lunedì 12 settembre 2016

Jane Urquhart, "Sanctuary Line", Nutrimenti


 Sulla sponda canadese del lago Erie sorgeva ancora, nella seconda metà del Novecento, la fattoria dei Butler, vasta famiglia di origine scozzese emigrata nel Nuovo Mondo da diverse generazioni. Presso la fattoria, circondata da immensi frutteti, accorrevano tutte le estati nutrite schiere di lavoratori messicani dediti alla raccolta della frutta, e vi si riunivano per passare le vacanze tutti i ragazzi dei diversi rami della famiglia Butler stabilitisi in Ontario. 
 Proprietario di tutti i terreni e supervisore di tutte le attività che vi si svolgevano era Stanley Butler, energico imprenditore agricolo, nonché animatore e protagonista assoluto - con la sua inesauribile vena creativa e il suo iperattivismo - di quelle memorabili estati, soprattutto agli occhi dei ragazzi.
 Ma tutto questo ora non c'è più: i frutteti sono scomparsi, gran parte dei terreni è stata venduta, i messicani non vengono più in Canada per la stagione della raccolta.
 In quel che rimane della fattoria adesso si è stabilita in perfetta solitudine Liz Crane, che di Stanley è la nipote (ed era fra i ragazzi che un tempo venivano lì a passare le vacanze); di mestiere fa l'entomologa e studia il comportamento delle farfalle monarca, le farfalle più caratteristiche del nord America.
 Sanctuary Line, la via che dalla fattoria arriva fino al vicino promontorio sul lago, infatti, è un punto di osservazione perfetto delle farfalle, che alla fine della stagione calda si riuniscono sugli alberi da frutto, trasformandoli in spettacolari "roveti ardenti" con il loro colore arancione, prima di intraprendere la lunga migrazione verso il Messico, dal quale le loro pronipoti, guidate dall'istinto, torneranno in Canada l'anno successivo.
 Liz è la narratrice della storia raccontata nel romanzo, che viene presentata sotto forma di una lunga missiva indirizzata a un misterioso personaggio del quale solo alla fine del libro verrà rivelata l'identità.
 Da questo scritto veniamo a sapere, con uno stile disteso - spesso in contrasto con la materia del racconto -, domesticamente comunicativo ma non privo di suggestioni letterarie, le vicende che hanno portato nel corso di un secolo i Butler a diventare proprietari della fattoria e dei suoi terreni, e i fatti che negli ultimi trent'anni hanno spazzato via un'azienda florida e disperso una famiglia numerosa.
 Veniamo a sapere delle professioni tradizionalmente diffuse nei due principali rami dei Butler, quello "degli agricoltori" e quello "dei guardiani di fari"; impariamo a conoscere i personaggi a vario titolo mitici che annovera la storia della famiglia (come il Non-lettore); ci addentriamo nelle dinamiche dei rapporti fra i Butler canadesi e quelli statunitensi, stabilitisi a Cleveland, sull'altra sponda del lago; e tutte queste cose le apprendiamo attraverso un doppio filtro, quello di Liz, e quello di Stanley, che con la sua straordinaria vena affabulatoria un tempo le raccontava a beneficio di tutti gli ospiti della sua casa.

Jane Urquhart

 E' però dalla sola Liz che ci viene raccontato quello che è accaduto più di recente: l'ultimo avvenimento tragico è stata la morte in guerra, in Afghanistan, di Mandy, cugina e amica del cuore della narratrice, che era entrata nell'esercito per fare parte delle forze di pace, e permane nella memoria di chi le voleva bene con l'eco delle poesie che adorava (soprattutto quelle di Emily Dickinson e di Robert Louis Stevenson) e dello struggimento segreto per un amore difficile di cui poco diceva anche a Liz.
 Ma la sua tragica fine ha riportato a galla anche il ricordo di avvenimenti precedenti, e in particolare della terribile sera che segnò la fine dell'epoca delle estati in fattoria: quella in cui Stanley venne sorpreso dalla moglie a letto con una lavorante messicana; e Teo, il figlio della donna (che forse era anche figlio di Stanley medesimo), il primo, indimenticabile amore di una Liz appena sedicenne, morì in un incidente stradale.
 Da quella sera Stanley scomparve per non farsi più vedere, e nulla fu più come prima nella famiglia Butler.
 Il racconto parrebbe a tutta prima il tentativo di una ricomposizione più o meno pacifica di una storia famigliare complessa, costellata di lutti, che nessuno ha ancora trovato il coraggio di affrontare.
 Ma a ben vedere c'è di più. Mano a mano che placidamente si sviluppa la narrazione, sembra quasi che Liz venga progressivamente realizzando un'interpretazione sulla quale si innesta un discorso di respiro filosofico, una originale visione del modo di essere degli uomini.
 E' come se vista da lontano, e posta in una prospettiva temporale di lunga durata, la storia archetipica della famiglia Butler finisse per far risultare l'esperienza di vita degli uomini (di tutti gli uomini) non troppo diversa da quella delle farfalle che Liz studia, tra migrazioni, accoppiamenti, stagioni laboriose, costanti che si ripetono una generazione dopo l'altra.
 Ma proprio nel momento in cui istituisce questo parallelismo apparentemente perfetto, Liz si rende conto di come gli uomini davvero possiedono una facoltà, limitata quanto si vuole ma innegabile, di provare a decidere di se stessi e del proprio destino, che li rende infinitamente più interessanti di qualunque farfalla, anche quando tale facoltà resta solo in potenza, ed essi vengono travolti - come un insetto qualsiasi - dal corso di cose che non riescono a determinare.
 Di splendida impronta femminile, la scrittura pura, tranquilla e sognante di Jane Urquhart riesce così a creare una teoria di aperture liriche e di escursioni euristiche che difficilmente trovano posto insieme in un romanzo.

Voto: 7      

Nessun commento:

Posta un commento