sabato 4 novembre 2017

Roberto Calasso, "L'innominabile attuale", Adelphi


 Roberto Calasso costruisce questo libro secondo i modi dello stile che più gli è congeniale, e che potremmo definire saggismo rapsodico: osservazioni, riflessioni e citazioni vengono via via accostate e combinate come preziose tessere musive di colori e materiali diversi, secondo uno schema del tutto originale, fino a comporre un disegno non sempre perfettamente intellegibile - e talvolta persino stravagante -, ma straordinariamente suggestivo, denso di significati reconditi e ricco di echi e di rimandi colti; una sorta di fantasmagorica proiezione letteraria dell'elusività del reale di fronte alle strette di un approccio analitico.
 Quando il tema trattato appare per così dire non necessario, uno stile siffatto rischia di assomigliare a un gioco fine a se stesso, e può dare l'impressione di esprimere la quintessenza dello snobismo; ma quando - come in questo caso - l'analisi dà vita, anziché ai volteggi di una danza rituale, a un corpo a corpo con la realtà in cui talvolta arriva a lasciare i segni delle proprie zampate sulla carne viva del mondo (che pure resta in larga parte inafferrabile), i bagliori di questa prosa lampeggiante possono svelare squarci di pura conoscenza.
 Il libro è diviso in due parti, con l'aggiunta di una coda conclusiva: la prima parte, intitolata Turisti e terroristi, esplora i sentieri impervi e sdrucciolevoli di un presente attraversato da sconcertanti contraddizioni, in cui il terrorismo (inevitabilmente soprattutto di matrice islamica), da una parte, si oppone a quel precipitato della società fondata sul laicismo che è l'homo secularis; dall'altra ne accompagna il percorso che conduce a gradi sempre maggiori di fragilità antropologica, sancita dalla diffusione di mentalità, abitudini e principi segnati dalla labilità, dall'inconsistenza e a volte persino dall'insignificanza.
 L'opposizione si fonda sull'affermazione dell'assoluta pregnanza del senso del divino che pervade il terrorista, che si sacrifica per uccidere gli infedeli, al cospetto di coloro che hanno di fatto espulso il divino dal proprio mondo, basando la propria "religione" sulla scienza; al contrario, la contiguità fra quelle due sensibilità tanto distanti è espressa da modalità operative che conducono il terrorista ad affidarsi al caso nella scelta delle proprie vittime, portando alle estreme conseguenze gli insegnamenti contenuti nel Catechismo del nichilista Nacaev.
 Del resto - nota Calasso - l'esplosione del terrorismo estremistico come oggi lo conosciamo, curiosamente, coincide in larga parte dal punto di vista cronologico con la diffusione della pornografia via web; quasi che il primo costituisse la naturale reazione alla reificazione dei contenuti di una diffusa sensibilità tradizionale che la seconda comporta.
 Anche la risorgente avversione per la democrazia e i suoi riti si può interpretare come reazione alla scomparsa del senso del sacro determinata dalla diffusione del laicismo e del modello dell'homo secularis: il sacro, infatti, è tradizionalmente percepito come "contenuto in sé", mentre la democrazia trova la sua sola possibile legittimazione nel rispetto di una serie di procedure formali che, in un certo senso, sostituiscono il contenuto, perché diventano esse stesse "contenuto".

 Roberto Calasso

 Questi differenti spunti suggeriscono tutti insieme come l'approccio alla conoscenza basato sulla discontinua definizione di quantità discrete - su cui la scienza moderna si impernia e a cui l'imponente digitalizzazione dei dati tuttora in corso si appoggia - sia contrapposto alla continuità "analogica" del sapere umanistico tradizionale, lo spirito del quale è stato ormai quasi completamente estirpato.
 E il fatto che, nel sapere contemporaneo, il datismo (la disponibilità, cioè, di un numero enorme di informazioni classificate ma fra loro irrelate consentita da Big Data, che non contempla spiritualità alcuna) abbia sostituito il dadaismo (che predicava l'assoluta libertà dello spirito) non può che dare un tremendo senso di vertigine; al pari del fatto che l'unico strumento disponibile capace di orientare le nostre scelte e di influenzare i nostri sentimenti pare essere diventato la pubblicità, nelle sue varie forme.
 La seconda parte del libro è invece intitolata La Società Viennese del Gas, ed è posta di fronte alla prima come una sorta di specchio rovesciato. Essa riporta voci, punti di vista, sensazioni di vari personaggi immersi nel flusso degli avvenimenti che si susseguirono in Europa fra il 1933 e il 1945: gli anni in cui "il mondo ha compiuto un tentativo di autoannientamento, parzialmente riuscito".
 Calasso nota come quello che venne dopo la chiusura di quella fase storica "era informe, grezzo e strapotente"; mentre ciò che ci si presenta nel nuovo Millennio è a sua volta "informe, grezzo e sempre più potente".
 Il rapporto che si intende stabilire fra il presente e il periodo che si aprì con l'ascesa al potere di Adolf Hitler e si chiuse con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, dunque, pare essere duplice: da una parte la contemporaneità riproduce le inquietudini e le tensioni che caratterizzarono gli anni da incubo dell'Anteguerra e della Guerra; dall'altra, quello che accade oggi è interpretabile come l'estrema conseguenza di quel processo catastrofico.
 Mentre con la prima parte del libro il lettore ha la sensazione di cadere preda di un vortice senza fine di stimoli dal quale rischia di essere travolto, la seconda parte ha un effetto quasi ipnotico, e si è portati a seguire ciò che viene raccontato dai numerosi testimoni citati con un raggelante senso di ineluttabilità.
 Infine la terza parte, la "coda" del libro (intitolata Avvistamento delle torri), è il racconto di un sogno di Baudelaire, annotato su un foglietto oggi conservato alla Biblioteca Jacques Doucet, in cui, con terribile, macabro realismo, si descrivono gli effetti che avrebbe il crollo imminente di una immensa torre: la torre, in realtà, non è ancora crollata, ma già si prefigurano le agghiaccianti conseguenze del suo collasso.
 La nota sembra profetizzare con spaventosa precisione il crollo delle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001; nello stesso tempo, però, si ha la sensazione che parli di qualcosa che ancora deve accadere, senza che questo venga esplicitato in alcun modo.
 La lettura de L'innominabile attuale è terribilmente affascinante perché, più che presentare una tesi articolata e definita in tutte le sue parti, l'autore allude, accenna, immagina e spinge a immaginare; invita insomma a non accontentarsi di rappresentazioni preconfezionate della nostra realtà, e sembra raccomandare di stare sempre all'erta e di non sottovalutare i segnali di pericolo che ci provengono da molti aspetti della contemporaneità: le catastrofi del passato possono sempre ripetersi.
 Naturalmente non tutte le osservazioni formulate paiono straordinariamente acute o assolutamente pertinenti, e alcune affermazioni che si vorrebbero apodittiche destano più di una perplessità; eppure capita raramente di confrontarsi con una penna capace di proporre in maniera altrettanto efficace non tanto una visione del mondo quanto un'esplorazione a tutto tondo dell'universo in cui viviamo.

Voto: 7

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