Libro che avrei forse visto meglio pubblicato da Adelphi che da Iperborea.
Si tratta di una raccolta di nove piccoli saggi di grande finezza culturale e dall'indole, più che digressiva, divagante, tanto che quello che dovrebbe essere il loro argomento principale finisce sempre per passare in secondo piano rispetto a mille altri aneddoti, spunti di riflessione, curiosità bizzarre ed excursus eruditi, che si prendono intera la scena e catturano l'attenzione del lettore.
Così, la descrizione di una grotta situata in Baviera, suggerita all'autore dall'incrocio casuale di una deviazione intravista percorrendo le strade della Germania Meridionale, può diventare una scusa per arrivare a parlare di depositi di nitrati, dell'invenzione - nel campo dei giocattoli per bambini - dell'orsacchiotto Teddy Bear in ricordo di una celebre battuta di caccia del Presidente americano Theodor Roosevelt, del nazismo, del carburatore di un vecchio motorino, e di una famiglia di coleotteri.
Un'articolata argomentazione sull'importanza, in varie fasi della vita di ciascuno di noi, della ricerca dell'avventura e dell'atteggiamento emotivo ad essa connesso può condurre al racconto dell'originale storia di una famosa fotografia autografata da Strindberg o della rocambolesca creazione di una delle principali collezioni d'arte svedesi.
Fredrik Sjoberg
Di questo passo, prendendo le mosse dai temi più disparati, si giunge a ricamare, ad esempio, intorno all'importanza dell'invenzione della borsa da portare a tracolla nella storia dell'evoluzione dell'uomo tout court, della sua mentalità e della sua innata propensione al collezionismo; o intorno all'incontro tra Lenin - di passaggio da Stoccolma sulla via che l'avrebbe riportato in Russia per dare avvio alla Rivoluzione - e Anna Lindhagen, una delle pioniere dell'ambientalismo in Svezia; o intorno al rapporto tra l'arte e le tavole illustrative dei manuali di ornitologia; o intorno al legame tra la vicenda biografica di Waldemar Jungner e la storia dell'inquinamento nei Paesi scandinavi e nel mondo intero.
Naturalmente tutto questo divagare risponde a una precisa strategia: fare dell'ironia e della bizzarria gli strumenti ideali per svincolarsi dall'utilitarismo razionalizzante che caratterizza comunemente la letteratura saggistica, in modo da approdare alla dimostrazione che l'estetica - con l'attenzione privilegiata alla dimensione della bellezza - è il vero passepartout per affrontare problemi che un approccio tendente all'oggettività scientifica finisce per lasciare irrisolti.
Il libro è affascinante, la sua tesi di fondo è senz'altro condivisibile, ma lo stile che gli dà sostanza è talmente poco affine al mio modo di scrivere e di intendere la letteratura da farmi apparire piuttosto noiosi anche passi che noiosi non sono.
Voto: 5,5
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