domenica 31 marzo 2019

Marco Missiroli, "Fedeltà", Einaudi


 Fedeltà, l'ultimo romanzo di Marco Missiroli, è stato a tal punto esaltato da una larga fetta del pubblico e da una parte della critica da essere designato già come sicuro vincitore del prossimo Premio Strega; ragion per cui è probabile che alla fine non riesca a spuntarla.
 Vista questa sovraesposizione, mentre mi accingevo a leggere il libro, pensavo di rinunciare a recensirlo: temevo, se mi fosse piaciuto molto, di non poter aggiungere nulla di nuovo a ciò che altri avevano già detto, e se non mi fosse piaciuto per niente, di poter essere accusato di esprimere un giudizio aspro per pura e semplice contrarietà.
 In realtà, terminata la lettura, mi sento in grado di giudicare il testo in maniera sufficientemente equilibrata, scrivendo magari anche qualcosa di originale. Diciamo subito allora che il libro è bello e di piacevole lettura, anche se forse non rappresenta quel capolavoro inarrivabile che molti hanno voluto riconoscere in esso. La storia è quella di una giovane coppia di coniugi milanesi - Carlo e Margherita - alle prese con le naturali difficoltà della vita matrimoniale e con tutti i problemi e le frustrazioni che oggi, in Italia, può comportare il tentativo di intraprendere una professione intellettuale. Margherita, infatti, è architetto, ma ha ripiegato sulla professione di agende immobiliare; Carlo sogna di scrivere un romanzo e di insegnare, ma in realtà si guadagna da vivere compilando cataloghi per un operatore turistico, e il corso di scrittura creativa che tiene a contratto per l'Università non gli consente di sbarcare il lunario, né garantisce un buon viatico per una brillante carriera accademica.
 Il libro fotografa due momenti distinti della vita di Carlo e Margherita: la prima parte della loro vicenda si svolge nel 2009, quando i due hanno poco più di trent'anni, la seconda nel 2018, quando hanno ormai superato la quarantina. Nel 2009 Margherita ha aperto una sua agenzia immobiliare, spera che gli affari vadano sempre meglio ma, soprattutto, conta di poter acquistare insieme al marito la casa dei suoi sogni, un luminosissimo appartamento al quarto piano di uno stabile molto elegante e molto centrale, ma purtroppo senza ascensore; certo, la casa sembra al di fuori delle possibilità economiche della coppia, a meno che non intervengano in aiuto i facoltosi genitori di Carlo. L'uomo, dal canto suo, spera ancora di poter realizzare le sue ambizioni letterarie, sebbene non paia determinatissimo sulla strada della scrittura.
 La parziale indeterminatezza del loro futuro, le velleità che coltivano e i possibili fallimenti che si prospettano davanti a loro fanno sì che anche il legame fra Carlo e Margherita (basato peraltro su un affetto profondo e una notevole complicità a tutti i livelli) mostri qualche crepa: Carlo si è lasciato tentare da Sofia, una delle sue studentesse al corso di scrittura creativa, senza consumare il tradimento, ma facendosi sorprendere con lei in uno dei bagni dell'Ateneo, tanto da rischiare uno scandalo atroce; Margherita, invece, sente nascere in sé una crescente attrazione nei confronti di Andrea - il fisioterapista ventiseienne, figlio di un edicolante, a cui si è rivolta per curare il dolore che spesso sente a una gamba - senza essere a conoscenza dell'omosessualità di lui.
 Così, quando Andrea e Margherita - complice la malinconia di un pomeriggio e un infortunio da lui rimediato nel giro oscuro dei combattimenti per cani che egli frequenta forse per sfogare la tensione accumulata per l'incapacità di accettare il proprio orientamento sessuale - si concedono un'ora di passione e di evasione, sembra che le vite di tutti i personaggi coinvolti possano prendere un indirizzo diverso da quello prima supposto.

Marco Missiroli

 Ma nel momento in cui il tempo della storia salta dal 2009 al 2018, ci rendiamo conto che, nonostante molte cose siano cambiate, parecchie delle questioni irrisolte di nove anni prima sono ancora all'ordine del giorno. Carlo e Margherita, indebitandosi sconsideratamente, hanno acquistato la casa di via Concordia che la donna tanto bramava, e ora hanno un bambino di cinque anni, Lorenzo, che li ha legati ancora di più; ma mentre Margherita - che nel frattempo ha chiuso la sua piccola agenzia per mettersi a lavorare alle dipendenze di un operatore più grande - pare essere diventata emotivamente più stabile (pur senza essersi mai pentita dalla sua escursione extraconiugale), Carlo, che a quarantaquattro anni non è riuscito a diventare né uno scrittore né un insegnante, e si ritrova ora semi-disoccupato, continua a coltivare il pensiero tormentoso di Sofia: la ragazza, tornata nella natia Rimini e ormai a sua volta trentenne, è ancora legata a lui attraverso il filo sottile dei libri che periodicamente spedisce al suo antico professore, dopo avere pubblicato su Instagram le foto delle loro copertine. E Margherita, consapevole dei tormenti del marito, si chiede se quella passione potenziale, esacerbata dal fatto di non averla attualizzata, possa infine portare Carlo lontano da lei.
 Tale precarietà emotiva è resa ancora più drammatica dal confronto con la concretezza e la stabilità affettiva dei protagonisti della generazione precedente a quella di Carlo e Margherita: Anna, la madre di Margherita, sarta abilissima e assai stimata, legata anche oltre la morte al marito Franco (nonostante la scoperta postuma di una antica relazione di lui con una certa Clara, che non era mai venuta alla luce e mai aveva interferito con il loro ménage familiare); i borghesissimi signori Pentecoste, genitori di Carlo; il padre vedovo di Sofia, titolare di un negozio di ferramenta a Rimini; il padre edicolante di Andrea.
 Proprio l'infermità e poi la morte di Anna apriranno simbolicamente una stagione nuova, inducendo Carlo e Margherita a fare i conti con le proprie responsabilità passate e future, per accettare infine che la complessità della vita richiede sempre tolleranza e costantemente impone sacrifici, anche quando le nostre azioni sono dettate dalla necessità impellente di restare fedeli a noi stessi.
 I motivi che rendono questo libro degno di nota sono a mio parere leggermente diversi rispetto a quelli indicati da altri lettori che si sono applicati al romanzo. Personalmente, non sono troppo impressionato dal procedimento con cui si lascia che la verbalizzazione dei pensieri di un personaggio che occupa la scena in un dato momento trascolori nelle riflessioni di un altro personaggio in qualche modo legato al primo, ma in quel momento lontano da esso; anzi, nella sua ripetitività, questo stratagemma mi pare abbastanza lezioso.
 Piuttosto, la brillantezza della scrittura è ottenuta grazie alla fusione di uno stile decisamente colloquiale e nel contempo sincopato, atto a trasmettere il senso di tutte le esitazioni e i dubbi dei protagonisti, con tratti minutamente descrittivi, dominati da un linguaggio più ricercato e "competente".
 In generale, però, davvero formidabile appare soprattutto la capacità di Missiroli di ricostruire le ansie e gli squilibri caratteristici della mentalità e della società contemporanea, specialmente all'interno di una specifica classe sociale in una certa parte d'Italia (la media borghesia del centro-nord, impoverita dalla congiuntura economica, allettata dalle proprie velleità artistico-intellettuali, ma costretta a fare i conti con gli aspetti pratici del vivere; i trenta-quarantenni per cui il tenore di vita dei genitori rischia di essere soltanto un tormentoso miraggio, e la cui preparazione e visione del mondo legittima poliedriche ambizioni, togliendo però punti di riferimento sicuri, ed esponendoli alle insidie di un'esistenza instabile e problematica).
 E' questo il "valore" in virtù del quale qualcosa di questo romanzo potrebbe durare nel tempo.

Voto: 7

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