venerdì 9 dicembre 2016

Leonard Michaels, "Sylvia", Adelphi


 Uscito negli Stati Uniti nel 1992, e pubblicato solo ora in Italia, il romanzo autobiografico di Leonard Michaels - scrittore americano di origini ebraiche famoso soprattutto per le sue raccolte di racconti - narra la storia di Sylvia, la prima moglie dell'autore, e del loro tormentato rapporto d'amore e di dolore.
 L'incipit del libro è di per sé esemplare dello stato d'animo entro il quale di incrive la vicenda narrata:
"Nel 1960, dopo due anni di corsi postuniversitari a Berkeley, tornai a New York senza un PhD e senza alcuna idea di cosa fare, a parte il desiderio di scrivere".
 E' in questo clima emotivo di sospensione e d'attesa che, grazie alla comune amica Naomi, a casa di quest'ultima al Village, avviene il fatale incontro tra Leonard e Sylvia.
 Sylvia è bruna, svagata, sensuale; l'attrazione dell'uomo per lei è immediata e travolgente. Più della sensualità e della chimica erotica, però, a giocare un ruolo nell'innamoramento di Leonard è il carattere di Sylvia, il suo naturale anticonformismo, il suo atteggiamento sempre spiazzante, che trasforma fin dall'inizio le giornate con lei in una continua avventura.
 Il problema è che la ragazza è tanto morbosamente nevrotica quanto brillante e imprevedibile: la vita a due diventa presto un inferno, e il tentativo sempre frustrato di Leonard di rendere Sylvia felice, combinato con la caparbia e contraddittoria umoralità di lei, dà luogo a un perverso intreccio psicologico molto simile a una "folie 'a deux".
 Si parte con il rifiuto di Sylvia di visitare i genitori di Leonard e si arriva fino all'incapacità da parte della ragazza di sopportare il ticchettio della macchina da scrivere che accompagna i tentativi letterari dell'autore; gli scoppi d'ira di Sylvia si alternano a furiosi amplessi, che non rappresentano momenti di riconciliazione, ma seguono la logica di una coazione a ripetere gesti che mimano un ingannevole scambio di emozioni "forti", a cui si è assuefatti come a una droga (tanto che dal letto si passa poi, automaticamente, nella sala di un cinema, senza confrontarsi affatto sulle ragioni del precedente dissidio).

Leonard Michaels

 La rottura che sembra costantemente sul punto di consumarsi, tuttavia, viene continuamente procrastinata in nome di una sofferenza che non si vuole infliggere all'altro soprattutto perché verrebbe, di riflesso, personalmente avvertita come un proprio fallimento.
 La conclusione è tragica: quando Leonard è ormai sul punto di allontanarsi definitivamente da quella che nel frattempo è diventata sua moglie, Sylvia troverà la morte, portando fino in fondo un tentativo di suicidio che sembra quasi messo in atto per gioco, o come estrema, implicita richiesta di aiuto.
 Il romanzo è decisamente bello: nonostante sia stato scritto 25 anni fa, e narri vicende risalenti a 55 anni orsono, il suo passo è quello dei libri senza tempo.
 La scrittura è densa, analitica senza mai diventare pesante, e l'alternarsi del resoconto dei fatti steso a posteriori e delle pagine del diario di Leonard redatto praticamente in presa diretta determina un sovrapporsi di piani prospettici e di punti di vista che rende giustizia fino in fondo della complessità psico-emotiva della storia raccontata.
 In più, il libro ha il merito di restituire alla perfezione l'atmosfera di anni che preparavano una autentica rivoluzione copernicana della mentalità e dei costumi (quella che deflagherà col Sessantotto, inteso in senso più culturale che cronologico), mettendo in discussione anche ciò che in precedenza non poteva divenire oggetto di aperta riflessione e di pubblico confronto, in quanto protetto dall'impenetrabile riservatezza e circonfuso dell'ovattata vaghezza che avvolgeva tutto quanto faceva parte della sfera privata e famigliare, obbligatoriamente avvolta in un decoroso silenzio.
 Tutto molto americano: a tratti sembra di essere dentro un libro di John Updike.

Voto: 7

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