domenica 5 febbraio 2017

Fernando Acitelli, "La solitudine dell'ala destra. Storia poetica del calcio mondiale", Einaudi


 L'epica ha sempre fatto parte del racconto delle imprese dei campioni sportivi, contribuendo non di rado in maniera decisiva a determinare la fortuna di questo o quell'atleta presso il pubblico, e la durata del suo mito nel tempo.
 Ciò che rende possibile l'innescarsi di un processo simile, naturalmente, è il fatto che lo sport rappresenta un rito collettivo ad alta partecipazione sociale, in cui ogni singolo gesto è passibile di una trasfigurazione simbolica.  
 In quest'ottica, talvolta capita persino che il racconto dei protagonisti dello sport e delle loro gesta travalichi i confini della cronaca effimera per sconfinare nei più nobili territori della letteratura. Perché questo avvenga, occorrono però almeno tre ingredienti: una storia e dei personaggi degni di nobilitazione letteraria, una penna capace di operare la magia, e un pubblico che ne sia testimone consapevole. 
 Negli ultimi anni tanti giornalisti, scrittori, autori televisivi hanno provato a rielaborare letterariamente vicende sportive a volte lontane nel tempo, a volte a noi molto vicine, con risultati in verità altalenanti. Paradossale è che l'esito dell'operazione è sembrato spesso deludente quando il tentativo ha riguardato lo sport da noi più popolare - il calcio e i suoi campioni - specie nei casi in cui ci si avvicinava molto all'età contemporanea.
 Da appassionato di sport in generale e di calcio in particolare (come la maggior parte degli italiani, del resto), mi sono chiesto perché questo avvenga: manca un pubblico sufficientemente consapevole, mancano autori abbastanza in gamba, o semplicemente il gioco del calcio, oggi, è incompatibile con la poesia, perché si è trasformato in uno show banale, ad alto tasso di spettacolarità ma a bassa gradazione di umanità, dove i migliori giocatori assomigliano alle maschere di un videogioco più che ad eroi in carne e ossa?
 E' difficile resistere alla tentazione di affermare che quest'ultima opzione pare la più plausibile; non tanto per colpa della presunta ottusità dei calciatori, quanto per la trivializzazione del contesto in cui essi operano. E' inutile girarci attorno: l'esasperazione di tutti quegli aspetti che rendono il calcio un florido business ha in parte obliterato il fascino del rito sportivo, e trasformato i calciatori in marchi commerciali o in piatte sagome d'ingombro.
 Certo, la realtà è sempre un po' più complessa di queste generalizzazioni. Eppure, mi è capitato di recente di rileggere una raccolta di poesie pubblicata da Fernando Acitelli quasi vent'anni fa, La solitudine dell'ala destra; e la gamma di emozioni suscitata dalla combinazione dei ritratti poetici dei calciatori vergati dall'autore, e dei miei personali ricordi è stata di una tale varietà e di una tale intensità da superare tutte quelle provate negli ultimi tempi guardando il calcio e leggendo di calcio.
 Ricordo che all'uscita del libro qualcuno scrisse felicemente che una delle cose migliori era l'indice posto in coda al testo: un lungo elenco di calciatori. E in effetti basta sgranare quel rosario di nomi per sentire qualcosa di simile a un moto di gioia mista a un pizzico di malinconia.
 La raccolta consta di 181 ritratti poetici di calciatori attivi tra gli anni venti e gli anni novanta del Novecento, divisi in sette sezioni: Prologo con pionieri (gli anni venti e trenta), Uscì piangendo dal Maracanà (i tardi anni quaranta e gli anni cinquanta), Bacio dorato alla Rimet (grossomodo gli anni sessanta), Lancio wagneriano (gli anni settanta), Alle spalle di Schumacher (gli anni ottanta), Si fa presto a dire Baggio (gli anni novanta) e, da ultimo, I sommersi salvati (dedicata a una serie di calciatori "minori" attivi per lo più tra gli anni settanta e i primi anni ottanta).
 Le poesie non sono tutte di livello altissimo: la metrica talvolta zoppica senza che vi siano motivi tematici o strutturali a giustificare un andamento scazonte; vi sono dei ritratti molto prosaici, che non rendono giustizia ai personaggi a cui sono dedicati, e versi (o intere strofe) che rappresentano delle vere e proprie stonature nel contesto in cui sono inseriti.

Fernando Acitelli

 Però vi sono anche componimenti che propongono formule capaci di attagliarsi alla perfezione al personaggio che designano, giri di frase in grado di coglierne l'essenza e di far scattare la scintilla della poesia vera; passi che risultano addirittura commoventi, quando sanno mettere a fuoco come mai prima l'immagine di calciatori che magari fanno parte dei nostri ricordi d'infanzia, o di cui abbiamo tanto sentito parlare senza mai vederli giocare, o che conosciamo soltanto di nome: figure che riemergono dalle nebbie del passato e che ci diventano subito care, in nome della passione per il gioco da una parte e dell'incisiva bellezza della parola scritta dall'altra.
 Penso all'oriundo argentino Luisito Monti (che Gianni Brera considerava il boia personale di Vittorio Pozzo) - "Centurione della Pampa" -; a Giampiero Combi (portiere della Juventus dei cinque scudetti e dell'Italia Campione del mondo nel 1934) - "Elogio delle ginocchiere" -; a Felice Levratto (grande ala sinistra del Vado e del Genoa, in grado, si diceva, di sfondare la rete con la potenza del suo tiro) - "Il tuo volto è puro / come quello d'un fattore / all'alba" -; a Renato Cesarini (che diede il nome alla famosa Zona Cesarini, con l'abitudine di fare gol negli ultimi minuti delle partite che disputava) - "sei un brivido elegante, / una festa che all'alba si fora, / il congedo e la risata in fumo / poco prima dei saluti" - ; a Silvio Piola - "Sorriso tardo-sabaudo: / civismo e lealtà / perfino nella capigliatura" -; al grande  portiere spagnolo Ricardo Zamora - "Surreale nel basco, / quasi salottiero in campo".
 Le poesie dedicate ai "classici" del nostro calcio si giovano spesso di frasi che, come in un bassorilievo, ne definiscono le caratteristiche in mirabili chiaroscuri: si veda Niels Liedholm - "Stoccate d'eleganza / dentro e fuori" -; Benito "Veleno" Lorenzi - "E' un sorriso proibizionista / che in roventi meriggi neroazzurri / vìola in fuga posti di blocco"; Giampiero Boniperti - "il cui volto / nulla aveva dell'emigrante, / sì invero d'un cantore secentesco" -; Pelé - "Equivoco metafisico, / impensabile corredo / cromosomico"; Omar Sivori - "Irridi il mediano, il tornante, / il mastino, il terzino; / rendi ischemico il portiere / e in rete appoggi il pallone" -; Bobby Moore - "studente liceale / conscio di grammatica / e atti puri" -; Bobby Charlton - "Impegnato ad accudire / il riporto dei capelli, / a custodire la soave cupola / delle magistrali inzuccate / a rete" -; George Best - "Basetta sassone, / palleggio virile, / pirata numero undici" -; Luisito Suarez - "Nato trentenne / e ben scriminato / pur in una chioma / a inganno" -; Tarcisio Burgnich - "Cappellano militare. // Prodigioso ora et labora / negli stadi del mondo" -; Jair - "In notturna / il contropiede / è da Hitchcock" -; Mario Corso - "Inceneritore d'Accademie" -; Giacinto Facchetti - "Etica dell'alpino. // Profilo intarsiato / nei rifugi dolomitici" -; Giacomo Bulgarelli - "Sorriso da fuoriclasse" -; Giancarlo De Sisti - "Generoso e leale, / volto di sincerità" -; Gigi Meroni - "quadretti felici di gol in fuga" -; José Altafini - "Veterano che in disincanto segna".
 Molti dei pezzi migliori sono dedicati ai campioni degli anni settanta e ottanta: qui il bassorilievo tende a definirsi ancora meglio, a diventare addirittura scultura a tutto tondo, o a evolversi in azione animata. Possiamo citare Gigi Riva - "Copia romana / d'eroe greco, / allineato in sale / pompeiane accanto / a dèi propizi. // In dono a te fu data / la saetta e la forza / nei vortici di sfida" -; Roberto Boninsegna (per lui, davvero, una delle poesie più belle) - "Gringo da duello al sole. / Volto poco raccomandabile / ma bello. // Caos d'irripetibile centravanti: / grintoso, furioso, estroso, / litigioso. Nessuno temevi, / neppure fuori casa. // In acrobazia vedevamo in te / un angelo del Masaccio / annunciante doni" -; Berti Vogts - "Celtico nano, figlio d'oste / e garzoncella in scorci luterani: / sputi rabbia sul pallone / e lo spizzi centrando la tibia" -; Franz Beckenbauer - "Godi alla visione / estetizzante / e al tuo lancio / wagneriano" -; Gerd Muller - "da homo erectus, spizzando / segnavi tra folle di terzini" -; Johann Cruijff - "Colonizzatore / di vaste metà campo / di aree di rigore / altrui e proprie" -; Paolo Sollier (uno dei Sommersi salvati) - "Triste come un consiglio di fabbrica / in un pomeriggio d'inverno, / tra un palleggio e un collettivo politico / sogni dittature proletarie e coi gol / richiami alla lotta di classe" -; Grzegorz Lato - "Esteticamente riferibile / a partite tra villeggianti. // La scorza della precarietà / lievemente riscattata / dalla velocità" -; Daniel Alberto Passarella - "Un tenente che sa quel che vuole / in una cricca sudamericana" -; Romeo Benetti - "Grand'ufficiale finito male, / pensieroso tra i carriaggi a Jena, / sotto urla insanguinate / e dettature a voce alta" -; Vincenzo D'Amico - "Vincenzo D'Amico / è un quadernetto / di trenta grandi poesie / scritte a vent'anni" -; Luciano Chiarugi - "La catenina seguiva / le onde dei dribbling".
 E ancora: Lionello Manfredonia - "Antico romano, / sangue della decadenza, / leale per crudeltà, / vegli ogni lembo di territorio, / dai marmi del Senato ai confini dell'Impero, / e ti disponi al sacrificio" -; Bruno Conti - "Una secentesca beffa ai regnanti / con tanto di schioppo e ferita" -; Paolo Rossi - "Monello del Collodi, / eterno oratoriale bimbo, / emigrato a genio / nel soffio d'una estate" -; Giancarlo Antognoni - "Figliolo di città-fazione, / d'un campanile ricco di notari, / messeri, pictori et speziali" -; Leovegildo Junior - "Volto da pastore metodista" -; Tonino Cerezo - "Ciondolante, assonnato / come un proprietario terriero / sotto il capanno" -; Paulo Roberto Falcao - "Mitraico di culto, poi cristiano / quindi di nuovo mitraico".
 Per gli assi dei tardi anni ottanta e degli anni novanta, i ritratti sono compendiati da versi come graffi o pennellate: come per Marco Van Basten - "Avventuroso pilota della RAF, / gioioso dopo incursioni / sulla Manica" -; per Ruud Gullit - "Adagiato su botti di rum, / in uno scorcio di '700, / con agilità e bellezza in posa / sei lo spot nel Mar delle Antille" -; per Roberto Mancini - "Ufficialetto napoleonico, / abilitato ai colpi di tacco / e alle risse portuali" -; per Salvatore Schillaci - "Sbucato da una novella / del Verga, giustizia chiedi / con la verità negli occhi" -; per Billy Costacurta - "fosti il prototipo / della bellezza aziendale, / cattiveria mista / a solidarietà after-shave" -; per Dejan Savicevic - "Slava tradizione orale" -; per Zvonimir Boban - "Volto di Tolstoj giovane, / mite ufficiale a Sebastopoli" -; per Alexi Lalas - "In quel socialismo / tutto americano / che sa coniugare / NBA e Carlo Marx, / I WANT YOU FOR THE ARMY / e Nashville, tu, estetico / vagabondi per il mondo" -; per Abel Balbo - "Alla Corte estense / o anche medicea / un viso così sarebbe quello / d'un pittore" -; per Alessandro Del Piero - "Bimbo febbricitante, protetto / in dorate stanze da doni paterni / e balocchi".
 La magia fiorisce quando una poesia non solo racchiude l'essenza del personaggio che descrive, ma lo proietta anche su uno sfondo inatteso, facendone meglio spiccare i contorni, e aggiungendo qualcosa di nuovo e originale al suo inquadramento estetico: accade ad esempio per l'indimenticabile Gaetano Scirea - "Gentiluomo ottocentesco / nobile del Lombardo-Veneto / in quegli ovali dei tempi / del Pellico, tra vendite / carbonare e finte sabaude. // Compostezza del Balbo. // Nitide righe d'amanuense, / le tue geometrie. // Copernicano e umanista. // La tua lealtà riluce / pur quando gli assedianti / in crudeltà eccedono." -; e anche per Klaus Augenthaler - "Fuoriuscito dalla Guerra dei Trent'anni, /  t'allineasti su sentieri di sbronza / a fronteggiar agguati palatini, / brandeburghesi, protestanti, cattolici / e della marca luterana. // Nei tornei d'Europa / il tuo volto / fu l'effigie del saccheggio, / l'alito dello stupro. // Era sui cross dal fondo / che rammentandoti dei lanzichenecchi / ponevi a ferro e fuoco l'inoffensivo / bargello".
 La poesia più bella in assoluto, però, per me è quella dedicata a Roberto Bettega:

Bettega è l'inverno
che va in gol.

E' la neve al derby
e il gol di tacco a Cudicini
(guardando la televisione
a sinistra).

Bettega è la maglia azzurra
senza fronzoli: numeri in eccesso,
nomi, cognomi. Vedremo pure
il codice fiscale?

Bettega è la maglia azzurra:
le braccia conserte nella foto
di gruppo.

Voto: 7  

Nessun commento:

Posta un commento