domenica 15 marzo 2020

Edoardo Nesi, "La mia ombra è tua", La nave di Teseo


 Lo confesso: per Edoardo Nesi e il suo modo di raccontare ho un debole, che in qualche modo mi fa amare i suoi libri e mi porta perfino a commuovermi su di essi anche quando non sono scritti proprio bene, anche quando la trama ha qualche cedimento, anche quando non mi trovo d'accordo con le idee di fondo di cui la narrazione vorrebbe farsi veicolo.
 Questo La mia ombra è tua (titolo tratto da una frase di Sotto il vulcano di Malcom Lowry), francamente, non appare nulla di eccezionale dal punto di vista letterario: è la storia di un'estemporanea amicizia tra un maturo ma ancora prestante scrittore, Vittorio Vezzosi - autore di un solo romanzo di enorme successo, I lupi dentro, pubblicato nel 1995 e, nella finzione narrativa, diventato l'emblema della mentalità e del modo di essere di tutta una generazione (quella dei nati negli anni sessanta del Novecento) -, ed Emiliano De Vito detto Zapata, un giovane laureato in lettere classiche chiamato un po' per caso a fargli da "assistente alla scrittura".
 Il Vezzosi vive in una specie di eremo non lontano da Firenze ma isolato dal mondo, circondato dai suoi libri, dai suoi vinili, dalle sue vecchie videocassette, in uno splendido ritiro allietato da cene sontuose a base di pesce crudo, da bellissime ragazze a pagamento, da memorabili sniffate di cocaina purissima e dai fantastici cocktail preparati da Mamadou, robusto ghanese al servizio del "maestro" come guardia del corpo, maggiordomo, factotum. Nonostante il suo isolamento e il lungo silenzio letterario - o forse proprio in virtù di essi -, il Vezzosi si è trasformato in una specie di idolo per tutti coloro, giovani e meno giovani, che hanno avuto fra le mani il suo libro; la sua immagine di "ultimo maschio alfa" ne fa per molti quasi una rockstar.
 Zapata arriva solo dopo una lunga serie di collaboratori che l'editore che ha messo sotto contratto il Vezzosi - Passini - ha cercato di affiancare al "maestro", affinché costui completasse finalmente il secondo, agognato romanzo, promesso tanto tempo prima (con la prospettiva di ripetere il successo planetario del primo) e per cui sono già stati sborsati lauti anticipi; ultimamente, compito di questi assistenti è, per la verità, quello di scoprire se il manoscritto del romanzo esiste davvero, cosa di cui il Passini ha cominciato a dubitare fortemente. Solo che il Vezzosi impedisce a chiunque di intromettersi nei fatti suoi, e il predecessore di Zapata, mostratosi un po' troppo curioso e invadente, è stato scacciato dall'eremo in malo modo, a colpi di fucile caricato a sale nel fondoschiena.
 Per qualche ragione, però, l'onestà di Emiliano, il suo sentimentalismo, il suo aspetto vagamente disarmato unito a una certa grinta riposta e sfoderata a tratti, il suo romantico amore non ricambiato per Allegra, compagna di studi dagli occhi grigi, riescono a conquistare il Vezzosi, che - dopo la partenza obbligata di Mamadou per il Ghana - sceglie il ragazzo come suo accompagnatore durante il viaggio verso Milano, dove lo scrittore è atteso come special guest di una popolarissima fiera dedicata alla nostalgia per gli anni ottanta e novanta, ma dove egli decide di recarsi solo perché spera di rivedere una donna che, tanto tempo prima, ha contato molto per lui: Milena Zucchi.
 Il viaggio, affrontato con una spettacolare Jeep Wrangler Golden Eagle con un motore di 6600 cm cubici risalente a quarant'anni prima, risulterà a suo modo indimenticabile, e costituirà per Zapata una sorta di iniziazione alla vita e alla poesia, e per il Vezzosi una sfida per cercare di recuperare il tempo perduto e per vincere le idiosincrasie che gli impediscono di aprirsi al mondo.  

 Edoardo Nesi

 Vi sono notevoli tratti di pretestuosità e di inverosimiglianza nell'impostazione del meccanismo narrativo nel suo complesso, nella dinamica dei rapporti fra i personaggi, e nella storia del rapporto e del viaggio - fra il comico e l'epico - di Vittorio Vezzosi ed Emiliano De Vito "Zapata". 
 Poco credibile appare prima di tutto la mitizzazione della figura del Vezzosi, il clamore che circonda la sua spedizione a Milano, lo stile di vita garantitogli dai proventi di un solo, vecchio libro.
 Addirittura macchiettistici appaiono Monnanni - il professore universitario che ha messo incinta una giovane redattrice e recluta Zapata per il suo incarico sperando che il nuovo romanzo di Vezzosi permetta alla fidanzata di mantenere il suo posto di lavoro - e l'editore Passini (come pure - ma è più comprensibile - il social media manager Gabriel, che si occupa di pubblicizzare tramite instagram il clamoroso intervento del Vezzosi alla fiera di Milano, e l'influencer Carlina, che innesca la mitizzazione della pubblica ricomparsa del maturo scrittore lanciando l'hashtag #ilvezzosimelofarei).
 Un po' troppo caricaturale, sebbene a suo modo efficace per il suo fascino, è il personaggio del muscoloso factotum di colore Mamadou, giunto a fare il guardaspalle del "maestro" dopo una vita dura e avventurosa.
 Assai più centrata sembra invece la figura di Zapata, il protagonista e detentore unico del punto di vista: il suo spaesamento e la sua fiacchezza da nerd celano una psicologia più complessa, a partire dall'articolato rapporto con i genitori e dalla consapevole ricerca - nella vita professionale, nella vita sentimentale e nella vita tout court - di "bozzoli" nei quali rifugiarsi per condurre un'esistenza tranquilla senza essere disturbato; la sua apparente passività nasconde un'insospettabile capacità di tirare fuori gli artigli e di mostrarsi all'altezza della situazione, quando necessario; il suo supposto conformismo fa schermo a un desiderio profondo di sperimentare, anche in maniera trasgressiva, con i giusti stimoli, cose nuove.
 Eppure, se ci si spinge a ulteriori ricognizioni analitiche, ci sono anche altre cose che non entusiasmano: l'ordito aneddotico su cui spesso si sviluppano i libri di Nesi è ben presente anche qui, ma non sempre si avvale di una scrittura all'altezza, caratterizzata in modo originale come avviene altrove; lo stile scade invece talvolta in un mimetismo un po' convenzionale, o in un vernacolo di maniera.
 E però, nonostante tutto questo, la passione che questo libro riesce a sprigionare in alcuni suoi passaggi ha qualcosa di emozionante: la passione per la giovinezza, e l'amore per tutta un'epoca (quella che va dai tardi anni settanta ai primi anni novanta, "l'epoca di maggior benessere che l'Italia abbia mai vissuto", secondo un vecchio adagio dell'autore) che vibra nelle parole pronunciate dal Vezzosi dal palco della fiera di Milano fanno battere il cuore; la passione per la vita e l'amore per la figlia che questo scrittore ideale esprime nella lettera lasciata sul desktop del suo computer, che Zapata apre e legge dopo la partenza del Vezzosi alla volta della California con la sua antica fiamma Milena, commuovono fino alle lacrime.
 E' in nome di questa passione che salvo questo romanzo; di questa passione e dell'evocazione di un altro testo di Edoardo Nesi, questo sì straordinario, L'estate infinita, in cui Vittorio Vezzosi compariva bambino e poi adolescente - figlio di Cesare Vezzosi, il mitico "Bestia", e della splendida Arianna -, in cui Milena Zucchi era la sua fidanzatina, in cui i poveri resti di un passato glorioso che vengono disseminati in questo testo erano parti vive e pulsanti del periodo storico là raccontato (mi viene in mente il capannone dell'azienda artigiana "Citarella costruzioni", che compare qui chiuso e sbarrato, lasciando pensare a un fallimento della piccola impresa avviata da uno dei personaggi principali di quel libro).
 Il raffronto tra i due romanzi, sebbene implicito, è tanto insistito da lasciare il sospetto che tanti aspetti grotteschi presenti a diversi livelli in La mia ombra è tua costituiscano semplicemente un tentativo - forse riuscito solo in parte - di rappresentare satiricamente gli aspetti deteriori di un tempo (tanto per usare la formula coniata da un altro scrittore italiano) "devastato e vile": quello che stiamo vivendo.  

Voto: 6

Nessun commento:

Posta un commento