giovedì 26 dicembre 2019

Israel Joshua Singer, "La famiglia Karnowski", Adelphi


 La famiglia Karnowski è uno di quei libri il cui potere di fascinazione deriva dalla straordinaria capacità di creare un mondo, di arredarlo in tutti i particolari, di trasportarvi il lettore e di dargli la sensazione di essere, in prima persona, testimone di tutto quanto vi viene rappresentato.
 Il romanzo, scritto in yiddish, uscito negli Stati Uniti nel 1943 e pubblicato per la prima volta in traduzione italiana pochi anni fa, ha il respiro di un classico d'altri tempi: si presenta infatti come una grandiosa saga familiare che, raccontando le vicende di tre generazioni diverse di una famiglia ebraica di origine polacca, scandaglia una porzione importante di quella che gli specialisti chiamano Storia contemporanea, tra la fine dell'Ottocento e gli anni trenta del Novecento.
 La narrazione è, per l'appunto, divisa in tre parti: la prima si sviluppa sotto il segno di David Karnowski, commerciante di legname polacco elevatosi con lo studio al rango di intellettuale. Seguace di Moses Mendelsson, interprete della tradizione ebraica di matrice illuminista, David - stabilitosi a Melnitz insieme alla moglie Lia - entra presto in contrasto con i notabili del suo shtetl di appartenenza per via del loro approccio oscurantista alle cose della religione. Trasferitosi quindi a Berlino, adotta immediatamente un atteggiamento modernamente laico, decidendo di essere ebreo nella propria casa, tedesco nella vita pubblica: impadronitosi velocemente della nuova lingua, riesce a integrarsi alla perfezione nell'eclettica classe dirigente della sua nuova città, diventandone un membro di riconosciuto prestigio.
 La seconda parte del libro gravita attorno a Georg Karnowski, figlio maggiore di David e Lia, cresciuto all'insegna dei valori del padre e, tuttavia, poco incline a seguire il solco per lui tracciato da genitori che finiscono per apparire troppo metodici, disciplinati e tradizionalisti per la sua indole ribelle e la sua esuberante personalità. 
 L'estraneità di Georg nei confronti del mondo ebraico appare subito molto marcata; la sua inquietudine esistenziale si traduce in una carriera scolastica quantomai tormentata, che non gli impedisce, dopo aver incontrato casualmente il dottor Landau - comunista e al servizio dei poveri di un quartiere operaio - e sua figlia Elsa, di intraprendere la carriera di medico.   

Israel Joshua Singer

 Affinata la sua abilità di chirurgo al fronte, in occasione del terribile bagno di sangue della Prima guerra mondiale, Georg si trasforma nel dopoguerra in un ginecologo fra i più ricercati, arrivando a possedere una sua rinomatissima clinica. Non riesce però a coronare con le nozze il suo amore per Elsa Landau, completamente assorbita dalla militanza politica nelle file della sinistra, e si unisce in matrimonio a Teresa Holbeck, tedesca "di sangue ariano", il cui scioperato fratello Hugo, reduce di guerra, compendia tutto l'egoismo, la dabbenaggine, l'incultura e la grettezza della piccola borghesia colpita dalla sconfitta nella Grande Guerra, impoverita dalla crisi economica e pronta a gettarsi nelle braccia del nascente nazionalsocialismo.
 La terza parte del romanzo è focalizzata sulla figura di Jegor Karnowski, figlio di Georg e Teresa, la cui fragilità caratteriale viene esasperata proprio nel corso della delicata fase dell'adolescenza dalle indicibili umiliazioni che, a scuola, è costretto a sopportare dal momento dell'avvento al potere degli "uomini con gli stivali": i nazisti di Adolf Hitler. 
 Del resto, tutti gli ebrei subiscono le conseguenze delle leggi razziali; i Karnowski, più fortunati di altri nella tragedia, riescono a trovare il modo di lasciare la Germania prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale e dell'avvio della "soluzione finale", emigrando negli Stati Uniti.
 Ciò nonostante, la vita a New York non sarà facile per nessuno di loro: David, riscoperta l'importanza della religione e dell'unità dei figli di Israele, si adatterà a fare da umile scaccino nella sinagoga da lui frequentata; Georg, impossibilitato a esercitare la professione medica nella nuova patria, dovrà tornare al mestiere di commesso viaggiatore dei suoi avi; Jegor, più spesato che mai, vagheggerà un impossibile ritorno in una Germania che lo rifiuta e, avendo interiorizzato gli assurdi pregiudizi dei nazisti, spingerà il disprezzo della parte ebraica di sé fino a un disperato tentativo di suicidio.
 Il libro non appare straordinariamente originale dal punto di vista tecnico, ma si presenta come un affresco ampio, articolato ed estremamente suggestivo dell'epopea degli ebrei della diaspora in Europa nei cinquant'anni che precedono la Seconda guerra mondiale. 
 Il suo principale punto di forza sta nella finissima caratterizzazione dei personaggi. Memorabili, infatti, risultano non solo i tre personaggi principali (David, Georg e Jegor Karnowski), ma anche molte altre figure che, a turno, occupano il centro della scena assurgendo al rango di coprotagonisti.
 Fra di loro spiccano senz'altro il dottor Landau (salutista e naturista, coriaceo e generoso, disposto a curare gratuitamente i suoi poveri clienti), Solomon Burack (il commerciante ebreo tutto battute e proverbi, fiero delle proprie tradizioni - e per questo in apertamente avverso allo snobismo di un David Karnowski - e dotato di una presenza di spirito che gli consente di affrontare con coraggio anche le peggiori situazioni) e il miserabile Hugo Holbeck (per mentalità e visione del mondo prototipo del nazista mediocre, vile, stolido e feroce).
 Tutti questi caratteri (e molti altri che qui è impossibile citare) subiscono nel corso del romanzo un'evoluzione che rende il loro profilo umano quantomai realistico, assolutamente credibile.
 Dal punto di vista della definizione degli ambienti e del tratteggio delle geometrie del racconto, invece, brillantissime risultano le prime due parti, un po' meno efficace l'ultima, afflitta dalla pretesa insistita di conferire un rilievo simbolico ad ambienti e situazioni. Un difetto però trascurabile al cospetto della consistenza della macchina narrativa nel suo complesso.

Voto: 7,5

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