lunedì 22 ottobre 2018

Patrizia Valduga, "Poesie erotiche", Einaudi

 
 Il libro raccoglie la parte più significativa delle poesie erotiche di Patrizia Valduga: componimenti diversissimi fra loro per tono, stile e misura, scritti nell'arco di diversi decenni.
 Si va dalla Lezione  di tenebre e dalle Cento quartine, dove il metro adottato è sempre rigorosamente quello dell'endecasillabo (e l'autrice si esprime attraverso originali - e spesso trasgressive - quartine a rima alternata), alla reinterpretazione dell'Erodiade di Mallarmé e della Fedra di Racine, fino alle terzine di La tentazione e ai componimenti dedicati a Sade di Lezione d'amore.
 Completa il libro la Confessione di una ladra di versi, un saggio suddiviso in cinque brevi capitoletti in cui Valduga analizza tecnicamente e teoreticamente la propria poesia, prova ad autodefinirsi come autrice, e dichiara i propri debiti nei confronti di altri poeti (arrivando a riconoscere in se stessa quello che lei chiama un'ectoparassita, vale a dire una personalità letteraria capace di appropriarsi e di servirsi del prodotto del genio di altri autori, rendendo però patente il proprio "furto" attraverso citazioni piuttosto scoperte e insistite).
 Ci troviamo di fronte indubbiamente a una poetessa assai colta e consapevole dei propri mezzi; questo è percepibile non solo nella perizia formale dei versi, nell'efficacissima scelta delle immagini, nella sottile tessitura lessicale del discorso, ma anche e soprattutto nella capacità di tramutare la forma in sostanza (si veda per esempio il sapiente utilizzo dell'enjambement, il gioco delle rime e la scansione ritmica di questo passo del monologo di Erodiade: "Io amo / l'orrore d'esser vergine, il tormento / quando nella carne inutile sento, / dai miei stessi capelli spaventata, / serrata nel letto, serpe inviolata, / il freddo scintillio dei tuoi chiarori, / tu che ardi di castità, tu che muori").
 Talvolta il poetare, appoggiandosi alla tradizione e traendo forza da essa, acquisisce, nella sua compostezza, una potenza degna dei classici, come nella confessione finale da parte di Fedra, che ammette la sua colpa senza che questo possa placare minimamente l'impeto della sua passione nei confronti di Ippolito: "Fui io a guardare con occhio incestuoso / Ippolito pudico e rispettoso. / Il cielo mi dannò al fuoco funesto, / l'esecrabile Enone ha fatto il resto / per proteggere il mio infame segreto. / E ora la raggiungo al morto greto.../ Ho versato un veleno nelle vene, / lo stesso che Medea portò ad Atene."
 Tutto ciò non impedisce la rappresentazione assai vivida della sfrenatezza dell'erotismo e del carattere talvolta osceno e violento del sesso (come in La tentazione: "Bada a non farmi far troppa fatica, / piccola morta, non lo sai? Dovrai / aprirmi come un fiore la tua fica!"; "Come si sta altera e disdegnosa! / Scosciatela così che me la prenda / e disbrami la voglia che mai posa"). 

 Patrizia Valduga

 Una declinazione del tema che raggiunge caratteri estremi nel sadismo della Lezione d'amore ("Togli la cinta... apri... annusa. Annusa! / Ma no che non ti strangolo, bambina... / Tiralo fuori e annusa... / anche le palle... sì... brava bambina... / Adesso lecca... bagna... / brava, brava, così... come una cagna"; o ancora: "Stringo il culo a ogni colpo... e apro la fica / intorno alle sue dita... / Ma sento male... meglio che lo dica... / Dica che? scimunita!, / che mi ha rimescolata in tale modo / che non so dire più se soffro o godo?").
 Non senza, del resto, che si faccia notare come, in amore, la distanza tra triviale e sublime possa essere di un solo passo (Congiunta a lui, e sempre più divisa, / senza un bacio da lui, senza un sorriso, / sempre più indivisibile e indivisa, / ascesa al puro cielo del suo viso, / che in me qualcosa ha ucciso... / è il paradiso... sono in paradiso...").
 Al cospetto del persistere di queste dinamiche, maggiore freschezza, originalità e felicità si può a mio parere riscontare nei brevi componimenti di Lezione di tenebre e di Cento quartine; sia che si celebri il carattere totalizzante dell'unione amorosa ("Per me dentro di me oltre la mente / il suo corpo su di me come una coltre / ma oltre il corpo in me furiosamente / in me fuori di me oltre per oltre..."), sia che si lamenti la difficoltà di trovare in amore la sintonia perfetta ("Ma l'estasi, ma l'io senza più io? / Da quanti anni ormai io chiedo ai cieli / un cuore perpendicolare al mio / e mi arrivano tutti paralleli!"), sia che si cerchi di analizzare l'involuta complessità dei nostri equilibrismi sentimentali  nell'ambito della relazione con l'altro ("Avrei finto di non avere voglia / perché a forza mi facesse volere. / Io voglio che tu voglia che io non voglia: / questa è la verità del mio piacere."), sia che si provi a rappresentare il carattere insieme intellettuale e fisico del desiderio erotico ("E sempre quella mano sulla fronte... / E l'altra lì, così, due dita sole... / E quando fica e testa sono pronte / riempile di cazzo e di parole").
 In Cento quartine, in particolare, il discorso amoroso prende tutti i colori della dolcezza, del desiderio, dell'entusiasmo, del dubbio o dell'estasi (si veda la n.10: "Tu, misterioso spirito gentile, / fammi la guardia come un carceriere: / che non nasconda più, vanesia e vile, / verità vergognose e voglie vere"; la n. 17: "Fa' presto, immobilizzami le braccia, / crocefiggimi, inchiodami al tuo letto, / consolami, accarezzami la faccia; / scopami quando meno me l'aspetto"; la n. 51: "Oscura chiarità, festoso inferno, / lucida frenesia, gioia impaurita, / riso nel pianto, brevità d'eterno, / trofeo e indice della mia vita..."; la n.88: "Càlati giù, o notte dell'amore, / fammi dimenticare la mia vita, / accoglimi nel seno del tuo cuore, / liberami dal mondo e dalla vita!", la n.98: "Per tutti i giorni, amore, dell'amore: / l'uno nell'altra, fusi, per amore, / trasfusi l'uno nell'altra, per amore, / trasumanati, amore, nell'amore").
 La più interessante e originale fra tutte le poesie antologizzate, per me, è questa:

E anche con lui era come masturbarmi,
mai matura, scentrata e senza centro.
Di grazia, gli chiedevo, vuoi insegnarmi
a venire assieme a te con te dentro?


Voto: 7

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