sabato 20 novembre 2021

Antonella Anedda, "Geografie", Garzanti


 Quando si comincia a leggere Geografie di Antonella Anedda viene subito da domandarsi che tipo di libro sia e quali siano i suoi modelli. La risposta non è immediata né scontata: il testo consta infatti di una serie di brevi brani in prosa, dal notevole afflato lirico (a volte quasi dei poemi in prosa) e dal tenore vagamente diaristico, che insistono su esperienze autobiografiche coincidenti con una serie di viaggi o di peregrinazioni della narratrice in varie parti d'Italia, d'Europa e del globo.
 Tali esperienze si nutrono non solo di ciò che la protagonista vede o di ciò che le capita in prima persona, ma anche di quello che ella sa, di quello che immagina, di quello che ricorda, di quello che impara dalla storia, dall'arte, dall'attualità, dalla gente dei luoghi che visita.
 A tutta prima, così, il collegamento che più pare pertinente, sembra quello con il frammentismo tipico della seconda decade del Novecento (con scrittori come Giovanni Boine o Scipio Slataper, per intenderci); ma, a un esame più attento, il modello principale che opera in queste pagine risulta essere quello della poetessa americana Anne Carson - per la quale Antonella Anedda stessa ammette una speciale predilezione - per via della trama segreta che tiene insieme i diversi frammenti e dell'unitarietà dell'impianto simbolico a cui l'intero libro risponde, e che per l'intero libro si espande.
 Facciamo qualche esempio: l'esplorazione della valle del Vajont e dei persistenti segni del disastro provocato dalla frana del monte Toc del 9 ottobre 1963 diventa l'occasione per constatare i piccoli segni dell'ostinazione della vita oltre il disastro, ravvisabili nell'insediamento lungo le pareti di roccia erose dall'acqua di "piante pioniere", capaci di "colonizzare i terreni scoperti". Questi richiami riverberano sul brano successivo, in cui si mettono a fuoco le immagini degli incendi che devastano l'Australia (simboleggiati da un piccolo koala ustionato) e quelle della Libia squassata dalla guerra civile, che a tutta prima inquadrano una distruzione che non sembra lasciare spazio alla speranza, ma che la conclusione del brano precedente in qualche modo ridimensiona. Da lì si passa poi a una quieta descrizione della quotidianità durante il lockdown, dove una desolazione che da un momento all'altro può trasformarsi in disperazione non impedisce di cogliere i segni della resistenza della natura e della persistenza delle necessità del vivere nelle "foglie della pianta sinistra che si sono allungate".
 Proprio in virtù della trama di questi collegamenti simbolici, che si irradia come una radice di brano in brano, le situazioni, le emozioni e le osservazioni più diverse si tengono insieme. La Grecia può essere così, insieme, la terra del mito - con la sua crudele essenzialità - e il luogo di approdo di migliaia di migranti, trattati dalla gente del posto con essenziale crudeltà. Il Giappone è la terra dell'esplosione della prima bomba atomica, e insieme quella di riti antichissimi e di raffinatissimi poeti. La Finlandia è tradizionale rifugio di intellettuali in fuga, terra di architetti e carezza di raccolte solitudini.
 
Antonella Anedda
 
 A volte le relazioni tra diverse istanze sono più sottili, meno evidenti, e possono accostare realtà fra loro lontanissime: il canale della Manica e l'isola di Lesbo, Parigi e la Corea, Londra e Roma. L'accostamento avviene sulla base di un immagine, di un colore, di una suggestione che, filtrata dagli occhi dell'io lirico, si carica di una straordinaria energia emotiva. 
 Come spesso faccio per i libri di poesie, mi piace qui riportare uno dei componimenti (o, per meglio dire, uno dei frammenti) capaci di dare un'idea della forza espressiva della scrittura di Antonella Anedda. Scelgo questo, che mi pare particolarmente significativo:
 "La rotta per il Giappone prevede di passare sulla steppa russa. Anche la rotta per la Corea.
Si possono piangere i morti così: sorvolando gli Urali. Seul è la distanza giusta per piangere una morte precoce. La Corea del Sud ha distese di acacie spine e di polvere. Eravamo un gruppo non troppo affiatato, ma il cibo era buono, l'albergo aveva una piscina. La persona con cui viaggiavo conosceva il significato della parola lutto. Siamo stati in un tempio moderno, chiaro, vuoto, dentro una struttura molto simile a un grande supermercato dove ho comprato due ciotole uguali molto piccole che ho regalato al mio ritorno alla moglie e alla fidanzata del mio amico morto. Siamo esseri complicati.
La rotta per Tokyo sorpassa Mosca e sale verso est. Tutti dormono ma c'è luce, abbastanza per vedere i laghi neri spezzati di ghiaccio grigio".
 Le parole con cui il libro si chiude sono invece una sorta di sigillo alla filosofia e alla poetica ad esso sottese:
 "Sgretolarsi significa lasciarsi erodere, sgretolarsi permette di coagularsi di nuovo.
Ricominciamo".
 
In poche parole: libro costituito da una lunga serie di brevi prose liriche dal tenore diaristico, che si sviluppano sul resoconto di emozioni di viaggio tramate di una fitta rete di riferimenti simbolici, Geografie ricorda da vicino il frammentismo tipico della nostra tradizione letteraria di inizio Novecento; anche se forse, fra i modelli operanti nella scrittura di Antonella Anedda, è più pertinente ricordare quello di una delle poetesse americane preferite dall'autrice: Anne Carson.

Voto: 6.5

Nessun commento:

Posta un commento