domenica 11 luglio 2021

Virginia Woolf, "Orlando", Feltrinelli


 Orlando è uno dei romanzi più famosi e meno frequentati di Virginia Woolf, almeno in Italia. Difficile dire se questo avvenga per via della natura ibrida del testo (che rende problematico qualsiasi tentativo di collocazione e di classificazione secondo il sistema dei generi), della sua eccentricità rispetto al resto della produzione della scrittrice inglese (un tasso di sperimentalismo formale tutto sommato modesto, nessun abuso dell'indiretto libero, un po' di psicologia individuale, nessuna tortuosa indagine di complicate dinamiche familiari), del suo carattere fluviale (ben più brevi, concentrate, intense le altre opere narrative della Woolf). 
 La genesi del testo è nota: con questo libro, Virginia Woolf volle comporre un fantasioso ritratto letterario di Vita Sackville-West, amica e amante della scrittrice all'interno di una relazione entrata in crisi da un po'. Meno pacifici sono il suo significato metaforico e la sua interpretazione critica.
 Qualcuno ha scritto che Orlando sarebbe la più lunga lettera d'amore scritta dal romanzo colto al romanzo popolare (parafrasando il figlio di Vita, Nigel Nicholson, secondo il quale il romanzo è "la più lunga lettera d'amore della storia"), ma credo che tale osservazione sfiori soltanto la supeficie di quest'opera.
 Difficile è anche dare conto nel dettaglio della trama del libro: protagonista della vicenda narrata è Orlando, un cavaliere che attraversa tre secoli di storia inglese, dall'età elisabettiana fino al 1928, affrontando vari amori - con uomini e con donne - un cambio di sesso, una bancarotta, viaggi, guerre, matrimoni. 
 Cortigiano presso la corte di Elisaberra I e poi di re Giacomo, Orlando si innamora di Sasha, la bellissima e ambigua figlia dell'ambasciatore russo, che presto scompare venendo meno alle aspettative del protagonista. Partito per la Turchia, dopo varie peripezie e un sonno di sette notti e sette giorni consecutivi, Orlando si risveglia donna. L'accettazione della sua nuova identità di genere non risulta così difficile come ci si aspetterebbe; anzi, Orlando, in vesti femminili, passa un periodo presso gli zingari, che ritiene sappiano esaltare il ruolo della donna meglio di quanto faccia la cultura occidentale.
 Tornato a Londra, il protagonista si trova coinvolto in un processo per bancarotta (che durerà per moltissimi anni) e in amori di tenore diverso, con uomini e con donne di diversa estrazione sociale, ed entra in contatto, decennio dopo decennio, con le mode culturali e letterarie delle diverse fasi storiche, rivisitate con un pizzico di ironia. In tutto questo, incontra alcuni dei personaggi più illustri delle epoche frequentate e riesce infine a realizzarsi attraverso la stesura di un poema, intitolato La quercia, che - variamente giudicato dai letterati che lo leggono nel corso di trecento anni - regala al suo autore un inatteso successo di pubblico soltanto nel XX secolo.
 
Virginia Woolf
 
 La lettura è fascinosa e ipnotica, come sempre avviene con Virginia Woolf, che riesce a rendere interessante qualunque cosa sia oggetto del suo racconto - anche quella più lontana dall'esperienza personale del lettore - addomesticandola e riducendola a un aspetto familiare. Le peregrinazioni di Orlando, la sua sopravvivenza a dispetto del trascorrere del tempo, il suo risvegliarsi un bel mattino con un corpo di donna, le sue gravidanze, le sue fluide e coinvolgenti storie d'amore, le sue emozioni e le sue riflessioni puntuali e metastoriche: tutto la scrittrice riesce a far sembrare normale.
 Ogni traccia di artificiosità della trama, invero alquanto bizzarra, svanisce una volta che si accettino le regole del gioco implicitamente proposto dall'autrice; e a tratti ci si può persino immedesimare in quel curiosissimo personaggio che è Orlando.
 Di tutte le interpretazioni che sono state date del romanzo, la più convincente mi pare quella che vede in Orlando un'allegoria, rappresentata con ludica efficacia, di ogni avventura letteraria individuale: quale altra arte, infatti, può consentire al singolo fruitore di percorrere vari secoli da protagonista, di sperimentare un cambio di sesso, di incontrare le persone più fuori dal comune e di vivere con esse le situazioni più inusitate? 

In poche parole: Orlando è uno dei romanzi più famosi e meno frequentati di Virginia Woolf, almeno in Italia. 
Difficile è dare conto anche solo sommariamente della trama del libro: protagonista della vicenda narrata è Orlando, un cavaliere che attraversa tre secoli di storia inglese, dall'età elisabettiana fino al 1928, affrontando vari amori - con uomini e con donne - un cambio di sesso, una disastrosa bancarotta, viaggi, guerre, matrimoni.
Di tutte le interpretazioni che sono state date di quest'opera narrativa, la più convincente mi pare quella che vede in Orlando un'allegoria, rappresentata con ludica e scanzonata efficacia, di ogni avventura letteraria individuale: quale altra arte, infatti, può consentire al singolo fruitore di percorrere vari secoli, di sperimentare un cambio di sesso, di incontrare le persone più fuori dal comune e di vivere con esse le situazioni più inusitate rimanendo seduto nella poltrona di casa propria?
 
Voto: 7 

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