In un periodo in cui, in Italia,
la scrittura narrativa sembra dominata da un diffuso manierismo, per trovare
opere caratterizzate da un tratto di autentica originalità tocca rivolgersi a
quei pochi autori che portano avanti uno sperimentalismo letterario degno di
questo nome; magari prediligendo, nella loro produzione, la qualità
all’abbondanza.
Per questo oggi ho deciso di
parlare di uno dei miei scrittori preferiti, Michele Mari, presentando un libro
da lui pubblicato nel 2010: Rosso Floyd.
Mimando ironicamente il titolo di
un libro di Roberto Calasso (Il rosa
Tiepolo) pubblicato poco prima del suo, Mari reinterpreta in chiave
fantastica e misterica la carriera dei Pink Floyd, il gruppo musicale che ha
portato la musica psichedelica a toccare vertici altissimi, e che ha creato pezzi
che ne hanno fatto la band forse più nobile della storia del rock.
Il libro è impostato come
un’inchiesta, o meglio un’istruttoria – coordinata da un giudice invisibile –,
alla quale danno il loro contributo le voci di vari personaggi, celebri o
sconosciuti, reali o immaginari, viventi o trapassati.
Ciascuno di essi, con la propria
testimonianza, con la propria confessione, con la propria lamentazione, con le
proprie esortazioni o con i quesiti che pone, cerca di mettere a fuoco alcune
questioni essenziali: da dove deriva l’irripetibile magia della musica dei Pink
Floyd? Quale straordinaria amalgama ha portato a una fusione tanto perfetta di
testi e musica, rendendoli capaci di mantenere i medesimi, inarrivabili
standard anche quando gli autori dei pezzi cambiavano? Da dove provengono i
sottili riferimenti culturali, i tic, gli scherzi, i polisemici appigli
interpretativi che le loro canzoni presentano?
Michele Mari
La tesi che sembra emergere dai
tanti punti di vista e dalle tante opinioni che si sommano, si scontrano e si
rincorrono è sbalorditiva, affascinante e inquietante al contempo: a ispirare
tutta la produzione dei Pink Floyd sarebbe stato Syd Barrett, “diamante pazzo”,
colui che fu l’anima del gruppo ai suoi esordi, ma ne fu in seguito escluso
dopo aver perso la ragione, si dice, per via dell’abuso di acidi.
Alla sua presenza-assenza i Pink
Floyd ritornano continuamente nelle loro canzoni; a lui è palesemente dedicato
il loro album capolavoro, Wish you were here,
e la canzone capolavoro di quell’album, Shine
on you crazy diamond; lui avrebbe guidato quasi telepaticamente David
Gilmour e Roger Waters, i “gemelli siamesi” − il Lirico e il Musico dei Pink
Floyd −, dettando loro, secondo le proprie inclinazioni, musica e testi.
Altrimenti, come spiegare il fatto che l’immaginario dei Pink Floyd è rimasto,
per oltre vent’anni dopo l’uscita di scena di Syd Barrett, puramente, incontestabilmente
barrettiano?
Nell'ottica di Mari, l'ipotesi impossibile, sconfinante nel paranormale, si trasforma infine in una visione tipicamente floydiana: due creature infernali, il "mostro fluido" e il "mostro rosa", unite in un unico corpo, che si tormentano, si azzannano, si graffiano reciprocamente, facendo scorrere un sangue che è passione e vita.
Voto: 8
Nessun commento:
Posta un commento