giovedì 1 ottobre 2015

Marco Balzano, "L'ultimo arrivato", Sellerio


 Libro vincitore – con pieno merito – del premio Campiello 2015.
 Ninetto Giacalone è un bambino siciliano di 9 anni che, in seguito alla paralisi che colpisce la madre, è costretto prima ad abbandonare la scuola per contribuire al sostentamento della famiglia, poi a lasciare la nativa San Cono, suo padre, la sua casa e tutto il suo mondo per partire al seguito di un semplice conoscente, Giuvà, alla volta di Milano in cerca di fortuna.  
 È il 1959, e sul treno pieno di emigranti come lui, Ninetto (detto “pelleossa”) porta con sé solo il ricordo del suo fraterno amico Peppino, il quaderno regalatogli dall’indimenticabile maestro Vincenzo Di Cosimo – con l’invito a tenervi un diario –, e il sogno di diventare un poeta.
 A Milano, in principio, il ragazzino evita di “dormire alla luna” solo grazie all’ospitalità di alcuni parenti di Giuvà (che peraltro gli offrono una sistemazione piuttosto sgradevole), ma imparerà prestissimo a cavarsela da solo: troverà lavoro dapprima come galoppino per conto di una lavanderia, poi come muratore, infine, al compimento del quindicesimo anno di età, entrerà come operaio all’Alfa Romeo di Arese. Prima ancora, però, sposerà Maddalena, una piccola calabrese – sua coetanea – lavorante in un pastificio industriale.
 In realtà, nella tessitura romanzesca, l’epoca avventurosa dell’approdo a Milano è rievocata da un Ninetto ormai cinquantasettenne, che ha appena finito di scontare dieci anni di carcere. In prigione – come si scoprirà solo nella parte finale del romanzo – il protagonista-narratore del libro ci è finito per via della conseguenze di una sorta di raptus di gelosia: Ninetto ha infatti accoltellato Paolo, fidanzato della figlia Elisabetta (avuta dalla sempre fedele Maddalena, che gli è rimasta vicina nonostante tutto), dopo averli sorpresi mentre si scambiavano effusioni in cantina.
 Rievocare il suo ormai remoto passato da emigrante serve a Ninetto per prendere le misure a una Milano che non riconosce più (e che non offre più nessuna delle infinite possibilità di un tempo), a provare a tracciare un bilancio della propria esistenza (paradossalmente, gli anni “tranquilli” vissuti come operaio all’Alfa Romeo gli sembrano ora i più grigi e tristi che abbia vissuto) e, soprattutto, a raccogliere le idee per realizzare quella che è diventata la sua più alta aspirazione: affidare alla piccola Lisa, la bambina che Elisabetta e Paolo hanno avuto dopo essersi sposati – e che da Ninetto viene accuratamente tenuta lontana – la storia della sua vita.

Marco Balzano festeggia la conquista del "Campiello"

 Il libro è decisamente bello, possiede una grande freschezza, e il racconto della vita del piccolo emigrante svolto attraverso la viva voce e il punto di vista del Ninetto adulto, – che peraltro evita ogni forma di autocommiserazione – è a tratti quasi commovente.
 Marco Balzano, con un’operazione di una certa raffinatezza, cerca di ricreare la parlata ibrida degli emigranti trasferitisi dall’Italia meridionale in Lombardia e ivi rimasti: un curioso impasto del dialetto siciliano (originario del protagonista), di un italiano “scolastico” e delle sue interferenze con l’oralità del dialetto milanese. Ne viene fuori una lingua che riesce sufficientemente “vera”, diretta e vivace, elaborata  e nello stesso tempo semplice da capire per il lettore.
 Questa lingua informa di sé l'intero romanzo, conferendogli un'impronta stilistica inconfondibile, che rende questo libro senz'altro più maturo rispetto alle precedenti, pur gradevoli, prove narrative dell'autore: Il figlio del figlio e Pronti a tutte le partenze.

Voto: 7

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