domenica 5 giugno 2022

Veronica Galletta, "Nina sull'argine", Minimum Fax

 

  Caterina Formica è una giovane donna che vive a Milano e lavora come ingegnere presso un ente pubblico che si occupa di contrastare il dissesto idrogeologico in tutto il Nord Italia. Per la sua ottima preparazione, la sua precisione e il suo rigore professionale e morale è sempre stata ritenuta idonea, dai dirigenti del suo ufficio, a occuparsi di questioni teoriche e dell'elaborazione di progetti di massima; meno alla pratica concreta della gestione sul campo dei cantieri che all'ufficio fanno capo.
 Quando però un'inchiesta della magistratura porta in carcere con l'accusa di corruzione gran parte dei suoi colleghi più considerati, Caterina si trova catapultata improvvisamente in prima linea, a seguire in qualità di Direttore dei lavori un'opera particolarmente difficile che nessuno vuole sobbarcarsi: la costruzione di un grande argine - e delle strutture annesse - lungo un fiume (verosimilmente la Dora Baltea) responsabile di alluvioni disastrose per la frazione di Spina, nel comune di Fulchré, nel canavese, non lontano dal lago di Viverone.
 I lavori  per la costruzione dell'argine abbracciano un anno intero - fra l'estate del 2005 e quella del 2006 - e coincidono con un periodo particolarmente delicato della vita di Caterina, che è stata  da poco abbandonata da Pietro, suo storico fidanzato, ed è spesso preda di quella sensazione di profondo disorientamento, al limite del disagio psichico, che già ha sperimentato durante alcune fasi della sua carriera universitaria.
 L'opera ingegneristica finisce così per diventare quasi una metafora di una necessaria ristrutturazione della personalità della protagonista, capace di regolare le piene impetuose della sua emotività e di convogliare e contenere le sue aspirazioni, i suoi sogni, i suoi progetti e i suoi sentimenti entro l'alveo di una consapevole fedeltà a se stessa e al suo modo di essere.
 Nello stesso tempo, concretamente, Nina (questo il diminutivo affettuoso con cui è sempre stata chiamata in famiglia Caterina) impiega nella direzione del cantiere tutte le proprie energie, aggrappandosi alle solide competenze accumulate negli anni degli studi, superando con pazienza e forza di volontà le sue paure, imparando a smussare gli spigoli del suo carattere a contatto diretto con tutti i professionisti, gli attivisti, i politici con cui è chiamata a collaborare, e anche con i fantasmi che le suggestioni della sua fervida fantasia le presentano di volta in volta.
 Così, la protagonista deve abituarsi ad avere a che fare con Bernini, geometra dall'apprezzabile professionalità e dalla dedizione quasi calvinista al lavoro, ma dalla mentalità vagamente misogina, che lo porta a sentirsi a disagio quando deve rendere conto del suo operato a un ingegnere donna; deve dare retta all'Assessore, persona gentile, dall'indole accomodante e dotata di una notevole conoscenza del proprio territorio, ma talvolta un po' troppo evasiva, tendente a stornare i problemi portando sempre il discorso sul suo amore per la buona cucina; è costretta a confrontarsi con il signor Musso, ex medico condotto, estremista dell'ambientalismo, che vede qualsiasi intervento sul letto del fiume come un'indebita interferenza dell'uomo in un contesto naturalistico di cui la flora e la fauna locali dovrebbero essere gli unici padroni; è chiamata a imparare a sopportare Lovecchio, funzionario della Provincia, incarnazione del grigiore burocratico; deve blandire la signora Bola, l'unica proprietaria che ostinatamente si rifiuta di vendere la porzione del proprio terreno necessaria al rafforzamento delle difese di sponda dell'argine.
 
Veronica Galletta
 
 Contemporaneamente, però, nei momenti in cui rimane sola a contemplare l'avanzamento dei lavori nella campagna eporediese, la sera, quando tutti se ne sono andati, Caterina intavola un dialogo segreto con un anziano operaio, che si palesa sempre laddove non dovrebbe essere, e indossa una vecchia felpa con il logo di Italia 90 e un gilet da pescatore pieno di tasche; un operaio singolarmente esperto, che forse è solo un fantasma, perché ricorda tanto Antonio Belfiore - siciliano come Nina - morto 15 anni prima proprio durante i precedenti lavori di sistemazione dell'argine, a pochi giorni di distanza dal suo amico Ferdinando Bola, marito della proprietaria riluttante alla vendita.
 Antonio - la fantasia di Antonio -, con la sua dolcezza e il suo buon senso fuori dal tempo, trasfigura magicamente la realtà della vita di cantiere, delle piccole gioie che sa regalare e dei suoi ordinari squallori, e aiuta Caterina a entrare in contatto con il proprio sentire più autentico, con le motivazioni profonde che l'hanno condotta a compiere studi ingegneristici, con l'amore per il proprio mestiere e per il lavoro ben fatto: la conduce a trovare il proprio equilibrio, insomma.
 E il sintomo dell'equilibrio ritrovato, dopo un anno di lavoro intenso - alla chiusura del cantiere dopo il collaudo dei manufatti - è per Caterina proprio la mancata apparizione di Antonio: la storia antica degli operai morti (numi tutelari dell'argine del fiume) le ha infine insegnato a fare pace coi vivi.
 Il libro è appassionante e davvero molto ben scritto: la scelta di sposare rigorosamente lungo tutto l'arco della narrazione il punto di vista della protagonista, quella di utilizzare la terza persona e quella di adottare il tempo presente concorrono nel modellare un racconto che riesce a indurre nel lettore una piena partecipazione alla storia narrata e a favorire nel contempo una presa di distanza critica dal personaggio di Caterina e dalle vicende che lo riguardano.
 Inoltre questo è un romanzo che non ha timore di parlare del lavoro - del lavoro manuale - con un linguaggio tecnicamente appropriato e una notevole originalità di approccio; ed è bello che più numerosi di un tempo siano i libri che, ponedosi nel solco del Primo Levi di La chiave a stella e del Paolo Volponi di Memoriale (esplicitamente citati nel libro, insieme ad altri scrittori di riferimento per l'autrice quali Italo Calvino e Michele Mari), lo sappiano fare offrendo narrazioni vere, sostanziose e appassionanti.
 Infine, assolutamente rimarchevole è il fatto che la protagonista del libro sia una donna che svolge un mestiere - nell'ambito delle discipline definite, con acronimo inglese, STEM - ancora oggi considerato da troppi, chissà perché, poco femminile.

In poche parole: Caterina Formica, giovane ingegnere alle prese con il complesso cantiere per la costruzione di un argine imponente lungo un corso d'acqua nel Canavese - volto a scongiurare le disastrose alluvioni che si fanno di anno in anno più frequenti nella zona - si rende conto a poco a poco di come l'opera che dirige, e che la mette a dura prova, sia in un certo senso l'emblema dell'impegno e della resistenza a lei necessari affinché il corso della sua stessa vita non abbandoni l'alveo naturale entro il quale ella ha cercato sempre di mantenerlo con tutta la sua buona volontà, a dispetto degli ostacoli e delle disavventure disseminate lungo il suo cammino, e dei fantasmi e delle paure che popolano la sua mente.
Il romanzo è appassionante e molto ben scritto: il fatto che il libro parli di lavoro, e che la protagonista sia una donna che svolge un mestiere di tipo tecnico (descritto con grande precisione e dovizia di particolari) basterebbero di per sé a farlo apparire notevole nel panorama della nostra letteratura contemporanea; a renderlo ancora più interessante è però la raffinata tessitura narrativa, che riesce a guidare con sicurezza il lettore entro un mondo che non necessariamente gli è familiare, senza rinunciare a stimolare di continuo la sua coscienza critica. 
 
Voto: 7,5

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