domenica 13 giugno 2021

Giulia Caminito, "L'acqua del lago non è mai dolce", Bompiani

 
 Sebbene L'acqua del lago non è mai dolce sia un titolo degno di una fiction televisiva di serie B, il libro che lo porta è opera seria e concreta. La storia, tutta raccontata in prima persona con piglio emotivamente assertivo, è quella di Gaia, una ragazza dai lunghi capelli rossi che cresce all'ombra e a volte a dispetto di una famiglia estremamente problematica.
 Tre sono i nodi principali di questo romanzo di formazione: il primo è la figura della madre Antonia, vero capofamiglia, amata e odiata dalla figlia che la sente terribilmente simile a sé e, nel contempo, subisce la sua tirannica inflessibilità; il secondo è la lotta continua con la rabbia che Gaia sente di serbare nel fondo della sua coscienza, e che non sempre riesce a contenere; il terzo è il rapporto della protagonista con i luoghi in cui i fatti narrati si svolgono e con il tessuto sociale che li caratterizza: la Roma delle borgate popolari prima, e Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, poi.
 Antonia, la madre, ha avuto una vita difficile: incinta a diciassette anni del fratello maggiore di Gaia - Mariano - e abbandonata dal suo seduttore, ha conosciuto più tardi Massimo, uomo bello ma poco volitivo, senza un soldo e senza un impiego "vero". La famiglia si è presto allargata: cinque anni dopo Mariano è nata Gaia medesima, e più tardi due gemelli. Tuttavia, la situazione economica di Antonia e Massimo non è per nulla migliorata: lui lavora in nero come manovale in un cantiere edile, lei arrotonda facendo le pulizie in casa di gente ricca. 
 Genitori e bambini vivono tutti in due misere stanze senza alcuna comodità e senza nessuna privacy; i due gemelli hanno addirittura per culla un grosso scatolone imbottito di coperte. L'indomita Antonia, con la sua indole da sindacalista, è eternamente in lotta con burocrati annoiati, assistenti sociali distratti e funzionari pubblici corrotti per farsi assegnare l'alloggio popolare a cui la famiglia avrebbe diritto.
 La casa popolare arriva solo quando un drammatico incidente contribuisce ad aggravare ulteriormente il quadro familiare: mentre lavora in nero in un cantiere, Massimo cade da un'impalcatura e rimane paralizzato dalla vita in giù; non essendo assunto regolarmente, non può neppure fruire di qualche forma di risarcimento e, confinato su una sedia a rotelle, finisce per trasformarsi in un uomo passivo e depresso: un peso morto per chi gli sta accanto.
 Nonostante ora possano contare su una casa degna di questo nome, Antonia e i suoi non si trovano affatto bene nel condominio dove il Comune li ha collocati: gli altri inquilini guardano con malcelato disprezzo quei "poveracci", si preoccupano del decoro del palazzo e del deprezzamento dei loro immobili, e se la prendono al minimo pretesto con i ragazzi che giocano in cortile insieme alla figlia disabile della portinaia dello stabile. 
 Così, con una delle sue decisioni repentine, Antonia porta tutta la famiglia lontana da lì: trova la titolare di un altro alloggio popolare ad Anguillara Sabazia - sul lago di Bracciano - interessata a rientrare a Roma e, senza dire nulla a nessuno, scambia la propria abitazione con lei. Gaia, che si appresta allora a cominciare le scuole medie, si trova dunque a crescere in un contesto totalmente diverso da quello dei suoi primi anni di vita.
 
Giulia Caminito
 
 Anguillara è una cittadina di provincia, e la provincia, con la sua singolare capacità di mettere crudelmente l'individuo di fronte alle sue debolezze e di esplicitare le sue idiosincrasie, infuenzerà nel bene e nel male la formazione della protagonista.
 Tutte le tappe della crescita di Gaia, così, si svolgeranno sullo sfondo di quella località lacustre dove la gerarchia sociale degli abitanti è chiara a tutti e dove la suggestiva opacità del grande specchio d'acqua finisce per diventare metafora del carattere grintoso e ombroso della protagonista.
 Lì Gaia conoscerà il primo amore, le prime amicizie e i primi tradimenti; trasformerà la lettura e lo studio accanito, cui la costringe la madre che nutre grandi aspettative nei suoi confronti, in un efficace mezzo di autopromozione; imparerà a farsi valere e a difendersi dai soprusi degli altri persino con la violenza.
 L'univocità del punto di vista attraverso il quale si svolge la narrazione filtra e connota in maniera drammatica tutti gli avvenimenti che segnano le tappe di uno sviluppo emotivo che non è lineare, ma procede a strappi e per una progressiva e talvolta dolorosa conquista di una nuova consapevolezza di sé. Così, ad esempio, il suicidio a quindici anni di un'amica dalla quale la protagonista si era allontanata rilascerà lentamente e per anni la sua tossicità, e potrà molto più tardi essere parzialmente esorcizzato solo da un altro atroce lutto, la morte per malattia, a meno di 25 anni, di un'altra grande amica di Gaia.
 Così, l'acquisizione da parte della protagonista della facoltà di controllare i suoi accessi di violenza - che pure l'aiutano a difendersi dai prepotenti quando è ancora una ragazzina - passa per la quasi uccisione della bella Elena, che le porta via il suo storico fidanzato. 
 Così la capacità di tenere alla giusta distanza Antonia matura in Gaia solo quando si rende conto che ella è meno simile a sé di quanto non abbia mai pensato, e che il vero erede delle lotte della madre contro tutto e contro tutti è in realtà suo fratello Mariano.
 Due parole merita lo stile con cui il libro è scritto. Il linguaggio usato da Giulia Caminito è asciutto e preciso, privo di autocompiacimenti e scevro dell'abitudine di indugiare con enfasi sui soliti luoghi comuni narrativi. Nelle descrizioni, la scelta dei termini usati è ricercata (quasi a incorporare l'abitudine della protagonista di soffermarsi, sfogliando il vocabolario, su termini peregrini e "difficili"), ma sciolta da qualsiasi forma di vanità letteraria, e perciò estremamente efficace: spesso bastano poche frasi all'autrice per rendere alla perfezione l'idea di un personaggio o di una situazione.
 Qualche cedimento, soprattutto nella scansione ritmica che caratterizza la successione degli episodi oggetto del racconto, si può riscontrare solo nella parte finale del romanzo; cosa che, del resto, non compromette la sua complessiva piacevolezza.
 
In poche parole: romanzo di formazione tutto narrato in prima persona dalla viva voce della protagonista Gaia con piglio emotivamente assertivo, L'acqua del lago non è mai dolce - nonostante il titolo, che sembra quello di una fiction televisiva di serie B - è un libro interessante e originale per tono, stile, contenuto e ambientazione.
Tre sono i nodi principali della storia raccontata: il primo è la figura della madre Antonia, vero capofamiglia alle prese con continui problemi economici e drammatiche difficoltà esistenziali, amata e odiata dalla figlia che la sente terribilmente simile a sé e, nel contempo, subisce la sua tirannica inflessibilità; il secondo è la lotta continua con la rabbia che Gaia sente di serbare nel fondo della sua coscienza, e che non sempre riesce a contenere; il terzo è il rapporto della protagonista con i luoghi in cui i fatti narrati si svolgono e con il tessuto sociale che li caratterizza: la Roma delle borgate popolari prima, e Anguillara Sabazia, che si affaccia sulle acque opache del lago di Bracciano, poi.

Voto: 7

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