venerdì 23 settembre 2016

Vittorio Sermonti, "Se avessero", Garzanti


E' un libro che sembra scritto negli anni sessanta: per temi, stile e ampiezza culturale potrebbe essere un testo di cinquant'anni fa di Alberto Arbasino.
Invece è una sorta di autobiografia cubista proposta oggi da Vittorio Sermonti; il titolo deriva da un interrogativo imperniato su un irreale assunto ipotetico relativo a un episodio avvenuto nel maggio del 1945 nell'appartamento milanese in cui lo scrittore quindicenne viveva con la famiglia: tre partigiani si presentarono allora armati all'ingresso dell'abitazione alla ricerca di un "fascista" che qualcuno aveva visto entrare in quella casa. Il fratello maggiore di Vittorio, che fascista lo era veramente (aveva anzi addirittura combattuto insieme alle truppe tedesche fin dall'8 settembre, che lo aveva sorpreso in divisa in Grecia), tenne testa ai tre, che dopo alcuni minuti se ne andarono senza portare via nessuno.
Cosa ne sarebbe stato del suo futuro - si chiede Sermonti - se i partigiani avessero allora ucciso il fratello seduta stante, o se lo avessero prelevato dall'appartamento per portarlo altrove e giustiziarlo?
L'interrogativo, in realtà, diventa per l'autore un pretesto per parlare di sé e raccontare diversi episodi e personaggi della sua vita.
Nella vertigine retorica di periodi lunghissimi, costruiti su una sintassi eminentemente ipotattica, a vocazione iperdigressiva, il racconto procede per accumulo di informazioni, tra continue ripetizioni, dichiarazioni clamorose buttate lì con noncuranza, giudizi taglienti, ricordi incandescenti, triviali compiacimenti, citazioni ultracolte, gustosi aneddoti. E' come se lo spin narrativo desse luogo allo sbocciare di una rosa infinita, aprendosi su petali sempre nuovi, che però si assomigliano tutti.

Una foto di Vittorio Sermonti di qualche anno fa

Si racconta dei rapporti di Vittorio con la sua vasta famiglia, coi genitori, i molti fratelli e le molte sorelle. Si parla delle ragazze e delle donne amate, platonicamente o carnalmente. Si parla degli studi, del lavoro, dei lunghi soggiorni all'estero: di quello in Germania e di quello a Praga, proprio alla vigilia della famosa Primavera. Si parla di politica, di fascismo, di comunismo, e si teorizza la frivolezza, nelle scelte politiche individuali, delle ipoteche ideologiche rispetto alle ragioni esistenziali e all'incidenza delle circostanze.
Si parla di amicizia, e degli amici più grandi: ci si sofferma sulle ragioni per cui un'amicizia può durare una vita o finire improvvisamente.
Si parla anche di amore, senza enfasi, piuttosto con un'ironia che non si trasforma mai in cinismo.
Anzi, si può dire che l'amore sia presente in filigrana in tutto il testo: il discorso dell'autore è infatti rivolto alla donna amata, chiamata di volta in volta con gli epiteti di sapore classico occhi pescosi e bei ginocchi.
Le pagine che mi hanno più impressionato sono quelle in cui viene descritta la cattiveria della madre di Vittorio, fredda, tendenzialmente anaffettiva, poco generosa e incapace di equanimità nei confronti dei figli.
Alla fine, la convinzione che sembra volersi esprimere è che la vita di un uomo è costituita da una concatenazione di eventi tanto complessa che cambiando anche solo un particolare ne risulterebbero stravolti accadimenti da esso distanti nel tempo e con esso apparentemente irrelati; perciò, se quel giorno di maggio del 1945 il fratello maggiore di Vittorio fosse stato ucciso dai partigiani, l'intera sua vita ne sarebbe sicuramente risultata diversa.
Il libro è interessante perché si sostanzia in un raffinato organismo letterario; certo, lo stile eccessivamente elaborato e ostentatamente desueto, unito a una certa autoreferenzialità, rendono la lettura sovente faticosa, e tutto l'insieme assai meno brillante di quanto si vorrebbe.

Voto: 6+   

lunedì 12 settembre 2016

Jane Urquhart, "Sanctuary Line", Nutrimenti


 Sulla sponda canadese del lago Erie sorgeva ancora, nella seconda metà del Novecento, la fattoria dei Butler, vasta famiglia di origine scozzese emigrata nel Nuovo Mondo da diverse generazioni. Presso la fattoria, circondata da immensi frutteti, accorrevano tutte le estati nutrite schiere di lavoratori messicani dediti alla raccolta della frutta, e vi si riunivano per passare le vacanze tutti i ragazzi dei diversi rami della famiglia Butler stabilitisi in Ontario. 
 Proprietario di tutti i terreni e supervisore di tutte le attività che vi si svolgevano era Stanley Butler, energico imprenditore agricolo, nonché animatore e protagonista assoluto - con la sua inesauribile vena creativa e il suo iperattivismo - di quelle memorabili estati, soprattutto agli occhi dei ragazzi.
 Ma tutto questo ora non c'è più: i frutteti sono scomparsi, gran parte dei terreni è stata venduta, i messicani non vengono più in Canada per la stagione della raccolta.
 In quel che rimane della fattoria adesso si è stabilita in perfetta solitudine Liz Crane, che di Stanley è la nipote (ed era fra i ragazzi che un tempo venivano lì a passare le vacanze); di mestiere fa l'entomologa e studia il comportamento delle farfalle monarca, le farfalle più caratteristiche del nord America.
 Sanctuary Line, la via che dalla fattoria arriva fino al vicino promontorio sul lago, infatti, è un punto di osservazione perfetto delle farfalle, che alla fine della stagione calda si riuniscono sugli alberi da frutto, trasformandoli in spettacolari "roveti ardenti" con il loro colore arancione, prima di intraprendere la lunga migrazione verso il Messico, dal quale le loro pronipoti, guidate dall'istinto, torneranno in Canada l'anno successivo.
 Liz è la narratrice della storia raccontata nel romanzo, che viene presentata sotto forma di una lunga missiva indirizzata a un misterioso personaggio del quale solo alla fine del libro verrà rivelata l'identità.
 Da questo scritto veniamo a sapere, con uno stile disteso - spesso in contrasto con la materia del racconto -, domesticamente comunicativo ma non privo di suggestioni letterarie, le vicende che hanno portato nel corso di un secolo i Butler a diventare proprietari della fattoria e dei suoi terreni, e i fatti che negli ultimi trent'anni hanno spazzato via un'azienda florida e disperso una famiglia numerosa.
 Veniamo a sapere delle professioni tradizionalmente diffuse nei due principali rami dei Butler, quello "degli agricoltori" e quello "dei guardiani di fari"; impariamo a conoscere i personaggi a vario titolo mitici che annovera la storia della famiglia (come il Non-lettore); ci addentriamo nelle dinamiche dei rapporti fra i Butler canadesi e quelli statunitensi, stabilitisi a Cleveland, sull'altra sponda del lago; e tutte queste cose le apprendiamo attraverso un doppio filtro, quello di Liz, e quello di Stanley, che con la sua straordinaria vena affabulatoria un tempo le raccontava a beneficio di tutti gli ospiti della sua casa.

Jane Urquhart

 E' però dalla sola Liz che ci viene raccontato quello che è accaduto più di recente: l'ultimo avvenimento tragico è stata la morte in guerra, in Afghanistan, di Mandy, cugina e amica del cuore della narratrice, che era entrata nell'esercito per fare parte delle forze di pace, e permane nella memoria di chi le voleva bene con l'eco delle poesie che adorava (soprattutto quelle di Emily Dickinson e di Robert Louis Stevenson) e dello struggimento segreto per un amore difficile di cui poco diceva anche a Liz.
 Ma la sua tragica fine ha riportato a galla anche il ricordo di avvenimenti precedenti, e in particolare della terribile sera che segnò la fine dell'epoca delle estati in fattoria: quella in cui Stanley venne sorpreso dalla moglie a letto con una lavorante messicana; e Teo, il figlio della donna (che forse era anche figlio di Stanley medesimo), il primo, indimenticabile amore di una Liz appena sedicenne, morì in un incidente stradale.
 Da quella sera Stanley scomparve per non farsi più vedere, e nulla fu più come prima nella famiglia Butler.
 Il racconto parrebbe a tutta prima il tentativo di una ricomposizione più o meno pacifica di una storia famigliare complessa, costellata di lutti, che nessuno ha ancora trovato il coraggio di affrontare.
 Ma a ben vedere c'è di più. Mano a mano che placidamente si sviluppa la narrazione, sembra quasi che Liz venga progressivamente realizzando un'interpretazione sulla quale si innesta un discorso di respiro filosofico, una originale visione del modo di essere degli uomini.
 E' come se vista da lontano, e posta in una prospettiva temporale di lunga durata, la storia archetipica della famiglia Butler finisse per far risultare l'esperienza di vita degli uomini (di tutti gli uomini) non troppo diversa da quella delle farfalle che Liz studia, tra migrazioni, accoppiamenti, stagioni laboriose, costanti che si ripetono una generazione dopo l'altra.
 Ma proprio nel momento in cui istituisce questo parallelismo apparentemente perfetto, Liz si rende conto di come gli uomini davvero possiedono una facoltà, limitata quanto si vuole ma innegabile, di provare a decidere di se stessi e del proprio destino, che li rende infinitamente più interessanti di qualunque farfalla, anche quando tale facoltà resta solo in potenza, ed essi vengono travolti - come un insetto qualsiasi - dal corso di cose che non riescono a determinare.
 Di splendida impronta femminile, la scrittura pura, tranquilla e sognante di Jane Urquhart riesce così a creare una teoria di aperture liriche e di escursioni euristiche che difficilmente trovano posto insieme in un romanzo.

Voto: 7      

giovedì 1 settembre 2016

Kent Haruf, "Benedizione", NNeditore


 Il titolo suggerisce come il romanzo possa essere letto alla stregua di una preghiera; una preghiera che consacra le piccole esistenze dei personaggi, tutti provenienti dalla contea di Holt in Colorado, elevandole ad emblemi universali di ciò in cui risiede la quintessenza dell'umanità.
 Protagonista del libro è Dad Lewis, proprietario dello storico negozio di ferramenta che sorge lungo il corso principale della cittadina. Dad Lewis sta morendo: i medici gli hanno comunicato che il male incurabile di cui soffre se lo porterà via prima della fine dell'estate.
 La moglie Mary e la figlia Lorraine - giunta apposta da Denver assentandosi dal lavoro - lo assisteranno amorevolmente per il poco tempo che gli rimane da vivere. 
 Durante le tristi, rassegnate giornate estive che si succedono - ora lente, ora troppo veloci - prima della morte di Dad, la sua casa diventa crocevia delle esistenze di diversi membri della comunità di Holt, che vengono a fare visita al moribondo e ai suoi famigliari, rispecchiando inevitabilmente i propri piccoli o grandi drammi personali negli ultimi scampoli di vita di quest'uomo da tutti conosciuto e stimato; mentre Dad stesso trova il coraggio di affrontare i fantasmi che popolano la sua anima riemergendo dal passato, per provare a fare un onesto bilancio del suo passaggio nel mondo.
 Due sono i crucci più grandi che lo tormentano: il primo riguarda il licenziamento, quarant'anni prima, di Clayton, un suo dipendente sorpreso a rubare. La moglie di Clayton, Tanya, angosciata per la sorte dei loro due figli, era addirittura arrivata a tentare di sedurlo per convincerlo a riassumere il marito; ma Dad si era rifiutato di cedere, e dopo pochi mesi Clayton si era suicidato. In preda al rimorso, Dad aveva poi segretamente aiutato Tanya - trasferitasi nel frattempo a Denver - a crescere i due bambini, ma non era mai stato sicuro di essersi messo in pari con la propria coscienza.
 Il secondo cruccio è connesso con la vicenda del figlio Frank, del quale Dad non era mai riuscito ad accettare l'omosessualità, e che aveva abbandonato da giovane Holt, i genitori e tutti coloro che lo conoscevano per non fare più ritorno in città e non fare più sapere nulla di lui.

Kent Haruf

 Nelle notti di delirio insonne, il fantasma di Frank (che l'uomo è destinato a non rivedere) viene a trovare Dad insieme a quelli di Tanya, di Clayton e anche dei suoi genitori, scomparsi diversi decenni prima, quasi volessero metterlo di fronte alle scelte più importanti compiute nel suo percorso sulla terra.
 Ma la verità è che l'avventura del vivere è troppo complessa per ridurla a una serie di alternative etiche chiaramente discriminanti, sulle quali esprimere un giudizio netto e pretendere con questo di cogliere in maniera definitiva il carattere di un essere umano: lo dimostra la storia della figlia di Dad, Lorraine, che ha perso la figlia adolescente in un incidente stradale, e ora trascina da tempo una relazione senza futuro con un uomo di cui non è innamorata ma che la appaga fisicamente, e da cui sarebbe per lei troppo doloroso staccarsi; lo dimostra la storia del pastore Lyle, che, per difendere fino in fondo davanti alla comunità dei fedeli le proprie opinioni antimilitariste in un'America che cerca di esorcizzare con una serie di guerre in Medio Oriente gli incubi del terrorismo islamico, finisce per alienarsi la stima e l'amore della moglie e del figlio; lo dimostra la storia di Alene, un'insegnante in pensione, che sconta con la trasformazione in una zitella avvizzita l'amore sincero e sbagliato per un uomo sposato; lo dimostra la piccola Alice, una bambina orfana di entrambi i genitori che abita con la nonna vicino a Dad e Mary, e palesa un'innocenza che non basta a proteggerla dalle sofferenze della vita.
 Si finisce per concludere che il sentimento più autentico che ispirano il coraggio e la fragilità degli uomini è la pietas.
 Tutto questo prende forma attraverso il solito, ammirevole stile di Haruf, con un linguaggio sobrio, paziente, chiaro, efficace, che fa sembrare davvero simili a una preghiera anche le più semplici descrizioni di realtà "banali".   
 Tanto che il romanzo che chiude il "ciclo della Pianura" si può definire bellissimo, senza timore di esagerare.

Voto: 8