martedì 18 ottobre 2016

Halldor Laxness, "Sette maghi", Iperborea


 Pochi giorni dopo la scomparsa di Dario Fo e la discussa assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, voglio proporre un libro di un altro autore a cui fu assegnato il riconoscimento molti anni fa.
 Halldor Laxness, islandese, premio Nobel nel 1955, fu scrittore capace di fondere i caratteri tipici delle antiche saghe della piccola isola dalla quale proveniva con i grandi temi sociopolitici e filosofici della modernità novecentesca. Le sue opere spesso coniugano la potenza evocativa senza tempo dei miti, la freschezza delle tradizioni orali e la ficcante ironia degli umoristi più brillanti.  
 Sette maghi è una raccolta di racconti particolarmente significativa, perché accosta pezzi narrativi prodotti in un arco di tempo piuttosto lungo, e perché offre spunti che consentono di farsi un'idea abbastanza precisa del modo di fare letteratura di Laxness e della sua impostazione ideologica di fondo.
 Il primo racconto, La scoperta dell'India, ci porta in una terra lontana e dal sapore fiabesco, l'impero di Cina. Esso funge un po' da premessa al libro intero, ed è come se suggerisse al lettore il giusto punto di vista in cui porsi per interpretarlo correttamente: in primo luogo, infatti, rovescia la prospettiva eurocentrica a cui siamo abituati, invitandoci ad abbandonare le nostre certezze; in secondo luogo suggerisce che, nella vita come in un racconto, ci si può perdere per poi ritrovarsi, o ci si può imbattere in ciò che si cerca dove non ci si aspettava di trovarlo.
 Vi si racconta infatti dell'imperatore che, avendo sognato un Paese di favolosa ricchezza posto nel Lontano Occidente, chiede ai suoi cortigiani di partire alla scoperta di quella terra solo sognata. L'incarico della missione viene assunto da Zhang Qian, che messosi in viaggio, giunge nel paese degli Unni; grazie a una serie di circostanze fortunate, diventa re di quel popolo, dimenticando la sua missione per i dieci anni successivi. Ma una mattina, svegliandosi di soprassalto, ricorda l'incarico che ha ricevuto, abbandona tutto quello che ha e riprende il cammino. Dopo molto peregrinare arriva in India; e capisce che quello è veramente il Paese più bello e ricco del mondo, la terra sognata dal suo imperatore. 
 Napoleone Bonaparte è invece la storia di Jon Gudmundsson, un giovane contadino islandese che, cresciuto in una capanna sotto i ritratti appesi al muro di Napoleone e della regina Vittoria - gli unici personaggi storici di cui conosca l'esistenza - concepisce un giorno il desiderio di imbarcarsi per vedere il mondo e per fare grandi cose. Ritornerà povero e stracciato, convinto di essere il nuovo Napoleone Bonaparte e di aver riportato il cristianesimo in Danimarca scacciandovi i Turchi. Tutti lo tratteranno allora con delicatezza, curandosi di non spezzare la sua illusione.
 Pordur il vecchio zoppo è la storia di un pacifico operaio, lontano dalle ragioni del sindacato e impermeabile al marxismo - al contrario di tanti suoi colleghi - che, quando, nel novembre del 1932, la Giunta comunale di Reykjavik decide di ridurre i salari e di eliminare il sussidio di disoccupazione per "dare una lezione ai bolscevichi", si mette alla testa della sommossa dei lavoratori che chiedono di essere ammessi alla riunione dei consiglieri, e partecipa da protagonista ai tumulti noti come "Moti del Guttu", che costringeranno la Giunta a ritornare sui propri passi.

 Halldor Laxness

  La sconfitta dell'aviazione italiana a Reykjavik nel 1933 mette clamorosamente in ridicolo la tronfia prosopopea dei fascisti, che in Islanda nel 1933 approdarono davvero con 25 idrovolanti per fare scalo durante la traversata dell'Atlantico capitanata da Italo Balbo. Pavoneggiandosi con fare marziale nelle loro sgargianti divise, i fascisti italiani si trovano a scontrarsi casualmente con l'unico che nel Paese - notoriamente privo di un esercito - indossi un'uniforme elegante come le loro: un garzone d'albergo (che in Islanda viene chiamato familiarmente, con termine italiano, "piccolo"), Stefan Jonsson, capace di mettere ko l'arrogante capo-delegazione senza neppure sapere di chi si tratti.
 La Voluspa in ebraico parla di uno starno tipo, Karl Einfer, una sorta di bizzarro faccendiere capace di procurare ai suoi clienti qualsiasi cosa; da un massaggio a un dolce alla crema, dalla traduzione in aramaico di un antico poema a un corso di "spiritualità finanziaria", da un saggio grafologico a un premio internazionale (persino il premio Nobel per la letteratura!).
 Un'apparizione nell'abisso è ambientato in Sicilia, e mette in scena l'infatuazione di un giovane viaggiatore per una ragazza del luogo appena intravista attraverso le finestre di casa sua. Vi prevalgono atmosfere sospese e sognanti, e un lirismo attenuato dall'ironia che di tanto in tanto fa capolino fra le pagine.
 Il pifferaio consiste nel racconto - permeato di realismo magico - del rapimento di un giovane sguattero al servizio di una fattoria islandese da parte di un misterioso personaggio, dotato di un inverosimile cappellaccio, che porta sempre con sé un piffero racchiuso in un piccolo astuccio. Nel personaggio si può scorgere un riferimento allegorico neppure troppo mascherato ai tanti dittatori sanguinari che hanno funestato la storia del Novecento, capaci di incantare le masse e di tenere in ostaggio interi popoli
 Con Temucin torna a casa, il racconto che chiude la raccolta, si torna nell'estremo Oriente per narrare gli ultimi anni di vita del Gran Khan, sovrano di cui si parla rivolgendogli i più lusinghieri appellativi, ma che si rivela in realtà capace di compiere con serafica placidità i peggiori atti di sopraffazione nei confronti del prossimo, per il solo fatto di identificare la salute collettiva nella gloria della propria persona, come spesso fanno i potenti.
 Questo libro è un esempio perfetto di come, in Laxness, la linearità della narrazione contrasta fortemente con il suo contenuto, e la "facilità" dello stile si scontra con la problematicità delle questioni sollevate; si creano così effetti ora apertamente antifrastici ora raffinatamente patetici, che catturano l'immaginazione del lettore e rendono memorabile quasi ogni pagina.
 I racconti a mio parere più riusciti sono Pordur il vecchio zoppo e La sconfitta dell'aviazione italiana a Reykjavik nel 1933.

Voto: 7   

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