sabato 11 novembre 2017

Herman Koch, "Il fosso", Neri Pozza


 Libro capace di riscuotere un notevole successo di pubblico e di critica in Olanda, Il fosso è un romanzo che in verità a me pare tanto ambizioso nella sua concezione quanto malriuscito nella sua realizzazione. 
 Protagonista, narratore e detentore unico del punto di vista del racconto è Robert Walter, Sindaco di Amsterdam - città per molti versi simbolo del rispetto delle libertà democratiche, del progressismo ambientalista e della predisposizione all'apertura culturale -, che un giorno cade preda di una serie di ossessioni che gli fanno perdere la capacità di mantenere uno sguardo lucido sulla realtà. 
 La causa scatenante del suo deragliamento dall'esercizio della costanza della ragione è il sospetto che la moglie Sylvia, una bellezza esotica proveniente da un Paese più povero e meno "progredito" dell'Olanda (di cui però non si rivela la precisa dislocazione geografica), lo tradisca con uno dei suoi assessori, Maarten van Hoogstraten, personaggio piuttosto insulso, quasi ottuso nella sua incrollabile convinzione che il futuro della produzione energetica risieda nello sviluppo delle centrali eoliche.
 L'osservazione occhiuta e l'analisi minuziosa fino alla paranoia degli atteggiamenti e delle parole della consorte conducono gradualmente Robert Walter a smarrire la facoltà di attribuire il giusto peso a tutto quanto gli accade intorno; persa una articolata capacità di discernimento su eventi e persone, nelle opinioni del protagonista finiscono per riaffiorare i pregiudizi, i luoghi comuni, le bizzarre fantasie e le false credenze che albergano nella coscienza di ciascuno di noi.
 Così, Sylvia, agli occhi del marito, diviene una femmina astuta in grado di esercitare quella capacità di dissimulazione che, per molti olandesi di media cultura, è caratteristica precipua della sua gente; e il brutto incidente in cui una sera incorre Van Hoogstraten tornando a casa in bicicletta, per il Sindaco, nasconde con ogni probabilità un pestaggio che l'assessore ha subito per vendetta da uno dei fratelli di Sylvia dopo uno screzio con la sua amante.
 Ma il delirio del protagonista non riguarda solo Sylvia: accecato dalla gelosia, infatti, Robert Walter viene disancorato dalla realtà effettuale tanto da non rendersi conto della serietà e della gravità delle intenzioni dei suoi anziani genitori quando esprimono il desiderio di porre volontariamente fine alla propria vita mentre sono ancora in forze, per scansare le conseguenze più spiacevoli - per sé e per gli altri - del processo di invecchiamento. 

 Herman Koch

 Anzi, Robert arriva quasi a condividere e ad approvare il proposito del padre e della madre; salvo poi trovarsi completamente spiazzato dal maldestro tentativo di suicidio da essi messo in atto. Paradossalmente, a morire sarà la madre, la meno convinta dei due della strada intrapresa; il padre novantacinquenne, invece, miracolosamente sopravvissuto all'ingestione di una dose abnorme di barbiturici, ritroverà la voglia di vivere e persino di guardare le donne.
 Fluttuando sulla propria inedita incapacità di comprendere il mondo, Robert si farà stregare dalle fantasiose teorie di un amico fisico che, scoprendo di essere prossimo alla fine per via di un male incurabile, gli confida di credere all'esistenza di una sorta di mondo parallelo da cui i defunti, superando lo schermo della morte, possono lanciare dei messaggi ai vivi; penserà così di riconoscere sua madre in uno dei tordi che ella tanto amava disegnare in vita.
 Privo ormai di qualsiasi bussola gnoseologica, Robert Walser abbandonerà la carriera politica e il suo stesso Paese natale per trasferirsi con Sylvia nella patria della moglie; qui, seduto su una collina insieme al cognato, presso un fosso fuori dal villaggio, un tempo teatro di innominabili violenze, avrà finalmente il privilegio di entrare sensibilmente in contatto con il sostrato irrazionale e istintivo sotteso a tutte le nostre convinzioni. Solo dopo essere divenuto consapevole della sua insopprimibile esistenza, imparerà a dominarlo dentro di sé, per trovare con Sylvia una serenità nuova. 
 Il testo è articolato in maniera piuttosto discutibile: l'intreccio dei diversi filoni narrativi, interrotti e ripresi continuamente, suscita una certa perplessità; l'insistenza su taluni argomenti (la tendenza del padre a correre dietro alla donne a più di novant'anni, l'avversione del Sindaco per le pale eoliche, ecc.), sebbene voglia forse tematizzare le ossessioni del protagonista, rischia a tratti di rendere la lettura assai noiosa; la scrittura, pervasa di una forma di umorismo con sfumature surreali (quel "transrealismo" - come ho avuto occasione di definirlo altrove - tipico della letteratura scandinava e nordeuropea), non è sempre sapientissima, e può apparire persino stucchevole, tanto più che spesso difetta di ritmo; i personaggi mancano totalmente di credibilità, senza per questo acquisire la forza metaforica delle figure paradossali.
 Insomma, il tentativo di interpretare in chiave narrativa la scoperta della fragilità delle basi su cui è costruito il mondo occidentale, razionale, laico, democratico, relativista, tendenzialmente progressista (un tema non estraneo al libro di Calasso che ho recensito la scorsa settimana), in questo romanzo, naufraga miseramente.

Voto: 5

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