sabato 12 ottobre 2019

David Sedaris, "Calypso", Mondadori


 La scrittura di David Sedaris è umoristica nel senso più pieno, profondo e caleidoscopicamente articolato del termine. 
 L'approccio ai temi che vengono trattati - anche i più seri -, infatti, è sempre impostato all'insegna della comicità, di volta in volta declinata secondo i tipi dell'ironia sottile, del sarcasmo spietato, della frivola canzonatura, della battuta leggera o della burla bonaria; e tuttavia non manca mai il "sentimento del contrario", che interviene a illuminare quanto di triste, malinconico o francamente angosciante esiste dietro situazioni che, a tutta prima, sembrerebbero semplicemente muovere al riso.
 Però non ci si ferma mai qui: perché la penna dell'autore veleggia immediatamente verso un diverso approdo, una differente conclusione, che si tratti di un giudizio feroce nei confronti di un determinato individuo o di un determinato atteggiamento, della confessione di una colpa o di un'invincibile debolezza, di un'espressione di affetto verso un amico o un famigliare, di una manifestazione di magnanima tolleranza, della condivisione di un ricordo o di un pensiero intimo.
 Il libro è composto da 21 prose di argomento vario: si va dalla ricognizione delle proprie manie alle elucubrazioni sul proprio stato di salute, dall'acquisto di una casa di fronte all'Oceano per le vacanze di tutta la famiglia alla celebrazione di una mostruosa tartaruga azzannatrice, dalla sceneggiatura di situazioni bizzarre o ridicole a estemporanee riflessioni politiche sui diritti dei gay o sull'elezione di Trump, dal racconto del suicidio della sorella Tiffany alla ricostruzione del segreto alcolismo della madre, dal difficile rapporto col padre alla denuncia dei limiti della propria esibita eccentricità.
 Ad accomunare tutti questi pezzi, come detto, c'è l'utilizzo della leva umoristica, che viene impiegata in modo tale da togliere al racconto qualsiasi convenzionalità e problematizzare in maniera inconsueta la sostanza della narrazione attraverso lo sgretolamento di tutti i seriosi luoghi comuni che fioriscono intorno a situazioni che siamo abituati a ritenere tragiche; per slittare poi subito, a dispetto dell'adozione del registro comico (che si è soliti paradossalmente ritenere un'istanza di semplificazione), verso l'estemporanea scoperta di aspetti della questione trattata che neppure sospettavamo che esistessero.

David Sedaris

 Prendiamo la vicenda del suicidio della sorella Tiffany, che con David - come con tutto il resto della famiglia - aveva sempre avuto un rapporto assai difficile. Se guardiamo la cosa dall'esterno, tutto appare terribile: siamo di fronte alla drammatica conclusione della vicenda terrena di una donna che con il fratello maggiore non parlava più da quattro anni - in seguito a una lite - e che, a dispetto del benessere di tutti i suoi famigliari, viveva nella più completa indigenza; ce ne sarebbe abbastanza per una contrita geremiade.
 In realtà, Sedaris tratteggia il ritratto di Tiffany con mano leggerissima, come se si trattasse di un fumetto, pur senza nascondere nulla sul suo conto e sui rapporti che intratteneva con lei. In questo modo è come se rompesse la crosta di ostilità che costellava la loro relazione fraterna e donasse a Tiffany un profilo bizzarro che il lettore può guardare con maggiore benevolenza; il dolore per la sua scomparsa non viene meno, ma rimane sullo sfondo, e si trasforma in qualcosa di più intimo e vero.
 O ancora, prendiamo la rivelazione dell'alcolismo della madre: un grumo di dolore fatto di rabbia, rammarico e sensi di colpa dovrebbe verosimilmente giacere al cuore di questa vicenda. Sedaris in realtà la racconta come se solo precisando la natura di questo problema potesse poi tornare a scherzare sui ricordi che riguardano la madre, a descrivere un amore totalizzante che ingloba anche le debolezze e i difetti, e che di sicuro conta più di essi.
 Il tono umoristico non viene meno neppure nei passi in cui il discorso assume una piega in qualche modo macabra: quando si parla di bagnanti divorati dagli squali, ad esempio, o quando, trattando del proprio ingresso nella mezza età, preludio della vecchiaia, l'autore confessa di sentir incombere sopra di sé l'ombra della morte; noi ridiamo perché il tono è vivace e scanzonato, ma in filigrana continuiamo a percepire un timore affilatissimo, che torna a galla anche quando lo si sommerge con la propria vitalità.
 Le prose migliori, a mio parere sono quella intitolata Sorry, sulle cattiverie reciproche che ci si scambia fra famigliari, e Perché non ridi?, dove al termine di un lunghissimo e divagante percorso narrativo si arriva a raccontare - come detto - dell'alcolismo della madre. Ma il livello della scrittura è sempre alto, così come il tono è sempre assai brillante.

Voto: 7

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