domenica 14 ottobre 2018

Maurizio Maggiani, "L'amore", Feltrinelli


 Scegliere di trattare un tema capitale, e frequentatissimo dalla letteratura - a tutti i livelli -, come l'amore può esporre al rischio concreto di proporre solo banalità, o di ripetere per l'ennesima volta cose già dette da altri. 
 Per questo, prudentemente, molti narratori contemporanei, quando parlano d'amore, tendono a citare - scopertamente e talvolta dichiaratamente - altri autori che li hanno preceduti, e ad adottare un tono lievemente ironico nei confronti dei luoghi comuni del sentire condiviso, ed autoironico nei confronti dei propri sentimenti; quegli stessi sentimenti che, d'altra parte, essi vorrebbero raccontare e magari celebrare: quasi che se ne vergognassero. E' l'approccio tipico del postmodernismo, sui paradigmi del quale tanta parte della letteratura colta continua ancor oggi ad indugiare.
 Diversa è la prospettiva in cui si pone Maurizio Maggiani, che per parlare d'amore sceglie semplicemente di parlare d'altro. 
 Intendiamoci: al centro del suo romanzo c'è proprio l'amore coniugale, il rapporto tra "lo sposo" e "la sposa", e la consapevolezza di cosa voglia dire amare, che lo sposo - protagonista del libro e alter ego del narratore (tanto che il suo punto di vista impronta di sé l'intera narrazione, sebbene questa sia condotta in terza persona) - ha acquisito nel tempo grazie al cinema, grazie alla politica, grazie al lavoro, grazie alle esperienze avute con tutte le ragazze e le donne che, in varie fasi della sua vita, gli sono state accanto.
 Il fatto è che tutte queste esperienze, anche quelle più squisitamente "amorose", non vengono rivisitate in funzione dell'elaborazione di una teoria sull'amore, della tessitura di un discorso amoroso da cui ricavare una visione tassonomica e magari manualistica di questo sentimento. Al contrario, si cerca di raccontare come l'esistenza possa insegnare qualcosa sull'amore nei modi e nelle occasioni più inattese, soffermandosi sempre sul dato concreto, senza la pretesa di assolutizzarlo a tutti i costi, senza l'ansia di astrarsi dalla pura fenomenologia per approdare alla formulazione e all'enunciazione di principi generali e universalmente validi; mettendo piuttosto a fuoco il dato di realtà in sé e per sé, soprattutto quando questo pare quanto di più lontano si possa immaginare dall'erotismo classicamente inteso.
 Dal punto di vista strutturale, il romanzo consiste nella narrazione di una intera giornata - e della notte seguente - passata dallo sposo alternativamente alla luce della presenza, dell'assenza o del pensiero della sua sposa, che incrociano continuamente le sue attività quotidiane, le sue riflessioni e, soprattutto, i suoi ricordi. 
 In tutto questo, il dato più importante è l'attenzione e l'impegno che lo sposo tenta di mettere in ogni cosa che fa (che si tratti di contemplare l'orto fuori dalla finestra, preparare il caffè, pulire lo stoccafisso in vista della cena, pedalare in bicicletta, aiutare un gruppo di operai che ha rilevato l'azienda in cui lavorava ad acquistare una partita di zinco...) in funzione e in vista dell'amorevole cura con cui egli ritiene necessario trattare la sua sposa. E i pensieri e i ricordi che gli sovvengono nel corso di tutte queste azioni sono occasioni per trovare conferme e giustificazioni della sua condotta, e spiegazioni di come vi sia arrivato e vi si sia adattato.

Maurizio Maggiani

 Rientrano in questo meccanismo la rievocazione della Mari, antica fidanzata con cui lo sposo ascoltava canzoni d'amore alla moda, e oggi irriconoscibile pescivendola malamente invecchiata; quella dell'impresa con cui lo sposo scassinò il portone d'ingresso dell'Università per dare il via all'occupazione durante il '68, gesto che gli guadagnò presso i compagni di militanza il soprannome de "il Fabbro"; il ricordo della casta ammirazione con cui il protagonista, da ragazzo, guardava "la Padoan", una giovane scout "con le tette come Anna Magnani", che determinò per lui la definizione di una sorta di paradigma erotico che si sarebbe trascinato dietro negli anni a venire.
 E ancora: i film che gli insegnarono a dire "ti amo", cosa che prima era del tutto incapace di fare; le escursioni in bicicletta con Tiberio Nicola, "congegnatore meccanico" e insostituibile maestro di Comunismo; la conoscenza del sesso e la "prima volta" dello sposo, presso una spiaggia naturista, insieme alla Patri, una rossa prosperosa e occhialuta, piena di lentiggini, allora fidanzata con Giovanni, un gigantesco e temibile operaio dalle granitiche convinzioni politiche; il ritorno al periodo dell'appassionata relazione con Chiaretta, femminista e compagna di ballo del giovane protagonista; il ricordo dell'epoca in cui lo sposo, terminata l'esperienza del comunitarismo rivoluzionario e di Lotta Continua, si fece imprenditore di se stesso; la caduta in moto, la convalescenza e la conoscenza di Ida, "la bislunga", destinata, ai tempi della prima Guerra del Golfo, a diventare la sua fidanzata nonché la prima donna a insegnargli a dire addio, prima di partire per la Gran Bretagna e di sposare un maraja. Quella stessa Ida richiamata tristemente alla memoria da un messaggio ricevuto in giornata dagli Stati Uniti,che ne annuncia la morte prematura. 
 Così, se a un livello puramente epidermico i ricordi costituiscono un gigantesco serbatoio di "fatterelli" che lo sposo è solito raccontare alla sposa prima che questa si addormenti, e a un livello un po' più profondo sostanziano la maturità sentimentale raggiunta dallo sposo e pienamente espressa nel suo amore coniugale per la sposa, su un piano superiore, concettuale e letterario, essi danno l'idea che l'amore sia qualcosa di più e di diverso da un legame sessuale fra due persone o da uno stato d'animo condiviso; piuttosto, è la sublimazione di un rapporto di coppia nella capacità per entrambi le persone coinvolte di "tenere nobilmente tutto insieme": il passato e il presente, le gioie e i dolori, le virtù e i difetti propri e dell'altro, le paure e le aspirazioni, affinché il mondo intorno ai coniugi acquisisca davvero un senso compiuto. 
 E' per questa via che, obliquamente, dalla costruzione di un solido piano di realtà si arriva a distillare una "teoria dell'amore": senza enunciazioni altisonanti e senza smancerie, attraverso una narrazione semplice condotta con una scrittura semplice, lineare e lieve, quella che si usa per nominare le cose della quotidianità.

Voto: 6,5

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