sabato 10 febbraio 2018

André Chamson, "Il delitto dei giusti", Marcos y Marcos


 In prossimità delle elezioni, in piena campagna elettorale, con tutte le innaturali e francamente ridicole forzature a cui porta la necessità dei politici di autopromuoversi affermando, ciascuno a suo modo, una pretesa superiorità morale rispetto agli avversari, mi è tornato in mente questo vecchio libro di André Chamson riproposto pochi anni fa da Marcos y Marcos.
 Gli Arnal della fattoria del Maubert sono stimatissimi da generazioni nella vallata fra le montagne dove vivono. Considerati un esempio di rettitudine ed equilibrio, incarnano per tutta la comunità locale il senso stesso della giustizia; il loro capofamiglia è tradizionalmente un punto di riferimento per i contadini e i pastori, e prima di affrontare una questione delicata - pubblica o privata - si chiede sempre il suo parere. Rieletto da decenni in Consiglio comunale, conta più del Sindaco stesso, e per tutti è ormai diventato “il Consigliere” per antonomasia.
 Quando però al Maubert capita che le ragioni dell’istinto prevalgano sul senso del dovere e della dignità familiare, e il giovane Maurice si macchia di una colpa che potrebbe gettare il disonore su tutti gli Arnal e offuscare la loro fama di irreprensibilità per gli anni a venire, anche la comprovata incorruttibilità del Consigliere viene meno.
 L’orrendo delitto che ne deriva costituirà l’inizio della fine per la grandezza degli Arnal.

André Chamson

 Chamson scrive un romanzo scabro ed essenziale, nel quale però riesce a delineare con assoluta potenza questioni fondamentali: qual è il momento a partire dal quale una morale troppo rigida diventa puro dogmatismo, e dunque mero paravento per un ottuso perbenismo? Siamo sicuri che un sano relativismo etico non costituisca l’approccio migliore per affrontare i delicati problemi riguardanti il rapporto tra l’emotività individuale, il senso comune e la morale collettiva? Come deve intendersi al cospetto della società la nozione di “dignità morale” per non diventare un'istanza ipocrita che impedisce di mettere in relazione in maniera diretta e trasparente etica e libertà?
 A dare forza a questo impianto tematico di profondo interesse c'è la notevole sapienza letteraria con cui è scritta quest’opera, pubblicata per la prima volta nel 1928 (con il titolo Le Crime des Justes), la cui più grande virtù - ciò che la rende rara - è la capacità di conciliare una concisione stilistica tipicamente novecentesca con un respiro narrativo ancora ottocentesco. L'effetto è semplicemente elettrizzante.

Voto: 7 

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