lunedì 25 luglio 2016

Jaan Kross, "Il pazzo dello Zar", Iperborea


Pubblicato in Unione Sovietica nel 1978, tradotto per la prima volta in italiano nel 1994, e riproposto recentemente da Iperborea, Il pazzo dello Zar è un romanzo storico "a tutto tondo".
Jan Kross (considerato dalla critica fra i maggiori autori della letteratura estone) vi racconta, sulla base di rigorosissime ricerche documentarie, la storia di Timo von Bock, nobiluomo della Livonia (la regione baltica intorno al golfo di Riga, tra Estonia e Lettonia) che, all'inizio dell'Ottocento, osò infrangere il tabù della rigida separazione fra le classi sociali, e arrivò - sulla base di un religioso rispetto dell'onestà intellettuale - a mettere in discussione l'autorità stessa dello Zar, proponendo un programma di riforma dello Stato in senso liberale; per questo fu imprigionato per nove anni, e in seguito interdetto, dopo essere stato dichiarato pazzo, con l'attuazione di una strategia persecutoria nei confronti dei nemici del potere centrale che avrà larghissima applicazione anche nella Russia del Socialismo reale.
La principale fonte di informazioni a cui attinge Kross è il diario di Jakob Mattik, cognato di Timo, fratello di Eeva, ragazza di umilissime origini della quale il rampollo dei von Bock, con scandalosa decisione, aveva fatto sua moglie. Innamoratosi della giovane, dapprima accolta nella casa padronale come cameriera, Timo aveva deciso di far studiare sia lei sia il fratello, e poi di legare legittimamente a sé Eeva in matrimonio, fra lo sconcerto non solo degli aristocratici di Livonia, ma della corte zarista medesima.
Il romanzo è costituito da una sapiente rielaborazione in chiave narrativa proprio del diario di Jakob, che nel libro è dunque investito della funzione di narratore di tutte le vicende riguardanti Timo. Questo, da una parte, consente di osservare la personalità di Timo a distanza ravvicinata e di cogliere la specificità del suo pensiero e del suo stile di vita da dentro l'intimità del suo contesto famigliare; d'altra parte, però, crea una singolare distanza critica tra la figura di von Bock e il racconto della sua avventura umana.
Jakob Mattik, infatti, è un uomo del suo tempo, e si può dire che ne condivida tutti i pregiudizi e i limiti di visione. In più, non è aristocratico di nascita, e nei confronti dell'aristocrazia - e a maggior ragione dello Zar - nutre un'istintiva diffidenza tramata tanto di perplessità quanto di timore reverenziale.

Jaan Kross

I suoi sentimenti nei confronti del cognato, così, sono insieme di ammirazione, di affetto e di sospetto. Ad esempio, quando egli ritrova e legge attentamente il memoriale spedito da Timo allo Zar con i princìpi di una nuova Costituzione, ne condivide i giudizi, i criteri di analisi e lo spirito di fondo, ma dura fatica a convincersi che quello scritto sia frutto di raziocinio, di coraggio e di una proiezione profetica nel futuro, e non, semplicemente, di pura follia.
Il diario abbraccia più di trent'anni di storia, dal maggio 1826 (poco dopo la liberazione di Timo dalla prigionia nel tetro carcere di Schlusselburg) al giugno 1859, quando Jacob, prossimo ormai alla morte, decide di abbandonare l'impero russo per trasferirsi all'estero e di affidare i propri scritti al nipote Georg, stimato ufficiale della Marina zarista; il periodo più importante e più ricco di informazioni, però, è quello che arriva fino alla misteriosa morte di Timo nel 1837.
In questo decennio vediamo Jacob che, fra mille dubbi e qualche timore, tenta di penetrare nella mente di quel congiunto così ingombrante, fino a convincersi del valore della sua eredità e della necessità di serbarla per i posteri come qualcosa di prezioso.
Da una parte, questo ci permette di meglio valutare la rivoluzionaria portata delle idee di Timo von Bock, in un'epoca in cui con il potere sovrano non si scherzava (ricordiamo che nel 1825, pochi mesi prima della liberazione di Timo, venne soffocata nel sangue la rivolta dei decabristi, considerata la prima vera sollevazione anti-zarista della Russia moderna); d'altra parte trasforma Jacob nel vero protagonista del romanzo, il personaggio positivo ma dal profilo tutt'altro che eroico con il quale l'immedesimazione del lettore risulta quasi automatica.
Il libro nel complesso è molto bello e perfettamente costruito, anche se a tratti deve scontare qualche eccessiva pesantezza dovuta alla maniacale precisione storiografica con cui la vicenda viene restituita e all'intrinseca rigidità del ritmo imposto dalla scansione diaristica.
Comunque, da leggere.

Voto: 7

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