giovedì 1 dicembre 2016

Dario Fo e Giuseppina Manin, "Dario e Dio", Guanda


 L'ultimo libro pubblicato in vita da Dario Fo (in occasione dei suoi novant'anni) è, in realtà, un libro-intervista, ma di un tipo tutto particolare: la giornalista Giuseppina Manin pone a Fo delle domande sul suo rapporto con Dio, con la religione, coi Vangeli; e Fo, come suo stile, risponde debordando e divagando, senza mantenersi mai entro i binari di un'intervista convenzionale. Così produce aneddoti su aneddoti, si burla di ogni cosa, persegue a bella posta l'irriverenza patente, dice e si contraddice senza dare troppo peso alla cosa.
 Alla domanda fondamentale Fo risponde subito: no, non crede in Dio, anche se spesso gli piace rivolgersi a lui come se ci fosse e avesse le caratteristiche proprie del Dio dei cattolici. Più che altro, ciò da cui è attratto è lo spirito essenziale e originario del cristianesimo, e i racconti che intorno ad esso si sono sviluppati; non solo e non tanto quelli ufficialmente approvati dalle istituzioni ecclesiastiche, quanto quelli - spesso assai stravaganti - contenuti nei Vangeli apocrifi (da cui del resto, come è noto, il premio Nobel attinse a piene mani per la redazione della sua opera più nota, Mistero buffo).
 Come è facile immaginare, assai critico è l'atteggiamento di Dario Fo nei confronti delle gerarchie in cui la Chiesa si sostanzia, ma la critica non diventa mai attacco frontale né polemica teologica, e si risolve invece in allegro sberleffo. La tendenza è al massimo quella di sottolineare l'aspetto curioso, bizzarro o inverosimile di tutto ciò che l'ortodossia religiosa, con serioso rigore, considera dogma indiscutibile, Verità sacra.  
 Fra i santi e gli uomini di Chiesa, naturalmente, vi sono anche coloro per cui il premio Nobel manifesta il massimo rispetto: prima di tutto san Francesco, figura rivoluzionaria capace di elaborare un atteggiamento nuovo verso la vita e il mondo, ridotta spesso dal Vaticano a caricatura di un pauperismo ingenuo e puerile, buona per le immaginette; e poi il suo omonimo papa Francesco, il Pontefice attuale. Di papa Bergoglio Fo apprezza non solo il buon senso e il sano pragmatismo, ma anche e soprattutto l'attenzione verso l'ambiente e i problemi ecologici (in un mondo in cui la questione ambientale è destinata a diventare sempre più centrale), e la netta presa di distanza nei confronti della tradizionale misoginia cattolica. 

Dario Fo e Giuseppina Manin 


 Proprio la rilettura della storia del Cristianesimo alla luce di una rivalutazione dell'essenza femminina è probabilmente il contributo più originale che da questa intervista può derivare dal punto di vista filosofico. 
 Per Fo, l'idea stessa della donna è stata per secoli elusa dal Cristianesimo, che non ha saputo trovare alla versione femminile dell'essere umano una degna collocazione all'interno della propria visione del mondo; e questo, per il drammaturgo (che faticava persino a concepire se stesso disgiunto dalla sua metà femminile, Franca Rame), è un peccato mortale.
 Forse l'idea più bella che da questa critica proviene è la proposta di considerare la terza persona della Trinità, lo Spirito Santo - di solito ridicolamente rappresentato dall'iconografia ufficiale come una candida colomba - alla stregua di una donna: una donna, madre sorella o amante, capace di trasformarsi in veicolo universale della femminilità intrinseca del divino.
 Basta questo lampo creativo a riscattare dalla generale mediocrità una lettura invero non eccezionale.

Voto: 6- 

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