domenica 15 gennaio 2017

Fredrik Backman, "L'uomo che metteva in ordine il mondo", Mondadori


 Pubblicato un paio di anni fa, questo romanzo svedese (ben tradotto da Anna Airoldi) è un tipico esempio di quel transrealismo che, con varie sfumature, è una delle modalità espressive privilegiate dalla narrativa scandinava dell'ultimo periodo.
 Si tratta di un approccio al reale che, adottando di preferenza un punto di vista interno, e presentando personaggi leggermente straniati rispetto al mondo circostante e a una società basata su convenzioni che trasformano la vita quotidiana in qualcosa di simile a una brillante rappresentazione teatrale, opera su un registro prevalentemente comico, contando su uno stile lieve e vivace; ma quando il velo delle convenzioni cade, si palesa la sostanza malinconica dell'esistenza umana, di fronte alla quale i personaggi appaiono inesorabilmente nudi e soli. 
 A differenza di quello che accade - ad esempio - nell'ambito dell'umorismo di matrice pirandelliana, però, il "sentimento del contrario" non conduce a una visione del mondo profondamente pessimistica, e la cupezza non prende mai definitivamente il sopravvento; la vita ricomincia presto a scorrere con la sua multiforme varietà, i suoi chiaroscuri, la sua inesauribile capacità di mascherare e obliterare con la levità tristezze e dolori. 
 In questo caso il libro è tutto imperniato sull'originalità del protagonista, Ove, un uomo di cinquantanove anni, burbero, metodico, amante dell'ordine, che vive in un tranquillo quartiere residenziale e guida una Saab; anzi, non ha mai guidato - e mai guiderebbe - auto di un'altra marca.
 Ogni giorno, Ove si alza presto e, indossata la sua giacca blu e un paio di zoccoli di legno, comincia il giro del quartiere, armato di un taccuino, a rilevare qualsiasi cosa si trovi fuori posto: viali sporchi, biciclette appoggiate contro il muro del deposito, auto parcheggiate dove non dovrebbero essere.
 Ove è orgoglioso della sua abilità nel riparare qualsiasi dispositivo meccanico e della sua capacità di progettare e costruire case, e disprezza i nerd dell'informatica, gli impiegati incravattati, le camicie bianche dei pubblici funzionari dei servizi sociali. Ove non ama i cani e sopporta a malapena i gatti, specie quel randagio spelacchiato che si aggira all'alba intorno a casa sua.

 Fredrik Backman

 Ove è un uomo tutto d'un pezzo, che non tollera l'approssimazione e l'esibizionismo, e non vuole essere disturbato da vicini importuni, chiassosi, strambi, diversi, incompatibili con le sue abitudini: come Patrick, il tipo biondo, alto e goffo che ha danneggiato la cassetta delle lettere facendo maldestramente retromarcia con la sua auto giapponese nel vialetto vietato al transito dei veicoli a motore, e che vive nella casa di fronte con le due figlie e Parvaneh, la moglie dalle fattezze mediorientali, visibilmente incinta del loro terzo pargolo; o come Jimmy, il ragazzo obeso della villetta accanto alla sua, che passa per un mago dei computer ma riesce a stento badare a se stesso; o come Adrian, il giovane tatuato che gli consegna la posta, lavora come cameriere in un bar, è innamorato di una ragazza del vicinato e pare non sappia cosa sia l'educazione... Solo con Rune, il marito di Anita, Ove un tempo andava d'accordo nonostante guidasse una Volvo e non una Saab; ma poi Rune - mettendo in atto quello che Ove ha vissuto come un vero e proprio colpo di Stato - ha votato perché l'amico fosse rimosso dalla Presidenza dell'Associazione dei Residenti e, come se non bastasse, ha smesso di guidare Volvo per comprare una Bmw!
 A ben vedere, Ove mostra verso chiunque un atteggiamento così critico e scostante che si può credere che solo sua moglie riesca a sopportarlo.
 La verità, naturalmente, è più complessa di così. Ove è sì burbero e poco conciliante, odia il disordine e fa di tutto per tenere lontano il prossimo; ma vuole stare solo perché sta cercando la tranquillità necessaria per portare a termine il suo progetto, cioè togliersi la vita nel modo più pulito e meno traumatico possibile.
 Infatti sua moglie Sonja, bellissima donna dalla risata cristallina, apprezzata insegnante di lettere in una scuola della città, è morta sei mesi prima, e Ove ha promesso di raggiungerla al più presto.
 Prima prova a impiccarsi a un gancio con una corda che risulta difettosa, poi tenta con il gas, in seguito accarezza l'idea di ricorrere a un fucile o a un tubetto di medicinali, ma qualcuno dei vicini invadenti arriva sempre a interromperlo sul più bello con qualche strampalata richiesta di aiuto; e Ove, che fin da bambino è stato educato dal padre a fare semplicemente e senza trovare scuse ciò che è giusto, con tutta la sua musoneria, non riesce a dire di no a chi ha bisogno di lui.
 Del resto Sonja, se davvero lo sta aspettando da qualche parte, non potrà non capire: anche lei è stata assistita amorevolmente da Ove per quasi tutta la loro vita in comune, da quando, più di trent'anni prima, durante una vacanza in Spagna, un incidente automobilistico l'ha ridotta su una sedia a rotelle, facendole perdere il bambino di cui era incinta e, con esso, la capacità di procreare e di essere autonoma.
 Il lettore, condotto per gradi alla scoperta del carattere scontroso e generoso di Ove è così infallibilmente conquistato da un personaggio che riesce a essere tutto positivo senza scadere nella melensaggine, che appare quasi fiabesco senza risultare irrealistico.
 Il protagonista, con la sua bonaria rudezza - sostanziata con abilità dall'autore - si presta a diventare una sorta di archetipo nordico del burbero benefico, e finisce per rendere quest'opera, di per sé piacevole e brillante ma forse non eccezionale, direi quasi memorabile.

Voto: 6,5           

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