Per il funerale di Leonardo, professore universitario
brillante e un po’ scapigliato, dotato di un notevole senso dell’umorismo e di
una buona dose di autoironia, si riuniscono tutti coloro che gli volevano bene
e che gli erano legati: Antonia – la prima moglie –, la figlia già grande
Elettra, la seconda moglie Elisabetta insieme ad Alessandra – la bambina che
Leonardo tanto amava nonostante non fosse figlia sua –, le sorelle Marta e
Maria Teresa, la vecchia zia Daria, il cugino Simone, i nipoti Valentina e
Lorenzo, l’allievo prediletto Michelangelo, e poi ancora Leona, Beppe, Roberta,
Franca…
A descrivere la cerimonia funebre, il comportamento di
ciascuno dei convenuti e il loro collettivo omaggio alla memoria del defunto
nei momenti che seguono il funerale vero e proprio (la visita al cimitero, la
riunione di parenti e amici a casa di Leonardo, il trasferimento della comitiva
in un bar per l’aperitivo e poi in un ristorante per la cena) è una misteriosa
narratrice interna, che assiste in prima persona a tutto quello che avviene, vi
partecipa, ma rimane in disparte senza rivelare fino all’ultimo la sua
identità.
L’anonimato consente a questa voce narrante di mantenere una
certa apparente neutralità nel tratteggiare la fisionomia di tutti gli altri
personaggi, e di non alterare troppo con le sfumature del proprio personale
affetto l’immagine di Leonardo che viene restituita nel ricordo dei presenti,
che parlano e addirittura scherzano per farsi reciprocamente coraggio, come
accade talvolta in simili, tristi circostanze.
La rievocazione di Leonardo avviene sulla scorta di due
specifici fili conduttori: quello del linguaggio e della sua proteiforme
ricchezza, e quello del cibo. Il professore scomparso, infatti, condivideva con
famigliari e amici l’amore per la buona cucina e, nello stesso tempo, la passione per le sciarade, i rebus, gli
indovinelli, i giochi di parole, i tic linguistici. Tutte queste formule e
modalità espressive diventano, da una parte, la chiave attraverso cui ciascuno
tenta personalmente di valorizzare “l’eredità spirituale” di Leonardo;
dall’altra lo strumento in nome del quale Leonardo stesso lascia a quelli che
gli erano più vicini dei commoventi messaggi “postumi”, con dei files da lui
sistemati sul suo computer in modo tale che fossero facilmente ritrovati.
Il cibo (oggetto di confronto e di discussione, oltre che di consumo), dal canto suo, ha fondamentalmente la funzione di
esorcizzare la morte, richiamando alla memoria tutta la carica vitale di cui
Leonardo era dotato.
Tale schema trova il suo coronamento alla fine, quando la
narratrice – l’unica alla quale Leonardo non ha lasciato messaggi, eppure
quella in grado più di tutti di farlo “rivivere” – smette di nascondersi e svela
la sua identità: si tratta di una studentessa di Leonardo, da molti anni
perdutamente innamorata del suo professore e determinata a serbare gelosamente
il ricordo dei loro momenti insieme e della loro speciale sintonia, cresciuta
all’ombra della psicolinguistica; un legame in cui la condivisione della
sensualità del cibo aveva forse avuto la funzione di sublimare un’attrazione di
natura sessuale destinata a non avere libero corso.
La psicologa della comunicazione Marina Mizzau
L’idea di fondo sulla quale viene edificato il romanzo è
piuttosto originale; il suo concreto sviluppo, tuttavia, lascia molto
perplessi. Il fatto è che tutto, in questo libro, appare assai meccanico, dalla
costruzione dei personaggi alla gestione dei tempi narrativi, dai dialoghi alle
descrizioni, dalle dinamiche psicologiche delle situazioni romanzesche alle
stesse articolazioni dello stile: il motivo-cardine dei giochi linguistici, più
tematizzato che incorporato nella sostanza stilistica del racconto, appare alla
fine stucchevole; gli elenchi di termini riferibili alla medesima area
semantica (spesso quella del cibo) sono talmente abusati da indurre a pensare che
spesso si usi un approccio tassonomico per puntellare un impianto narrativo
complessivamente un po’ fragile; gli snodi che collegano un episodio all’altro
sono quanto di meno convincente e di più innaturale si possa immaginare.
L'impressione finale è quella di un orologio che ostenta ingranaggi straordinariamente complessi, ma continua a segnare l'ora sbagliata.
Voto: 5
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