamenti diversi. Quando il vecchio Anselm Holland - in aperto contrasto con i due figli ormai adulti - muore a causa di un incidente, nessuno sospetta un omicidio, fino a che l'anziano giudice Dukinfield chiamato a dirimere la questione dell'eredità dei terreni appartenuti a Holland, viene a sua volta assassinato. Solo a questo punto fa la sua comparsa Gavin Stevens che, pur non avendo uno straccio di prova, con uno stratagemma costringe l'insospettabile assassino ad autoaccusarsi del delitto.
 Anche qui, però, il colpevole resta sullo sfondo: a dominare la scena sono i tre personaggi del vecchio proprietario terriero, rimasto sempre estraneo alla comunità che tanti anni prima l'aveva accolto nel suo seno, e dei due figli gemelli Anse e Virge, diversissimi tra loro; oltre, naturalmente a quello del procuratore Stevens, che risolve il caso agendo quasi come un prestigiatore, e sfoggiando un acume e un'arguzia degni di Sherlock Holmes.
 Il secondo racconto, Monk, parla di un povero ragazzo dalla limitatissima intelligenza che, per due volte, viene accusato ingiustamente di delitti che non ha commesso. In entrambi i casi Gavin Stevens riesce a dimostrarne l'innocenza, ma inutilmente: la prima volta, infatti, Monk - il protagonista eponimo - rifiuta di firmare la domanda di grazia che gli permetterebbe di uscire dal carcere, perché si è affezionato al guardiano del penitenziario che lo ha preso sotto la sua ala; la seconda volta, il governatore dello Stato, per ragioni politiche, rifiuta di rendere pubblica la notizia della non colpevolezza di Monk, nel frattempo condannato a morte e impiccato in seguito all'uccisione, durante un tentativo di evasione, di quello stesso guardiano di cui era diventato il protetto. Ciò che spicca nel testo è la solidarietà umana che Stevens prova e riesce a esprimere nei confronti del più umile degli uomini, un orfano esposto dal proprio assoluto candore alla malvagità e al cinismo della maggior parte di coloro che incrocia sulla sua strada.

 William Faulkner

 Hand upon the Water è la storia di un duplice omicidio: del primo, commesso ai danni di un pescatore che viveva del poco ricavato dal suo lavoro in un'umile capanna vicino al fiume, Gavin Stevens scopre il responsabile - riuscendo ad andare oltre i luoghi comuni che vedrebbero nel colpevole il più ovvio dei sospettati -, e cerca di assicurarlo alla giustizia; del secondo l'investigatore nasconde invece l'autore, un sordomuto che era il figlio adottivo della vittima del primo delitto, e che si era scagliato contro l'assassino del padre con l'intento di vendicarlo, salvando contemporaneamente la vita proprio a Stevens. Notevole, per un racconto poliziesco ambientato in America, è il fatto che, quando Stevens  si appresta ad affrontare l'assassino del pescatore, decida di farlo senza portare con sé la propria pistola ("Per lo meno non sarà con questa che mi uccideranno" riflette tra sé e sé riponendo l'arma in un cassetto).
 Domani è invece un racconto che non si sviluppa intorno alla ricerca del colpevole di un delitto, bensì alla ricognizione delle labirintiche dinamiche degli affetti umani. Un uomo, un umile, onesto, maturo agricoltore delle colline, chiamato a far parte di una giuria popolare tenuta a giudicare il caso di un cittadino che, palesemente per legittime difesa, ha ucciso chi lo minacciava, si rifiuta di mandare assolto l'uccisore perché - come Stevens scopre - il teppista ucciso era figlio della donna che egli amava, morta di parto; l'uomo lo aveva allevato dalla nascita fino ai due anni di età, prima che i rozzi fratelli di lei glielo togliessero, forti di un'ingiunzione del tribunale. Pur essendo passati diversi lustri, il contadino non riesce a non vedere in quel prepotente l'inerme bambino di un tempo.
 Un errore di chimica, dietro la struttura narrativa del racconto poliziesco, nasconde una riflessione sulla labile fisionomia dell'identità individuale: in questo caso, infatti, un uomo - in passato celebre illusionista ed escapista in un circo - uccide la moglie e, pur avendo la possibilità di fuggire, si lascia catturare per poi evadere, sopprimere anche il suocero e cercare di sostituirsi a lui con un incredibile travestimento per vendere le sue terre e lasciare in seguito tranquillamente il paese con i proventi della transazione. Solo il caso consente a Stevens di scoprire il trucco. 
 Gambetto di cavallo, infine, oltre ad avere un passo diverso rispetto ai racconti precedenti, per via dell'ampiezza della struttura narrativa, ha anche caratteristiche formali differenti: innanzitutto il narratore non è più un conoscente o un anonimo nipote di Gavin Stevens (sovente chiamato "zio" negli altri testi), ma un narratore esterno, che però delega il punto di vista o allo stesso Stevens o a Charles, il figlio diciottenne della sorella del procuratore, che vorrebbe arruolarsi nell'aeronautica per partecipare alla guerra da poco scoppiata in Europa. Inoltre qui non muore nessuno, e non viene neppure consumato un delitto vero e proprio: il crimine viene solo architettato, ma Stevens impedisce che venga realizzato.
 La cosa più importante, però, è che la psicologia di Gavin Stevens si arricchisce di nuovi elementi: egli non è più soltanto il sofisticato investigatore capace di mettere la pietà davanti al trionfo della giustizia, ma un uomo di cinquant'anni per il quale è venuto il tempo di guardarsi indietro, di redigere un bilancio della propria esistenza, di fare piazza pulita di ogni rimpianto e di compiere finalmente scelte eluse tanti anni prima. Tanto che, alla fine del romanzo, il procuratore sposerà la vedova Harriss, l'amore di gioventù che, quando non aveva ancora trent'anni, si era lasciato sfuggire per inseguire le sue chimere in Europa.
 Tutti i testi che fanno parte della raccolta sono caratterizzati da uno stile impostato su una sintassi particolarmente elaborata, eminentemente ipotattica, in cui la complessità della frase riproduce mimeticamente la complessità di un mondo le cui storture l'investigatore protagonista dei racconti è chiamato non tanto a dirimere quanto a svelare e a riconoscere come tali.
 Nei pezzi più riusciti, questo tipo di scrittura diventa uno scandaglio efficacissimo per esplorare gli aspetti più problematici della frastagliata psicologia dei personaggi; talvolta ho però l'impressione che Faulkner si lasci un po' prendere la mano dal mestiere letterario, e il dettato raffinato dei brani più felici si trasformi in alcuni casi in una prosa estremamente involuta, difficile, gratuitamente oscura, persino fastidiosa, a tratti. 
 Fra tutti i racconti che fanno parte della raccolta, il mio preferito è probabilmente Monk.  

Voto: 6,5

domenica 15 marzo 2020

Edoardo Nesi, "La mia ombra è tua", La nave di Teseo


 Lo confesso: per Edoardo Nesi e il suo modo di raccontare ho un debole, che in qualche modo mi fa amare i suoi libri e mi porta perfino a commuovermi su di essi anche quando non sono scritti proprio bene, anche quando la trama ha qualche cedimento, anche quando non mi trovo d'accordo con le idee di fondo di cui la narrazione vorrebbe farsi veicolo.
 Questo La mia ombra è tua (titolo tratto da una frase di Sotto il vulcano di Malcom Lowry), francamente, non appare nulla di eccezionale dal punto di vista letterario: è la storia di un'estemporanea amicizia tra un maturo ma ancora prestante scrittore, Vittorio Vezzosi - autore di un solo romanzo di enorme successo, I lupi dentro, pubblicato nel 1995 e, nella finzione narrativa, diventato l'emblema della mentalità e del modo di essere di tutta una generazione (quella dei nati negli anni sessanta del Novecento) -, ed Emiliano De Vito detto Zapata, un giovane laureato in lettere classiche chiamato un po' per caso a fargli da "assistente alla scrittura".
 Il Vezzosi vive in una specie di eremo non lontano da Firenze ma isolato dal mondo, circondato dai suoi libri, dai suoi vinili, dalle sue vecchie videocassette, in uno splendido ritiro allietato da cene sontuose a base di pesce crudo, da bellissime ragazze a pagamento, da memorabili sniffate di cocaina purissima e dai fantastici cocktail preparati da Mamadou, robusto ghanese al servizio del "maestro" come guardia del corpo, maggiordomo, factotum. Nonostante il suo isolamento e il lungo silenzio letterario - o forse proprio in virtù di essi -, il Vezzosi si è trasformato in una specie di idolo per tutti coloro, giovani e meno giovani, che hanno avuto fra le mani il suo libro; la sua immagine di "ultimo maschio alfa" ne fa per molti quasi una rockstar.
 Zapata arriva solo dopo una lunga serie di collaboratori che l'editore che ha messo sotto contratto il Vezzosi - Passini - ha cercato di affiancare al "maestro", affinché costui completasse finalmente il secondo, agognato romanzo, promesso tanto tempo prima (con la prospettiva di ripetere il successo planetario del primo) e per cui sono già stati sborsati lauti anticipi; ultimamente, compito di questi assistenti è, per la verità, quello di scoprire se il manoscritto del romanzo esiste davvero, cosa di cui il Passini ha cominciato a dubitare fortemente. Solo che il Vezzosi impedisce a chiunque di intromettersi nei fatti suoi, e il predecessore di Zapata, mostratosi un po' troppo curioso e invadente, è stato scacciato dall'eremo in malo modo, a colpi di fucile caricato a sale nel fondoschiena.
 Per qualche ragione, però, l'onestà di Emiliano, il suo sentimentalismo, il suo aspetto vagamente disarmato unito a una certa grinta riposta e sfoderata a tratti, il suo romantico amore non ricambiato per Allegra, compagna di studi dagli occhi grigi, riescono a conquistare il Vezzosi, che - dopo la partenza obbligata di Mamadou per il Ghana - sceglie il ragazzo come suo accompagnatore durante il viaggio verso Milano, dove lo scrittore è atteso come special guest di una popolarissima fiera dedicata alla nostalgia per gli anni ottanta e novanta, ma dove egli decide di recarsi solo perché spera di rivedere una donna che, tanto tempo prima, ha contato molto per lui: Milena Zucchi.
 Il viaggio, affrontato con una spettacolare Jeep Wrangler Golden Eagle con un motore di 6600 cm cubici risalente a quarant'anni prima, risulterà a suo modo indimenticabile, e costituirà per Zapata una sorta di iniziazione alla vita e alla poesia, e per il Vezzosi una sfida per cercare di recuperare il tempo perduto e per vincere le idiosincrasie che gli impediscono di aprirsi al mondo.  

 Edoardo Nesi

 Vi sono notevoli tratti di pretestuosità e di inverosimiglianza nell'impostazione del meccanismo narrativo nel suo complesso, nella dinamica dei rapporti fra i personaggi, e nella storia del rapporto e del viaggio - fra il comico e l'epico - di Vittorio Vezzosi ed Emiliano De Vito "Zapata". 
 Poco credibile appare prima di tutto la mitizzazione della figura del Vezzosi, il clamore che circonda la sua spedizione a Milano, lo stile di vita garantitogli dai proventi di un solo, vecchio libro.
 Addirittura macchiettistici appaiono Monnanni - il professore universitario che ha messo incinta una giovane redattrice e recluta Zapata per il suo incarico sperando che il nuovo romanzo di Vezzosi permetta alla fidanzata di mantenere il suo posto di lavoro - e l'editore Passini (come pure - ma è più comprensibile - il social media manager Gabriel, che si occupa di pubblicizzare tramite instagram il clamoroso intervento del Vezzosi alla fiera di Milano, e l'influencer Carlina, che innesca la mitizzazione della pubblica ricomparsa del maturo scrittore lanciando l'hashtag #ilvezzosimelofarei).
 Un po' troppo caricaturale, sebbene a suo modo efficace per il suo fascino, è il personaggio del muscoloso factotum di colore Mamadou, giunto a fare il guardaspalle del "maestro" dopo una vita dura e avventurosa.
 Assai più centrata sembra invece la figura di Zapata, il protagonista e detentore unico del punto di vista: il suo spaesamento e la sua fiacchezza da nerd celano una psicologia più complessa, a partire dall'articolato rapporto con i genitori e dalla consapevole ricerca - nella vita professionale, nella vita sentimentale e nella vita tout court - di "bozzoli" nei quali rifugiarsi per condurre un'esistenza tranquilla senza essere disturbato; la sua apparente passività nasconde un'insospettabile capacità di tirare fuori gli artigli e di mostrarsi all'altezza della situazione, quando necessario; il suo supposto conformismo fa schermo a un desiderio profondo di sperimentare, anche in maniera trasgressiva, con i giusti stimoli, cose nuove.
 Eppure, se ci si spinge a ulteriori ricognizioni analitiche, ci sono anche altre cose che non entusiasmano: l'ordito aneddotico su cui spesso si sviluppano i libri di Nesi è ben presente anche qui, ma non sempre si avvale di una scrittura all'altezza, caratterizzata in modo originale come avviene altrove; lo stile scade invece talvolta in un mimetismo un po' convenzionale, o in un vernacolo di maniera.
 E però, nonostante tutto questo, la passione che questo libro riesce a sprigionare in alcuni suoi passaggi ha qualcosa di emozionante: la passione per la giovinezza, e l'amore per tutta un'epoca (quella che va dai tardi anni settanta ai primi anni novanta, "l'epoca di maggior benessere che l'Italia abbia mai vissuto", secondo un vecchio adagio dell'autore) che vibra nelle parole pronunciate dal Vezzosi dal palco della fiera di Milano fanno battere il cuore; la passione per la vita e l'amore per la figlia che questo scrittore ideale esprime nella lettera lasciata sul desktop del suo computer, che Zapata apre e legge dopo la partenza del Vezzosi alla volta della California con la sua antica fiamma Milena, commuovono fino alle lacrime.
 E' in nome di questa passione che salvo questo romanzo; di questa passione e dell'evocazione di un altro testo di Edoardo Nesi, questo sì straordinario, L'estate infinita, in cui Vittorio Vezzosi compariva bambino e poi adolescente - figlio di Cesare Vezzosi, il mitico "Bestia", e della splendida Arianna -, in cui Milena Zucchi era la sua fidanzatina, in cui i poveri resti di un passato glorioso che vengono disseminati in questo testo erano parti vive e pulsanti del periodo storico là raccontato (mi viene in mente il capannone dell'azienda artigiana "Citarella costruzioni", che compare qui chiuso e sbarrato, lasciando pensare a un fallimento della piccola impresa avviata da uno dei personaggi principali di quel libro).
 Il raffronto tra i due romanzi, sebbene implicito, è tanto insistito da lasciare il sospetto che tanti aspetti grotteschi presenti a diversi livelli in La mia ombra è tua costituiscano semplicemente un tentativo - forse riuscito solo in parte - di rappresentare satiricamente gli aspetti deteriori di un tempo (tanto per usare la formula coniata da un altro scrittore italiano) "devastato e vile": quello che stiamo vivendo.  

Voto: 6

domenica 8 marzo 2020

Keith Gessen, "Un paese terribile", Einaudi


 Andrej è un giovane americano di origine russa, ricercatore universitario nel campo della slavistica e appassionato di hockey che, nel 2008, subito dopo essere stato lasciato dalla fidanzata Sarah, in un momento in cui negli Stati Uniti la sua carriera langue, su richiesta del fratello maggiore Dima, si trasferisce da New York a Mosca per badare, per un certo periodo, alla nonna materna ormai ottantanovenne.
 Baba Seva Efraimovna Gechtman, la nonna - una vecchina di origini ebraiche che, a suo tempo, è stata insegnante di letteratura e, in seconde nozze, dopo la morte del nonno di Andrej durante la Seconda guerra mondiale, moglie di un importante scienziato amico di Bruno Pontecorvo attivo nel campo delle ricerche petrolifere -, vive nel centro storico della capitale russa, in un appartamento di epoca sovietica detto "l'appartamento di Stalin", perché donatole dal dittatore alla fine degli anni quaranta in seguito a una consulenza storica prestata dalla donna per la sceneggiatura di un film di propaganda su Ivan il Grande.
 L'appartamento ha un aspetto obsoleto, ma la nonna lo conosce bene e, nonostante la sua mobilità sia ormai abbastanza limitata, riesce a spostarsi fra le sue stanze con grande sicurezza. Più difficile, per baba Seva, è muoversi all'interno del proprio quartiere, dove i vecchi negozi che vendevano merci a prezzi abbordabili sono stati sostituiti da nuovi esercizi commerciali di stampo occidentale, impraticabili per chi, come lei, vive di una misera pensione statale, e tutti i suoi antichi punti di riferimento sono venuti meno. In più, la donna, a suo tempo vivace e brillante, comincia ora a perdere la memoria e a mostrare i primi segni di demenza (anche se è ancora imbattibile nel comporre anagrammi).
 In questa situazione, Andrej comprende subito che il compito che lo aspetta non sarà semplice: la nuova Russia, in cui il socialismo reale ha lasciato il posto a una forma particolarmente spinta di capitalismo, in cui la violenza che riempiva le strade per via della povertà diffusa in epoca post-sovietica si è trasformata nell'aggressività generalizzata connessa all'ascesa sociale di un ceto di nuovi ricchi, in cui il pervasivo autoritarismo di Putin ha sostituito l'opprimente tirannia e l'ansia di controllo della vecchia nomenklatura comunista, lo fa sentire totalmente inadeguato, e prendersi cura della nonna è assai più impegnativo di quanto avesse pensato.
 Anche perché la mente di Andrej è tutta rivolta al mondo che ha lasciato, alle lezioni a distanza con cui mette insieme il suo magro stipendio, agli invidiati successi accademici dei suoi compagni di studi.
 I primi mesi a Mosca, così, risultano semplicemente orrendi: Andrej non trova nuovi amici, non ha modo di giocare a hockey come si era ripromesso di fare, non riesce a mettere insieme materiale sulla storia russa utile per scrivere un articolo che gli farebbe guadagnare qualche credito spendibile nei concorsi per accedere alle posizioni che si aprono nei dipartimenti di slavistica delle Università americane. E quando la crisi economica esplosa negli USA riduce i fondi destinati ai corsi on line e decurta ulteriormente il suo stipendio, pare che per il ragazzo le cose siano sul punto di precipitare.

 
 Keith Gessen

 Poi, a poco a poco, tutto comincia a cambiare: Andrej non solo impara a gestire la nonna e a muoversi in città con più disinvoltura, non solo comincia a giocare a hockey con regolarità ma, proprio grazie all'hockey, si inserisce in un gruppo di giovani - il portiere Sergej per primo - di tendenze socialiste impegnati in politica e critici nei confronti del regime putiniano e, all'interno del gruppo (denominato Ottobre) riesce anche a conoscere Julija una bella ragazza dagli occhi verdi già intravista a una cena a casa di un collega americano trasferitosi a Mosca per realizzare un progetto di ricerca grazie a una borsa di studio.
 Julija e Andrej intrecceranno presto una relazione che aiuterà entrambi a superare diversi momenti difficili dovuti alla precarietà della situazione economica in cui tutti e due versano, alle condizioni di salute sempre più difficili di nonna Seva (che, caduta dalle scale, dovrà passare diverse settimane in ospedale), all'impossibilità di fare davvero, in Russia, opposizione al Governo.
 Purtroppo, proprio a causa della politica e dell'economia, tutto presto crollerà: durante una dimostrazione pubblica di fronte alla sede della RussOil, colosso del petrolio con appoggi nell'amministrazione, non lontana dalla sede del Kgb di un tempo, Andrej sarà arrestato; la sua inesperienza lo porterà a parlare a ruota libera con la polizia dei suoi compagni con l'intento di discolparli ma in realtà compromettendoli; Sergej e altri saranno arrestati, Julija lo lascerà, il gruppo Ottobre sarà costretto a espellerlo.
 Ironicamente, l'arresto di Andrej, pur inducendolo ad abbandonare la Russia e pur facendogli perdere tutto quello che era riuscito faticosamente a conquistare nel Paese dei suoi genitori, gli permetterà di ottenere - grazie al clamore mediatico suscitato dal suo atto di dissidenza - quel posto ben retribuito presso un'Università americana di primo piano che egli aveva tanto a lungo inutilmente agognato.
 Il libro è intrigante, e in esso l'autore persegue in maniera evidente la naturalezza dei grandi narratori russi dell'Ottocento: la facilità di scrittura e la capacità di ricostruire la vita quotidiana unite alla profondità di approccio che consente di arrivare a esprimere grandi verità storiche, psicologiche, umane. Purtroppo Keith Gessen vi riesce solo in parte.
 Riuscita è la rappresentazione della Russia odierna (come detto, il tempo della storia abbraccia il periodo fra il 2008 e il 2009, ma certi paradigmi non sono cambiati da allora) come "un Paese terribile", eppure capace di offrire motivi per amarlo, a chi sia capace di guardarlo con affetto: i residui di spirito di comunità, la capacità di resistere alle avversità, il fatalismo che conduce a cercare e a volte a trovare solidarietà umana al di là delle differenze di carattere, di censo, di visione politica.
 Meno riuscito è il tentativo di trascendere dalla descrizione della quotidianità alle grandi categorie esistenziali. L'affetto fra la nonna e Andrej è autentico, il loro rapporto ha spesso risvolti umoristici, eppure la vicenda del loro anno di coabitazione non riesce a diventare in qualche modo paradigmatica; personaggi come Dima - il fratello di Andrej - o Sergej sono molto interessanti, ma non acquisiscono mai quella tipicità che li renderebbe memorabili; fra i "cattivi" che insaporiscono il romanzo, non ce n'è uno che spicchi, che assurga al ruolo di antagonista o di deuteragonista, diventando davvero notevole; la madre morta di Andrej, figlia unica di baba Seva, rimane un po' troppo sullo sfondo per assumere un ruolo davvero significativo. Il mancato sviluppo di questi personaggi e di questi nodi narrativi fa sì che spesso si rimanga in prossimità della superficie delle cose, senza che il racconto possa diventare un caleidoscopio di emozioni e di pensieri.
 Peccato, perché l'idea sulla base della quale il romanzo nasce è assolutamente non banale.

Voto: 6