domenica 3 aprile 2016

Henry David Thoreau, "Disobbedienza civile", Ortica editrice


 Qualche commentatore ha accostato questo saggio di Thoreau – uno dei classici del pensiero americano tradizionalmente poco letti in Italia – al Trattato del Ribelle di Ernst Jünger, di cui ho avuto modo di parlare la scorsa settimana; in realtà, tra le due opere, esiste una distanza abissale.
 Il libello di Thoreau venne scritto nel 1848 e pubblicato l’anno successivo, e prende le mosse dalla fiera opposizione del suo autore alla Guerra messicano-statunitense (combattuta tra il 1846 e il 1848), scatenata dall’annessione da parte degli Stati Uniti del territorio del Texas, già appartenente al Messico.
 Oltre che per ragioni prettamente politiche (l’inizio del conflitto si configurò come un’invasione del territorio messicano da parte degli Stati Uniti dietro un semplice pretesto; del resto, sul Texas già da tempo esisteva una disputa, dopo che, nel 1836, gruppi di coloni statunitensi in territorio messicano avevano deciso di proclamare l’indipendenza della Repubblica del Texas, per chiedere in seguito l’annessione del nuovo Stato da parte dell’Unione – più o meno quello che è successo recentemente in Crimea con la Russia nella parte di vorace vicino dell’Ucraina…), la contrarietà di Thoreau alla guerra era dovuta a ragioni “umanitarie”: per via dell’annessione agli Usa, infatti, in Texas venne introdotta la schiavitù (che Thoreau avversava apertamente), consentita in tutti gli Stati americani del sud − che erano favorevoli alla guerra per motivi economici − ma proibita in Messico.
 Non a caso gli strascichi polemici che seguirono a quella che presso ampi settori dell’opinione pubblica − specie negli Stati del nord − venne letta a posteriori come una guerra schiavista portarono, dopo poco più di un decennio, allo scoppio della Guerra Civile americana (e proprio durante la Guerra messicano-statunitense maturarono le loro prime esperienze al Congresso e nell’esercito alcuni dei protagonisti di primo piano della Guerra Civile, come Abraham Lincoln e Ulysses Grant).
 Thoreau, da parte sua, diede vita a un vero e proprio sciopero fiscale, rifiutandosi di pagare le tasse appositamente istituite per finanziare la guerra; per questo venne incarcerato e passò una notte in prigione. Nel trattatello questa esperienza viene descritta con dovizia di particolari; pare tra l’altro che la scarcerazione di Thoreau fu dovuta solo al pagamento a sua insaputa del suo debito da parte di una zia.
 Tutto il discorso di Thoreau è focalizzato sulla facoltà del singolo cittadino di opporsi a uno Stato “impersonale” e tendente a trasformarsi in una mera macchina burocratica che tratta i cittadini come sudditi o addirittura come oggetti, ed è del tutto incapace di considerarli nella loro qualità di esseri pensanti.

Henry David Thoreau

 Per contrastare una Legge sentita come intrinsecamente ingiusta, Thoreau propone quindi di mettere in atto una sorta di resistenza passiva che prefigura già le strategie di lotta non violenta adottate da una grande figura della storia americana come Martin Luther King per opporsi al Diritto positivo utilizzato dall’autorità costituita come strumento di oppressione dei più deboli.
 La differenza rispetto all’argomentazione di Jünger di un impianto logico che mette in discussione taluni elementi fondativi dell’istituto statuale stesso, sulla base dell’analisi pragmatica di alcuni tratti della Costituzione americana, è lampante: per Thoreau l’individuo è il soggetto di un discorso sulla libertà e sui diritti; per il filosofo tedesco l’individuo è il soggetto di un discorso sul potere.
 Per Jünger “passare al bosco”, “darsi alla macchia”, “entrare in clandestinità”, ribellarsi costituiscono le premesse di una strategia di lotta che porta al Putsch; per Thoreau questi atti sono il primo passo per riconquistare l’indipendenza perduta e reimpostare in maniera più sana il proprio rapporto con gli altri uomini e con la Natura, in funzione della creazione di uno Stato più giusto (e, in prospettiva, quando vi saranno le condizioni ideali per compiere questo passo, in funzione dell’abolizione dello Stato tout court; siamo qui in pieno territorio anarchico…).
 Sebbene il pensiero di Thoreau appaia per certi versi piuttosto semplicistico e presenti notevoli tratti di ingenuità (infatti trascura del tutto le complesse dinamiche che lo sviluppo della socialità acquista al cospetto di una democrazia di milioni di persone, e non elabora per nulla il concetto di Comunità all’interno della quale il singolo individuo diventa soggetto di diritti riconosciuti), sotto altri aspetti esso si presenta estremamente fresco e moderno: il riconoscimento della possibilità del semplice cittadino di esprimere le proprie istanze è propedeutico ad ogni forma di partecipazione.
 In più questo testo posiede una schiettezza (tipicamente americana, viene da dire) che è spesso estranea ai trattati di politica, e che gli meriterebbe una frequentazione più assidua anche nel nostro Paese.

Voto: 7

Nessun commento:

Posta un commento