sabato 12 novembre 2016

Arosio & Maimone, "Non mi dire chi sei. Il caso Giuditta", TEA


 Milano, 1962: mentre la primavera sta per lasciare posto all'estate, e i giornali riportano la notizia dell'esecuzione in Israele di Adolf Eichmann, l'avvocato Greta Morandi - trentaseienne penalista di successo, con la pelle spruzzata di lentiggini e una cascata di capelli rossi - riceve da Clementina Broggi, una merciaia di Vedano Olona, l'incarico di cercare la figlia Giuditta, scomparsa alcune settimane prima.
 Giuditta si era trasferita nella metropoli l'anno precedente, a soli diciotto anni, per lavorare come commessa in un rinomato negozio di stoffe a Porta Venezia; in città, dormiva presso il pensionato delle suore di via Tadino, versava alla madre l'intero stipendio e, apparentemente, non aveva grilli per la testa.
 Clementina è stata indirizzata allo studio di Greta Morandi dalla contessa Solbiati-Valsecchi, a cui pare che il caso della ragazza sia stato segnalato dal cardinale Lovati, suo padre spirituale, che a sua volta ne è venuto a conoscenza grazie al parroco di Vedano.
 Greta verrà supportata nelle indagini dal suo socio, l'investigatore privato Mario Longoni detto Marlon, comunista, ex pugile, ex partigiano, ruvido quarantenne dall'indubbio fascino.
 La ricerca di Giuditta si svolgerà tra una Milano sconvolta dai lavori per la costruzione della metropolitana e Vedano Olona, piccolo comune in provincia di Varese che, all'alba degli anni sessanta del Novecento, appare come un villaggio degno del Far West. 
 L'indagine di Greta e Marlon riserverà una sorpresa dietro l'altra, e tutte le iniziali impressioni dei protagonisti e le supposizioni del lettore verranno smentite o addirittura ribaltate: diversa da come appariva in un primo momento risulta Clementina, che oltre a gestire una merceria, è una specie di fattucchiera, esperta di erbe, con poteri da sensitiva; meno coerente di quanto sembrasse si rivela la fisionomia del personaggio stesso di Marlon, che deve sempre fare i conti con la sensazione di vivere accanto a un misterioso "doppio" che agisce accanto a lui o per suo conto. Soprattutto, sommamente evanescente si rivela la figura di Giuditta, che le testimonianze raccolte talvolta suggeriscono essere una ragazza semplice dal sobrio stile di vita, e altre volte una giovane frivola dalla smisurata ambizione; talvolta viene dipinta come un'adolescente ingenua, altre volte come una donna anche troppo consapevole del proprio potenziale seduttivo.
 Seguendo così un percorso estremamente tortuoso e per molti versi incredibile, durante il quale ogni dato di realtà risulta sfuggente, l'inchiesta conduce infine ad esiti impensati, arrivando a esplorare i segreti di ambienti lontanissimi da quello dal quale Giuditta proviene, e portando il lettore alla scoperta di un mondo in cui vengono prese decisioni della massima importanza, popolato da torbidi personaggi che tramano nell'ombra per imporre a tutti i livelli la propria concezione oligarchica e autoritaria dell'esercizio del potere.    

Giorgio Maimone ed Erica Arosio

 In questo romanzo, il colpo di scena rocambolesco è praticamente l'unico schema di propulsione della macchina narrativa, e tutti gli altri fattori della storia finiscono per avere un ruolo del tutto secondario e un rilievo puramente contenutistico; in questo modo si crea un meccanismo che ingoia tutti gli elementi che il background socio-economico e politico dell'Italia del Boom offre (gli anni sessanta sono praticamente saccheggiati, a partire dalle canzoni del periodo, con i cui versi ogni capitolo si apre), li stritola nei propri ingranaggi e li risputa sotto forma di sagomati tasselli del puzzle alla cui ricomposizione lo sviluppo dell'intreccio contribuisce.
 Per fare un esempio, nella trama finisce per rientrare persino il "caso Mattei": collaboratore del celebre presidente dell'Eni - morto proprio nel 1962 in un incidente aereo provocato con ogni probabilità da un sabotaggio - è Tommaso Dubini detto Tom, misterioso avventuriero sempre in missione in giro per il mondo, e fidanzato di Greta; suoi nemici giurati sono sia il cavalier Augusto Solbiati, ex generale coinvolto nei delitti su cui Greta e Marlon indagano, sia Vittorio Guttadauro, mezzo mafioso, mezzo agente segreto, vicino alla Triade, bizzarra organizzazione eversiva legata alla destra fascista. Sul luogo in cui cadranno i resti dell'aereo di Enrico Mattei, a Bascapè, si troverà poi il commissario Alfonso Pedullà, ex partigiano amico di Marlon, appena trasferito da Milano a Pavia.
 Oppure ancora, a Marlon capita di essere coinvolto in una rissa con Francis Turatello, all'epoca giovanissimo pugile dilettante e in seguito famoso bandito che insanguinerà, al pari di Renato Vallanzasca, la Milano degli anni settanta.
 Un simile sfruttamento di fatti e personaggi storici potrebbe anche rendere più accattivante il libro se l'operazione portasse a una perfetta integrazione di realtà effettuale e invenzione romanzesca. Purtroppo questo non avviene mai, perché l'intera vicenda è costruita in maniera iperbolica, senza tenere conto di criteri di verosimiglianza (stavo per dire con semplicismo fumettistico, ma non renderei giustizia ai prodotti migliori dell'arte del fumetto); così, i particolari dell'Italia del 1962 restano meri elementi d'arredo, immagini tratte dal vero ma usate per comporre uno sfondo posticcio, che non riesce a diventare tutt'uno con la sostanza del racconto.
 Il risultato complessivo, dal punto di vista letterario, non è dei più appaganti, e il secondo romanzo scritto a quattro mani da Erica Arosio e Giorgio Maimone (dopo Vertigine) finisce per apparire non imperdibile.

Voto: 5    

2 commenti:

  1. Grazie per averci letto con tanta attenzione. Trovi davvero che sia tutto iperbolico? Mi piacerebbe parlarne con te. Grazie ancora

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    1. Grazie a te per il commento e per il fair play mostrato di fronte alle riserve da me espresse sul vostro ultimo lavoro.
      Provo a spiegare un po' meglio cosa vedo io di iperbolico nel vostro romanzo. Innanzitutto i personaggi: sono davvero tanti - forse troppi - quelli che mostrano un profilo del tutto eccezionale, e assommano qualità che li pongono molto al di sopra della media. Ci sono i due protagonisti, naturalmente, e questo può essere comprensibile; c'è Tom Dubini, e ammettiamo pure che, visto il suo ruolo, debba essere necessariamente una persona fuori dal comune; ma se considero che caratteristiche straordinarie, da diversi punti di vista, hanno anche il fornaio Alberto, il "Batistun", Clementina Broggi, la stessa Giuditta - tutti personaggi a cui talvolta vengono messe in bocca battute che palesano una inverosimile lucidità nel "leggere" e interpretare storicamente la realtà in cui sono immersi, e una conoscenza a 360° delle maggiori espressioni culturali del loro tempo -, l'effetto d'insieme mi pare un po' troppo "postmoderno".
      A livello dello sviluppo della narrazione, poi, c'è di più: le indagini di Greta e Marlon, partendo dalla piccola criminalità milanese, arrivano a svelare trame eversive assai più vaste condotte da loschi figuri legati direttamente o indirettamente alla "Triade". Ora, è vero che la storia d'Italia è ricca di misteri e torbidi segreti, dei quali un intreccio come il vostro può essere visto come una trasfigurazione letteraria non del tutto irrealistica; occorre però tenere conto del fatto che, se la realtà risulta spesso più romanzesca dei romanzi stessi, l'invenzione romanzesca, per risultare credibile, deve mantenere con più rigore e attenzione l'equilibrio tra ordinario e straordinario (a meno di non riuscire a costruire una macchina narrativa raffinatissima, integrata a tutti i livelli, capace di "reinventare" il mondo, come accede pochissime volte; per ottenere un risultato simile bisogna però tirare fuori qualcosa che sia degno di Kafka, o almeno di David Foster Wallace, secondo me).
      Insomma, per farla breve, avevo cominciato a leggere il libro con un certo entusiasmo e con aspettative abbastanza alte (anche perché si occupa di anni cruciali, affascinanti e spesso un po' trascurati - o peggio, banalizzati - della nostra storia; e poi è ambientato a tra Milano e la sua "provincia allargata", che è anche la mia terra); ma alla fine non mi ha convinto del tutto.

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