Secondo capitolo della “Trilogia
della pianura”, il terzo pubblicato in Italia (dopo Benedizione, atto conclusivo del ciclo, e Canto della pianura), Crepuscolo è un classico romanzo corale,
in cui le vicende di diversi personaggi, accomunati dal fatto di vivere a Holt,
immaginaria cittadina a vocazione agricolo-commerciale in Colorado, a volte si
incrociano generando conseguenze inattese, altre volte si sfiorano
paradossalmente senza toccarsi.
Protagonista assoluta di tutte le
storie narrate è la quotidianità, che stempera e attutisce ogni cosa – dai
grandi affetti ai grandi dolori, dai comportamenti più meschini ai più
sorprendenti gesti di generosità – dentro lo scorrere normale dei giorni e dei
mesi, nella prospettiva limitata di una serie di esistenze individuali, per di
più spesso votate alla solitudine.
Vi sono due anziani fratelli,
Harold e Raymond McPheron, che quando Victoria Roubideaux (teen mom cui avevano offerto ospitalità insieme alla sua bambina
nel momento in cui non aveva più un posto dove stare) si trasferisce a Fort
Collins per frequentare l’Università, si ritrovano desolatamente soli nella
loro vecchia casa, nel mezzo del loro allevamento di bestiame fuori
dall’abitato.
Vi sono Luther e Betty, che
vivono in una roulotte insieme ai loro figli Joy Rae e Richie, ma faticano a
badare sia a loro stessi sia ai bambini, e riescono a sbarcare il lunario e a svolgere
le più elementari incombenze domestiche solo grazie alle attenzioni e alle
sollecitazioni dell’assistente sociale Rose Tyler (che saprà concedere la
propria affettuosa amicizia anche a Raymond McPheron, quando costui perderà tragicamente
il fratello).
Vi è Hoyt Raines, lo zio di
Betty, un ubriacone rissoso e violento incapace di tenersi una donna e un
lavoro per più di qualche settimana, che non esita a sfogare i propri accessi
di collera sui piccoli Joy Rae e Richie.
Vi è DJ, un undicenne orfano di
entrambi i genitori che vive col nonno ultrasettantenne, e si prende cura di
lui come e meglio di un adulto; affrontando a viso aperto Hoyt Raines per
difendere la cameriera di un pub da lui infastidita mostrerà a tutti di essere
davvero più uomo di molti uomini fatti.
Vi è Mary Wells una giovane donna
abbandonata dal marito che pare sempre sul punto di lasciarsi andare, mentre la
figlia maggiore Dena trova conforto dalla latitanza della madre a dall’assenza
del padre nell’amicizia speciale proprio con DJ, suo coetaneo e loro vicino di
casa.
Kent Haruf
Nel seguire il racconto di tutte
queste storie, tramate di gioie ordinarie e di ordinari dolori, ciò che più
rimane impresso è la sobrietà della scrittura; una scrittura piana, scorrevole,
ma non minimalista, anzi eminentemente descrittiva, e capace di utilizzare le
descrizioni come strumento per aderire alla banalità talvolta sconcertante con
cui accade quello che accade, alla semplicità con cui quello che c’è dichiara
il proprio diritto a esistere.
È ben percepibile, da parte di
Haruf, lo sforzo di mantenere sempre un’assoluta onestà narrativa al cospetto
del reale, forgiando uno stile che codifica letterariamente una visione del
mondo perfettamente compartecipe della sofferenza degli uomini e del loro
bisogno di reciproco accudimento, senza però esplicitarne mai la sostanza nella
patetica proposta di chiavi di lettura preconfezionate delle vicende
raccontate.
Insomma, se nel lettore nascono
sentimenti di pietà, di comprensione, di umana solidarietà per quello che
avviene ai personaggi, questi stati d’animo sono già inscritti nelle cose
narrate, e non artificialmente suggeriti dalle parole che li narrano.
E questo, di solito, è indizio sicuro di essere in presenza di uno scrittore notevole.
Voto: 7+
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