domenica 25 marzo 2018

Marco Balzano, "Resto qui", Einaudi


 Resto qui è una storia di resistenza di fronte all'identità negata, ai soprusi del potere, ai tradimenti degli affetti, alle offese degli anni che passano, alla disperazione dei sogni crollati: ai dolori del tempo che ci è dato in sorte e a quelli che la vita comporta in sé. 
 Trina, la protagonista, è la figlia di un falegname di Curon - ultimo comune della Val Venosta prima del confine con l'Austria - che, alla presa del potere da parte di Mussolini, si accinge a conseguire il diploma per poi diventare maestra elementare.
 L'avvento del fascismo, però, stravolge i suoi piani: il programma di "italianizzazione" delle valli popolate da cittadini di lingua tedesca impedisce alla ragazza di accedere all'insegnamento; solo attraverso i corsi clandestini che, grazie alla copertura del parroco, si tengono in gran segreto in scantinati o abitazioni private per insegnare il tedesco ai bambini del paese, Trina può dar seguito alla propria vocazione.
 Le scuole clandestine comportano però grossi rischi per le famiglie degli studenti e per gli insegnanti che, se colti in flagrante dai carabinieri o dai fascisti, rischiano l'arresto e il confino. E' quello che succede a Barbara, un'amica di Trina, fermata nel corso di un'irruzione della polizia fascista nella sua "classe", che viene sradicata dalla sua valle e confinata a Lipari.
  Privata della possibilità di realizzare il suo sogno di diventare maestra, Trina accetta di sposare l'unico uomo che abbia mai guardato, Erich Hauser, un giovane contadino che frequenta la bottega di suo padre e gli è amico. Erich è biondo, serio, forte, gentile, ma parco di parole e di sorrisi: la ragazza ne è incuriosita, attratta, rassicurata. Dall'unione di Trina ed Erich nasceranno presto due bambini, Michael e Marika; Trina si sentirà fin da subito legatissima soprattutto a quest'ultima.
 Le gioie e le fatiche della maternità, però, non bastano ad attenuare l'indignazione al cospetto dei soprusi perpetrati dai fascisti nei confronti dei valligiani; l'ultimo e il più grave è costituito dal progetto di costruzione di una grande diga a valle del paese, per creare un bacino artificiale capace di alimentare le centrali idroelettriche destinate a fornire alle fabbriche sorte in Sud Tirolo l'energia necessaria alla loro operatività. Il problema è che l'invaso sommergerà gran parte dell'abitato di Curon e di Resia, senza alcun riguardo per i contadini che vi risiedono e per la loro storia.
 Solo le tumultuose vicende che investono l'Europa negli anni trenta del Novecento rallentano e poi bloccano del tutto i lavori già iniziati nel cantiere stabilito dove sorgono i verdi pascoli sui quali sono abituate a brucare l'erba mucche, pecore e capre.
 Paradossalmente, a ridare una speranza agli altoatesini di lingua tedesca contro la spocchiosa invadenza dei fascisti è la conquista del potere da parte di Adolf Hitler e la prospettiva della costituzione di un Grande Reich germanico in funzione "antitaliana".
 Ma quando, dopo l'Anschluss dell'Austria alla Germania, Hitler e Mussolini stringeranno un accordo per risolvere l'annosa questione dell'Alto Adige attraverso le cosiddette opzioni (per cui, alle popolazioni di lingua tedesca e ladina, fu data la possibilità di scegliere se restare cittadini italiani continuando a risiedere nei propri luoghi d'origine, ovvero optare per il trasferimento nei territori del Reich con un indennizzo e la concessione di un'abitazione e di un appezzamento di terreno), Erich e Trina sceglieranno di rimanere a Curon, attirando su di sé la riprovazione e persino il disprezzo di amici e parenti"opzionisti"; troppo forte, del resto, è il loro attaccamento al borgo natio.
 Alla vicenda delle opzioni finisce per legarsi il dolore più grande della vita di Trina: i suoi cognati - la sorella di Erich e suo marito, fervente nazista - decideranno di partire e, senza dire nulla a nessuno, forse con il consenso della bambina, porteranno con sé Marika, la figlia di Trina, sottraendola nottetempo alla madre.

Marco Balzano

Trina non vedrà più Marika, e la ferita del furto della bambina non si rimarginerà mai nell'animo della protagonista, rimanendo la più profonda e bruciante, nonostante tutte quelle, terribili, che le vicende degli anni successivi le riserveranno. Tanto che Trina passerà la vita a pensare a Marika e a sognare di rivolgersi a lei; la storia stessa raccontata nel libro si immagina narrata da Trina in prima persona alla figlia, come una lunga missiva mai spedita.
 A confronto del dolore irrimediabile provocato dalla sparizione di Marika, persino quello dato a Trina dallo scoppio della guerra e della partenza, insieme a tutti gli altri uomini abili, del marito Erich sembra passare in secondo piano.
 Nel clima di angustie e ristrettezze del periodo bellico, Trina - ridotta a occuparsi da sola della casa e del bestiame - finisce per indurirsi e per inselvatichirsi; intorno a lei, la desolazione delle famiglie, sempre più numerose, che al fronte hanno perso un congiunto.
 Miglior sorte tocca a Erich che, ferito a una gamba in Grecia, viene rispedito a casa affinché si ristabilisca. E tuttavia anche il ritorno di Erich è amaro: prostrato dagli orrori a cui è stato costretto ad assistere, l'uomo deve prendere atto con costernazione che suo figlio Michael è diventato un fanatico nazista, che guarda al Fuhrer come a una specie di divinità, del tutto ignaro dei crimini e delle angherie perpetrate in guerra dai seguaci di Hitler.
 Così, dopo l'armistizio dell'8 settembre, quando le truppe tedesche occupano in forze l'Alto Adige, Michael prende la decisione di arruolarsi volontario nella Wehrmacht per lavare l'onta della mancata adesione della sua famiglia al Reich ai tempi delle opzioni, mentre Erich diserta e, insieme a Trina, si rifugia con altri sbandati in uno dei masi più alti, presso le cime innevate delle montagne, verso il confine con la Svizzera.
 Sono mesi di fame, di stenti, di angoscia; i frequenti rastrellamenti dei tedeschi, che bruciano i rifugi dei disertori e fucilano chiunque dia loro ospitalità, costituiscono un costante motivo di preoccupazione. Ed è solo per caso che, proprio quando la guerra si avvia alla sua conclusione, Erich e Trina riescono a sfuggire a una di queste incursioni, nel corso della quale viene interamente sterminata la famiglia che ha accettato di accoglierli.
 Passata l'euforia per la conclusione del conflitto, neppure il dopoguerra porta davvero la pace: da una parte persistono i motivi di discordia tra Erich e Michael, tornato anch'egli incolume dalla guerra, e dura nei genitori il doloroso ricordo di Marika, di cui più nulla si è saputo; dall'altra, come se nulla fosse cambiato dai tempi del fascismo, le istituzioni della nuova Italia repubblicana riprendono e assecondano il vecchio progetto della Montecatini che prevede la costruzione in valle della diga, a dispetto delle stalle, delle case, della vita dei contadini.
 Di fronte all'avanzare sempre più rapido dei lavori (per i quali le imprese di costruzione utilizzano veri e propri eserciti di manovali reclutati nelle regioni più povere dell'Italia meridionale e stipati in misere baracche, del tutto analoghe a quelle destinate durante la guerra alla custodia dei prigionieri), Erich si trasforma in un vero e proprio attivista: si mette a studiare l'italiano per meglio comprendere documenti e carte bollate, mobilita il parroco, il Vescovo, i Sindaci dei comuni vicini, riesce persino a ottenere che una delegazione di valligiani sia ricevuta in udienza privata da Pio XII. Eppure tutto questo non basta a fermare il passo di un progresso crudele di cui solo i poveri devono pagare il prezzo, e di cui solo altri godranno i benefici.
 Curon e Resia verranno demoliti e sommersi; solo il campanile della vecchia chiesa resterà in piedi, spuntando - scenograficamente malinconico - dalla superficie dell'acqua dopo l'allagamento del bacino artificiale.
 Erich non sopravviverà all'ultima, definitiva sconfitta, e morirà di notte, nel suo letto, nel 1953. Invece Trina, imperterrita, continuerà a vivere nel bilocale a lei assegnato dalla Montecatini, tornando al suo originario mestiere di maestra, fedele per sempre alle sue radici, alla memoria dei suoi cari, alla storia dei suoi luoghi, ostinata a resistere, a prendersi cura di sé fino alla fine, a lottare a prescindere da tutto.
 Marco Balzano con questo bel romanzo, esemplarmente incastonato nella storia tormentosa del Novecento, di un'Italia fatta di schegge di antiche contese, di rancori localistici, di contrasti mai sopiti - e nel contempo pieno di echi e di richiami all'attualità -, dimostra di aver raggiunto la piena maturità artistica.
 La voce femminile di Trina, originale protagonista-narratrice, è sobria, limpida, misurata, intima, credibile. Come gli altri protagonisti dei romanzi di Balzano, è un essere umano che vive il suo tempo e che, con mite ostinazione, a partire dalla sostanza autentica dei propri affetti, cerca di mantenere intatto il legame le proprie radici, e di comprenderle fino in fondo per ricavarne la forza - magari anche staccandosene - di andare avanti e di ritagliarsi il proprio posto nel mondo.
 Davvero bella la copertina, con un'immagine assolutamente riconoscibile ma non convenzionale del lago di Resia.

Voto: 7  

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