venerdì 12 aprile 2019

Romain Gary, "La vita davanti a sé", Neri Pozza


 Poche settimane fa, mi è capitata fra le mani una nuova edizione di La vita davanti a sé (La vie devant soi) di Romain Gary, illustrata da Manuele Fior. 
 La scelta di presentare il celebre romanzo dello scrittore francese di origine lituana in una versione corredata da disegni che riproducono personaggi e scene specifiche della vicenda narrata mi ha incuriosito moltissimo: è da molto tempo, infatti, che fantastico sulla possibilità di proporre questo libro in una collana di narrativa scolastica che non contempli solo testi di tenore "educativo" (secondo l'accezione tradizionale di questo termine), ma anche autori più coraggiosamente trasgressivi, capaci di incarnare un'idea apertamente libertaria e anticonformista della letteratura. 
 Considero infatti deleterio il neopuritanesimo che spesso affligge oggi gli indirizzi didattici comunemente seguiti nelle nostre scuole, e ritengo che la lettura (ahimé, sovente non coltivata come sarebbe opportuno fare) sia l'arma perfetta per combattere culturalmente questa tendenza.
 Ora, le illustrazioni di Manuele Fior che accompagnano il testo pubblicato da Neri Pozza (nella traduzione di Giovanni Bogliolo), con il tratto espressionistico che le caratterizza, non sono esclusivamente rivolte a un pubblico di lettori in età scolare; di certo, però, possono aiutare ad avvicinare i ragazzi e i giovani - che dal linguaggio delle immagini sono ispirati - a un romanzo capace di sprigionare una carica di umanità che raramente è dato trovare in un'opera narrativa.
 La vita davanti a sé è la vicenda, raccontata in prima persona, del piccolo Momo, un ragazzino arabo cresciuto a Belleville, nella periferia multietnica parigina, in una "famiglia" molto particolare, quella costituita da Madame Rosa e dai bambini a lei affidati - dietro adeguato compenso - da madri che non possono occuparsi di loro.
 Madame Rosa è una ex prostituta ebrea di origine polacca sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz che, divenuta troppo vecchia per esercitare la sua originaria professione, ha deciso di aprire un vero e proprio "asilo per figli di puttana": un ricovero per i bambini che le autorità o i servizi sociali sottrarrebbero alle loro madri, abituate a procurarsi da mangiare vendendo il proprio corpo, se esse non trovassero una soluzione per nasconderli allontanandoli temporaneamente da sé.
 La condizione di Momo, in realtà, è abbastanza particolare anche fra i ragazzi di Belleville. Sua madre Aisha, infatti, è stata uccisa anni prima dal suo "protettore" (che forse era anche il padre del ragazzo); normalmente, Madame Rosa sarebbe portata a "vendere" a famiglie borghesi senza figli i bambini con una storia simile a questa, facendoli adottare dopo aver procurato loro documenti falsi. Ma la vecchia signora si è affezionata oltremisura a Momo, e ha finito per tenerlo con sé anche in assenza di congiunti in grado di pagare per lui la "retta" mensile.
 Così il ragazzo, nonostante i suoi rapporti difficili con la scuola, e nonostante la miseria e la precarietà costituzionalmente legate all'ambiente in cui vive, ha trovato una sua stabilità, individuando intorno a sé personaggi capaci di farlo sentire in qualche modo amato, di aiutarlo e di trasmettergli qualcosa di importante: oltre alla stessa Madame Rosa, il dottor Katz, un anziano medico ebreo - anch'egli reduce da Auschwitz - a cui la donna si affida per qualsiasi problema di salute dei suoi figliocci; il signor Hamil, un vecchio venditore ambulante di tappeti di origine algerina, ammiratore di Victor Hugo, che ha insegnato a Momo a leggere, a scrivere e a recitare le sure del Corano; Madame Lola, un transessuale di origine senegalese - ex pugile - che aiuta economicamente Madame Rosa quando è a corto di quattrini. E anche in tutti gli spacciatori, i prosseneti, gli sbandati e i coloriti personaggi che popolano il quartiere, Momo ha imparato a vedere semplicemente degli amici. 

Romain Gary

 Certo, nulla può colmare nel suo cuore il vuoto dovuto all'assenza di una mamma e di un papà, di fratelli in grado di stargli vicino nei momenti brutti, e niente può cancellare la malinconia creata dall'impossibilità di vivere un'infanzia "vera". E allora, nei frangenti in cui la tristezza si impadronisce di lui, il ragazzino cerca di consolarsi come può con la sua vivissima fantasia, immaginando una leonessa che lo viene a trovare di notte leccandogli la faccia, o un pagliaccio azzurro che lo consola mettendogli un braccio intorno alle spalle, o trasformando il suo ombrello in un curioso pupazzo, il coloratissimo Arthur.
 I problemi più grossi per il ragazzino sorgono quando la salute di Madame Rosa comincia a declinare: la donna soffre spesso di amnesie, preludio alla totale demenza che, a detta del dottor Katz, presto si impadronirà di lei, tanto che non sarà più in grado di occuparsi di Momo. Rendendosi conto di quello che sta succedendo, la donna - che ha sempre voluto preservare la propria indipendenza e la propria libertà, e non ha mai potuto sopportare quelle forme di assistenza attraverso le quali la società sottopone gli individui ai propri vincoli - si fa promettere da Momo che mai sarà rinchiusa in un ospedale, nonostante le insistenze dei medici.
 Così, dopo aver fatto credere a tutti che Madame Rosa sia partita per Israele insieme ad alcuni lontani parenti con cui aveva ripreso contatto, Momo conduce la donna nel suo "cantuccio ebraico", un cantinino nei sotterranei del palazzo arredato con dei vecchi mobili, capace di far sentire Madame Rosa perfettamente al sicuro; e lì continua a vegliarla anche oltre la morte, cospargendone il corpo con il suo profumo preferito, truccandole il viso per nascondere i segni dell'incipiente corruzione delle carni. Solo quando il cadavere in decomposizione, con sommo orrore, viene scoperto dagli altri condomini del palazzo, Momo si stacca dalla persona che in assoluto più ha contato nella sua esistenza, forse l'unica con cui è riuscito a stabilire un legame davvero speciale, la sola capace di incarnare in qualche modo la madre che il ragazzo non ha mai avuto.
 Il libro, nonostante qualche eccesso caricaturale, è davvero memorabile: una storia d'amore di assoluta originalità.
 Il personaggio di Momo è qualcosa di inedito nella storia della letteratura, con il suo linguaggio sgrammaticato, la sua vivida intelligenza, la sua assoluta dedizione alla "madre adottiva": un fiore cresciuto nel letame, il simbolo del valore assoluto della vita anche nelle sue più misere propaggini. E la stessa Madame Rosa, con il suo cinismo e il suo buon cuore, il suo candore e il suo sguardo disincantato sul mondo, la sua forza di volontà e la sua fragilità, rappresenta qualcosa che va oltre tutti i luoghi comuni, persino quelli della più trita controcultura.
 La corona dei personaggi "minori" - Madame Lola, il signor Hamil, Moise, Banania, il dottor Katz, le passeggiatrici, i facchini, gli artisti di strada, Nadine, ecc. -, dal canto loro, riescono a offrire uno spaccato della banlieu parigina insieme di straordinario realismo e di profondo lirismo.
 Le pagine finali - quelle in cui si racconta della lunga "veglia funebre" del ragazzo al corpo di Madame Rosa -, poi, sono in assoluto fra le più emozionanti che io ricordi di avere letto.   
 L'operazione compiuta da Neri Pozza, dunque, mi sembra davvero degna di nota, per un testo che meriterebbe più vasta diffusione e una più alta considerazione anche fra le giovani generazioni di lettori.

Voto: 8    

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