sabato 25 agosto 2018

Lia Levi, "Questa sera è già domani", edizioni e/o


 Alessandro Rimon è un ragazzino di famiglia ebraica che vive a Genova - dove è nato nel 1927 -, e cresce, come la maggior parte dei suoi coetanei, tra le gioie, i piccoli dolori, le difficoltà che gli riserva il contesto affettivo nel quale si svolge la sua esistenza. 
 Il padre Marc, nato in Belgio, di passaporto inglese, che di professione fa l'intagliatore di pietre preziose, è un uomo calmo, equilibrato, riflessivo, forse un po' troppo silenzioso e remissivo per diventare per il figlio un solido punto di riferimento.
 La madre Emilia è una donna aspra e nevrotica, perennemente scontenta e poco incline all'espansività affettuosa anche verso l'unico figlio, nei confronti del quale sembra anzi nutrire un segreto rancore dovuto alla delusione da lui rappresentata: nella prima fase dell'infanzia di Alessandro, infatti, vista la sua precocità, si era illusa che il piccolo potesse essere un genio, capace di risarcirla per interposta persona di tutte le sue frustrazioni; in realtà il bambino, che pure aveva cominciato la scuola elementare due anni prima dei coetanei, era a poco a poco rientrato entro i parametri della normalità.
 Con loro, nell'appartamento che sorge accanto al laboratorio di Marc, abita anche il nonno materno, in eterna polemica con la figlia, ma attaccatissimo al genero e al nipote.
 Una presenza costante nella quotidianità di Alessandro sono poi gli zii Osvaldo e Wanda, commercianti con importanti legami fra i maggiorenti del partito fascista, che tendono a trattare il ragazzo come se fosse il figlio che non hanno mai avuto; zia Wanda, in particolare, in più occasioni si sostituisce in tutto e per tutto alla madre Emilia come dispensatrice di quell'affetto di cui Alessandro sente il bisogno.
 In tutto questo, la religione rimane sullo sfondo come una semplice consuetudine tradizionale: solo Emilia - e più che altro per abitudine - è un'ebrea praticante, mentre Marc, e anche il nonno, Osvaldo e Wanda (e Alessandro con loro) hanno una mentalità in tutto e per tutto laica, e si sentono assai lontani dal fervore professato da alcuni rabbini della loro comunità di appartenenza. 
 Tutto cambia improvvisamente, però, nel 1938, quando vengono promulgate le leggi razziali, e la routine borghese di Alessandro, dei suoi famigliari e di tutti i loro correligionari viene scossa violentemente, riducendo tutti gli ebrei italiani alla condizione di stranieri in patria.
 Pure molti di loro si illudono che il provvedimento possa avere un impatto minimo sulla propria esistenza, e che le nuove leggi siano destinate a risolversi in una sceneggiata ad effetto come quelle a cui i fascisti hanno da tempo abituato gli italiani; tanto più che, con le conoscenze giuste, a molti inconvenienti si può porre rimedio: se Alessandro ha dovuto abbandonare la scuola pubblica per cominciare a frequentare un istituto riservato ai soli ebrei, se la radio che avevano in casa è stata sequestrata dalle autorità, e se la famiglia Rimon ha dovuto licenziare la domestica "ariana" che era con loro da molti anni, Marc, grazie alle buone entrature di Osvaldo, è riuscito a riottenere la licenza necessaria per esercitare la propria professione, che in un primo momento gli era stata revocata.

Lia Levi

 Nonostante questo, è proprio il padre di Alessandro - che, vista la sua estrazione cosmopolita, è sempre molto attento alle vicende internazionali, e sa quello che sta succedendo agli ebrei in Germania - il più preoccupato: è lui a proporre alla moglie di trasferirsi con tutta la famiglia in Inghilterra sfruttando la propria doppia cittadinanza, e ottenendo però un fermo rifiuto da parte di Emilia; è lui a prefigurare, inascoltato, la possibile rovina degli ebrei italiani quando, con tutta la loro vasta parentela, i Rimon si riuniscono nella villa a Livorno di uno di loro per valutare attentamente la situazione.
 In realtà l'esistenza di Alessandro e dei suoi prosegue in una relativa calma, appena sporcata da una punta di angoscia, fino allo scoppio della guerra, allorché il passaporto inglese di Marc (che fino ad allora avrebbe potuto essere la chiave per aprire una via di fuga) diventa davvero un problema. L'uomo, a cui è definitivamente interdetto l'esercizio della sua professione, considerato a questo punto cittadino di un Paese nemico, viene confinato in uno sperduto paesino del centro Italia; fortunatamente la sorveglianza a cui è sottoposto resta abbastanza blanda, e Marc può addirittura ascoltare radio Londra insieme al suo padrone di casa, un silenzioso antifascista in incognito.
 Ad Alessandro, che in un primo momento segue il padre e la madre, viene invece consentito di tornare a Genova per frequentare la scuola: resterà con zia Wanda, per la felicità della donna disposta a trasformarsi in tutto e per tutto in una seconda madre per il ragazzo. Il legame fra Wanda e Alessandro rimane strettissimo anche quando Marc ed Emilia ottengono di essere trasferiti vicino alla loro città, in un paesino dell'Appennino ligure, e Alessandro può riunirsi ai suoi genitori.
 Presto, però, l'andamento della guerra cambia di nuovo le carte in tavola: Mussolini cade, e con l'8 settembre il gioco delle alleanze muta completamente. I tedeschi, una volta amici, diventano occupanti in territorio italiano; per gli ebrei scatta l'allarme rosso.
 A questo punto i Rimon non sanno più dove nascondersi: Osvaldo e Wanda, persi i loro appoggi politici, faticano a salvare se stessi, e non riescono a dare una mano ad Alessandro (che, ormai adolescente, mette in atto un maldestro e fallimentare tentativo di unirsi alla Resistenza sulle montagne) e ai suoi genitori. Con i rastrellamenti dei nazisti che diventano sempre più stringenti, l'ultima àncora di salvezza a cui potersi aggrappare è rappresentata da Fausto, un parente esiliato anni prima dalla famiglia per essersi messo con una donna dalla dubbia fama, ma che Marc aveva sempre trattato con gentilezza. Fausto aiuta i Rimon a fuggire a Milano, li mette in contatto con la malavita locale, e procura loro l'assistenza di un uomo disposto ad accompagnarli oltreconfine, in Svizzera, passando per Como e per le Prealpi.
 Non tutto va liscio: la guida, d'accordo con le guardie di frontiera, ruba ai Rimon tutti i soldi che sono loro rimasti e, quando arrivano in territorio Svizzero, le autorità che li accolgono, trovando addosso ad Alessandro, Emilia e Marc dei documenti falsi, si dispongono a riaccompagnarli alla frontiera e a consegnarli ai nazifascisti. A nulla valgono la disperazione di Marc e le preghiere di Emilia: soltanto la medaglietta d'oro con la stella di David che Alessandro porta cucita nella fodera della giacca, antico regalo di sua nonna, simbolo della storia della sua famiglia e del legame sottile ma tenace che conserva con le tradizioni del suo popolo, riuscirà a dimostrare ai gendarmi svizzeri la loro reale appartenenza, e li salverà.
 Il romanzo - trasposizione letteraria della storia vera del marito dell'autrice e dei suoi genitori, restituita anche attraverso i documenti originali - è vivace, scorrevole, facilmente leggibile, estremamente istruttivo: da una parte costituisce l'ennesimo tassello che consente di ricostruire nei dettagli la storia della persecuzione e delle traversie degli ebrei italiani ai tempi del fascismo; dall'altra ammonisce a una maggior sensibilità e tolleranza tutti i benpensanti, che guardano con fastidio ai richiedenti asilo provenienti dall'Africa e dal Medio-Oriente che oggi bussano con frequenza alle nostre frontiere, delle cui dolorose vicende troppo poco sappiamo, e nelle cui condizioni le travagliate e imprevedibili capriole della Storia potrebbero un giorno far addirittura trovare noi stessi.

Voto: 6,5

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