sabato 8 settembre 2018

Fernando Aramburu, "Anni lenti", Guanda


 Spagna franchista, anni sessanta: la madre del piccolo Txiki, abbandonata dal marito e incapace di mantenere la famiglia, è costretta a sradicare il figlio dalla natia Pamplona per mandarlo a vivere presso gli zii a San Sebastian. Del resto un destino più triste tocca ai due fratelli maggiori del bambino, rinchiusi in un orfanotrofio.
 Eppure Txiki fatica non poco ad ambientarsi nella sua nuova casa: il cugino Julen, con cui condivide la camera da letto, all'inizio è spesso brusco e quasi prepotente con lui, lo chiama "il navarro", e ammorba l'aria con l'insopportabile puzza dei suoi piedi; lo zio Vicente, silenzioso, remissivo e quasi rassegnato, divide tutto il suo tempo tra il lavoro in fabbrica, il bar e le partite a toka con gli amici, ed è quasi come se non ci fosse; la cugina Mari Nieves, ossessionata dal sesso, si butta via concedendosi a tutti i ragazzi del quartiere; e la zia Maripuy, la sorella di sua madre, sebbene sia una massaia perfetta, è sempre in lotta col mondo, e risulta troppo volitiva e autoritaria per costituire il punto di riferimento affettivo di cui Txiki - che ha solo otto anni - avrebbe bisogno.
 A poco a poco, però, ci si abitua ad ogni cosa, e anche Txiki inizia presto a sentirsi a suo agio nella sua nuova famiglia e nella sua nuova città. Così, comincia ogni giorno ad aiutare la zia a incartare le saponette da mettere in vendita per arrotondare il magro stipendio del marito; comincia a preoccuparsi per Mari Nieves, che si fa mettere incinta non si sa da chi e, per non gettare discredito su di sé e sui suoi, è costretta ad accettare un matrimonio riparatore con il figlio mite e giudizioso ma un poco ritardato di un vicino di casa; comincia a compatire zio Vicente, che con la sua innata bontà sembra fatto per subire passivamente ogni affronto da chiunque.
 Ma è soprattutto Julen che, al di là della sua indole un poco scontrosa, si palesa come una sorta di fratello maggiore per Txiki, tanto da arrivare a confidargli le proprie aspirazioni e i propri pensieri, e a metterlo a parte dei suoi sogni e dei suoi segreti. 
 Siamo nel pieno del periodo storico in cui il nazionalismo basco, saldandosi con l'antifranchismo, cresce fino a dare vita alla lotta armata e a inaugurare l'epopea terroristica dell'ETA. Julen, attraverso il magistero di don Victoriano - parroco del quartiere e militante indipendentista - entra in contatto con gli ambienti più fieramente anticastigliani della città: su invito del prete, si mette a studiare attivamente la lingua basca, partecipa alle gite domenicali in montagna insieme ad altri ragazzi che coltivano il credo nazionalista e aspirano a costituire una vera e propria cellula dormiente di guerriglieri, tiene sotto il materasso l'ikurrina, la bandiera basca vietata dal regime di Franco e custodita a turno dai militanti dell'organizzazione, comincia infine addirittura a fantasticare di uccidere un giorno il caudillo durante una delle sue visite annuali in città.

Fernando Aramburu

 Presto l'impegno politico di Julen diventa qualcosa di molto serio: sospettato di essere coinvolto in un'azione eversiva contro alcuni gendarmi della Guardia civil, il ragazzo viene dapprima fermato per alcuni giorni dalla polizia e subito rilasciato; poi, messo nuovamente nel mirino dalle forze dell'ordine, per evitare guai peggiori è costretto a fuggire in Francia insieme a un amico. 
 Purtroppo l'esilio si rivela deleterio per Julen: meno maturo emotivamente, meno dotato economicamente e meno attrezzato culturalmente di altri compagni di sventura per affrontare i disagi di una vita comunque difficile in terra straniera, il giovane entra in contrasto con alcuni rappresentanti dell'indipendentismo che godono di maggiore autorevolezza rispetto a lui nel gruppo di cui fanno parte, e reagiscono facendogli fare il vuoto intorno. 
 Isolato dai suoi connazionali all'estero, a Julen resta solo il ricordo dell'affetto della sua famiglia lontana. E così, pur di rientrare in Spagna e di rivedere la madre, il padre, la sorella e Txiki, il ragazzo accetta di rinnegare la sua fede e di vendere alcune informazioni sensibili alla polizia spagnola in cambio di un implicito "lasciapassare" per San Sebastian.
 Il problema è che, a San Sebastian, a questo punto, lo attende la riprovazione e l'ostilità di tutti coloro che ormai vedono in lui solo uno sporco traditore. Anche i suoi famigliari, scansati e osteggiati dai "patrioti" baschi, ne subiscono le conseguenze, vengono isolati dalla loro comunità, e a volte reagiscono rabbiosamente di fronte agli antichi conoscenti che li trattano in maniera insolente: Maripuy giunge a schiaffeggiare sulla pubblica via, con grande scandalo, don Victoriano che l'aveva ostentatamente ignorata davanti a tutti. 
 Per porre fine a questa incresciosa situazione, Julen è costretto ad abbandonare tutto per imbarcarsi su una nave diretta in Brasile, dove si sposerà e si rifarà una vita; conservando sempre nel cuore, però, l'affetto per i suoi famigliari e, in particolare, per il suo fratellino acquisito Txiki.
 Il romanzo - pubblicato in Spagna nel 2012, ma uscito in Italia solo quest'anno - è assai interessante dal punto di vista del tema trattato e del contenuto, e raffinatamente concepito dal punto di vista tecnico. Aramburu scava all'interno degli ambienti e del tessuto sociale dei Paesi Baschi negli anni sessanta per mettere a fuoco la mentalità e il clima politico che favorirono la nascita del terrorismo indipendentista; nel contempo cerca di mostrare come certe rigidezze e certe ottusità che sempre accompagnano l'estremismo ideologico (di qualsiasi segno esso sia) finiscono per cozzare con la proteiforme vitalità dei bisogni e delle aspirazioni individuali, e con l'imprevedibilità delle vicissitudini affettive e personali degli stessi uomini che da quell'estremismo si sentono attratti e nel suo sviluppo sono coinvolti.
 Così, Julen crede nel valore della lotta per l'indipendenza di Euskadi, e a quella lotta è disposto a sacrificare tutto, persino la vita; quando però si sente ferito nella sua umana dignità e nei suoi affetti più autentici dal comportamento dei compagni di militanza, finisce per mettere in secondo piano quegli astratti ideali che i suoi compagni incarnano in modo così imperfetto e impuro, e che in precedenza pensava potessero costituire l'imperturbabile filo conduttore della sua esistenza.
 La tecnica narrativa adottata rappresenta uno degli aspetti più interessanti del libro. La voce narrante è per lo più quella di Txiki adulto, che racconta la sua esperienza di tanti anni prima non a noi lettori direttamente, bensì allo scrittore Fernando Aramburu, in procinto di scrivere un libro sull'esperienza autentica di una famiglia proletaria vicina al nazionalismo basco nella San Sebastian degli anni sessanta. 
 Nella finzione narrativa, i capitoli con il racconto di Txiki si alternano con quelli in cui vengono riportati gli appunti del personaggio-Aramburu, che cerca di perseguire non solo e non tanto la fedeltà del resoconto documentario, quanto piuttosto la freschezza della resa letteraria, a costo di modificare il dato realtà. Questo, paradossalmente, nella logica diegetica, accresce la credibilità della testimonianza di Txiki, e nel contempo induce il lettore a compiere uno sforzo immaginativo per colmare la distanza esistente tra il punto di vista dell'uomo adulto che racconta e quello del bambino che è stato un tempo, per cercare di correggere le inevitabili sfocature create da questo iato, e per colmare le lacune che rimangono nel flusso narrativo. Il risultato è straordinario.
 Insomma, siamo di fronte a un'opera nel complesso davvero notevole.  

Voto: 7,5

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