domenica 23 febbraio 2020

Aldo Simeone, "Per chi è la notte", Fazi Editore


 Ambientato nell'immaginario villaggio di Bosconero, in Garfagnana, durante la fase più feroce della Seconda guerra mondiale, Per chi è la notte ha come protagonista Francesco Pacifico, un ragazzino di 11 anni che vive insieme alla mamma e alla nonna nel paese che il conflitto ha svuotato di tutti gli uomini abili. 
 Il padre di Francesco - carbonaio di professione per lunga tradizione familiare -, però, non ha seguito la via del fronte come gli altri; fiero oppositore del regime fascista, si è dato alla macchia, trasformandosi in un disertore e, forse, in un partigiano. 
 Francesco, così, è diventato per tutti "il figlio del traditore", tenuto a distanza dagli altri ragazzi del paese, guardato con sospetto e talvolta trattato con scherno. Uno solo gli è rimasto amico, o meglio, non gli si mostra nemico: Secondo, un burbero sedicenne piuttosto male in arnese, convinto sostenitore del duce, che condivide il senso di esclusione e di frustrazione di Francesco (trattandolo però da inferiore e senza mai chiamarlo per nome), perché vorrebbe essere un soldato come suo fratello Primo, e invece è relegato nel novero dei civili insieme alle donne, ai bambini, ai vecchi e agli inabili.
 Il borgo sorge in una zona impervia e isolata e, nei discorsi di Francesco e Secondo, nei racconti della nonna del protagonista e - soprattutto - nelle sue fantasie di ragazzo, la paura della guerra e delle violenze che essa porta con sé si confonde con l'atavico terrore superstizioso suscitato dalle antiche leggende che narrano delle presenze sovrannaturali che popolano la foresta che circonda le case, il Bosco delle Sorti. Signori del bosco sarebbero gli Streghi, pronti a rapire e a tenere per sempre in ostaggio chi si avventuri nottetempo in territori vietati agli uomini e, sorpreso nella foresta, non sia in grado di fornire la risposta corretta alla fatidica domanda "Per chi è la notte?".
 E in effetti, in tempi turbolenti come quelli in cui la guerra infuria, le dinamiche dei fatti reali e gli incubi dettati dalla superstizione possono facilmente sovrapporsi, specie quando, dopo l'8 settembre 1943, tutto in Italia diventa più complicato: i fascisti diventano repubblichini, i tedeschi da alleati si trasformano in truppe di occupazione (prendendo presto possesso del paese), e il bosco vasto e intricato si rivela un nascondiglio perfetto per i gruppi partigiani che battono la zona, misteriosi e inafferrabili quanto, nella fantasie popolari, sono sempre stati gli Streghi.
 Del resto, esattamente come si è sempre raccontato che ci fossero dei "custodi del bosco" capaci di dialogare con gli Streghi, ora c'è chi si dice offra in segreto aiuto e sostegno ai partigiani. Fra di essi, in prima fila, don Dante, il parroco del paese, che insieme alla fida perpetua Ione pare nasconda in canonica figli di comunisti e piccoli ebrei facendoli passare per poveri orfanelli.

Aldo Simeone

 Secondo, intuita la presenza dei clandestini, per ottenere benemerenze presso le autorità vorrebbe smascherare il prete con l'aiuto di Francesco; soltanto che costui, cercando di sbirciare dentro la casa del parroco per compiacere l'amico, scopre uno strano ragazzino dai capelli rossi, un suo coetaneo - forse un ebreo - di nome Tommaso, con cui finisce per fare amicizia. I due diventeranno presto inseparabili.
 Grazie a Tommaso, Francesco troverà il coraggio per addentrasi nel bosco, prenderà a poco a poco confidenza con i suoi misteri e, facendosi guidare dalla sua curiosità e dalle sue paure, appiccherà fra gli alberi un incendio che, attirando l'attenzione dei tedeschi, scatenerà una travolgente reazione a catena: pattugliando il bosco, tedeschi e repubblichini troveranno il cadavere del fratello di Secondo, forse ucciso dai partigiani mentre tornava a casa dopo l'armistizio; durante l'azione di rastrellamento disposta di conseguenza dal colonnello Schroding, cinque dei sei componenti la squadra nazifascista cadranno vittime di un'imboscata dei partigiani; la rappresaglia decisa a quel punto dal colonnello colpirà - insieme a decine di altri paesani - la madre (scelta in quanto moglie di un "traditore") e la nonna del protagonista. Dal canto suo, Francesco riuscirà rocambolescamente a fuggire prima della strage nella foresta dove, fra i partigiani, ritroverà il padre; sperimenterà così una situazione speculare rispetto a quella vissuta fino a quel momento, essendo ora orfano di madre laddove prima era orfano di padre.
 La formula esoterica per chi è la notte si rivelerà, alla prova dei fatti, la parola d'ordine scambiata per riconoscersi dai gruppi di ribelli destinati, dopo molte altre atrocità, a uscire vincitori dal conflitto. Eppure, anche al cospetto della realtà effettuale, della sua concretezza e della sua crudezza, la dimensione misteriosa che custodisce i fatti del bosco non verrà mai meno nella mente di Francesco, neppure nel del grigiore del dopoguerra (che vedrà la conca di Bosconero trasformata in un lago artificiale, e il paese sommerso per sempre): la magia delle antiche leggende continuerà a fondersi nella sua memoria con le avventure materialmente vissute, e la figura stessa di Tommaso (scomparso nell'incendio del bosco) continuerà a vivere in lui come una proiezione vivida ma astratta della sua fantasia, una specie di amico immaginario indispensabile perché il suo processo di crescita possa compiersi.
 Il libro è sofisticato e avvincente, e si avvale di una scrittura originale e incisiva, non troppo elaborata sintatticamente, ma neppure banalmente plasmata sulle movenze del parlato; capace invece di una plastica mutevolezza, che la rende talora briosamente mimetica del vernacolo - in modo da conferire credibilità soprattutto al dominante punto di vista del piccolo Francesco Pacifico -, talaltra più fantasiosamente espressionistica e piena di inventività letteraria.
 Lo stile narrativo adottato pare nascere da un particolare amalgama tra alcuni elementi del modo di raccontare di Stephen King, l'approccio alla letteratura del mistero di Michele Mari (soprattutto per lo spazio concesso a temi di sapore gotico e grottesco, la prevalenza di una prospettiva infantile, i toni a metà tra l'enigmatico e l'orrorifico), e la precisione e la sobrietà descrittiva di certa letteratura italiana del secondo Novecento. 
 Il risultato è senz'altro gradevole; soltanto in prossimità della parte finale del romanzo i diversi ingredienti della narrazione sembrano non trovare più il giusto bilanciamento, aggrovigliandosi in una matassa che non rende giustizia alla consistenza del libro nel suo complesso.

Voto: 6,5 

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