Il protagonista-narratore di
questo romanzo, pubblicato ormai qualche anno fa, è un uomo cinico, inquieto,
colto, scorbutico e disperatamente sincero, che ha avuto una vita difficile e
avventurosa: da giovane, durante la
Seconda guerra mondiale, è stato un soldato dell’Armata
rossa, e non si vergogna di dichiarare di “essersi fatto largo a suon di
stupri” nei territori tedeschi; tornato in Russia, nel dopoguerra, è stato
rinchiuso in un gulag come dissidente; lasciatosi alle spalle la prigionia, è
riuscito ad arricchirsi vendendo televisori ai notabili del regime, e
all’inizio degli anni ottanta si è trasferito negli Stati Uniti. Ha avuto molte
donne, e un solo grande amore.
Infine, a ottantasei anni, alla
vigilia della morte, scrive le sue memorie indirizzandole alla figliastra Venus,
perché questa le possa pubblicare dopo la sua scomparsa. Lo scritto viene
redatto proprio mentre il protagonista compie una sorta di viaggio nel passato,
risalendo a bordo di un’imbarcazione il fiume Enisej per giungere fino a
Norlag, presso la gelida città di Predposylov, in Siberia, dove sorgeva il
gulag in cui egli fu internato per dieci anni insieme al fratello Lev.
Nell’inferno disumano del campo
di lavoro la violenza regnava sovrana, ogni certezza dei prigionieri veniva
meno, e la loro stessa personalità rischiava di essere destrutturata. Una cosa
però manteneva vivo lo spirito dei due fratelli: il ricordo di Zoya, la donna
che Lev aveva sposato e della quale anche il protagonista era perdutamente
innamorato. Durante la prigionia, una volta, Lev aveva addirittura ottenuto il
privilegio di appartarsi con Zoya nella cosiddetta “casa degli incontri”,
l’edificio nel quale ai prigionieri “meritevoli” era permesso passare qualche
ora con le proprie donne. Ma dopo quell’appuntamento qualcosa era cambiato in
Lev; e sebbene avesse proseguito la sua vita con Zoya dopo essere stato
liberato, non aveva più ritrovato la sua serenità.
Martin Amis
Ora il protagonista tiene in
tasca una lettera proprio di Lev, scritta anni prima e mai aperta. Sarà forse
quella lettera a rivelargli ciò che accadde nella “casa degli incontri”? E la
rivelazione saprà fornirgli la chiave per capire finalmente la personalità di
Zoya? Tutto questo lo aiuterà a comprendere meglio la sconvolgente crudeltà
della Russia e dei russi, la crudeltà dei governanti russi contro il popolo
russo, si chiamino essi Stalin o Putin? Nulla infatti, nella Russia
contemporanea, sembra essere cambiato rispetto alla Russia sovietica: e
l’orrenda strage di bambini che si sta compiendo nella scuola numero uno di
Beslan, in Ossetia settentrionale, proprio mentre il protagonista scrive, ne è
la conferma.
Martin Amis offre qui un romanzo crudo e potente, spigoloso come il suo protagonista, che a dieci anni dalla sua prima uscita conserva intatta tutta la sua forza espressiva e la sua efficacia. Lo scrittore sviluppa la narrazione in maniera assolutamente non lineare, giustapponendo informazioni, recuperando progressivamente ciò che non era stato detto in un primo momento, quasi che plasmare i materiali di cui si compone il racconto sia un processo difficile, pieno di tranelli, mai concluso definitivamente.
Ma il quadro che infine ne scaturisce, e la verità che ne emerge hanno una loro rabbiosa coerenza.
Voto: 7
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