sabato 11 aprile 2020

Emmanuel Carrère, "I baffi", Adelphi


 Scritto nel 1985, ma proposto solo di recente al pubblico italiano, I baffi è un romanzo basato su un semplice artificio narrativo, vale a dire su un inopinato sfasamento fra la percezione individuale della realtà da parte del protagonista - incorporata nel punto di vista dal quale viene condotto il racconto - e la presunta oggettività sancita dal senso comune; solo che questo artificio viene sfruttato fino all'inverosimile, e la sfocatura gnoseologica che ne risulta è spinta a un punto tale da varcare i confini dell'assurdo e da inoltrarsi nei territori della follia.
 La storia è quella di un uomo che un giorno, pigramente immerso nella vasca da bagno, mentre la moglie Agnès è uscita a fare la spesa, decide di farle una sorpresa: senza dirle nulla si taglierà i baffi che porta fin da quando si sono conosciuti.
 Il risultato non lo soddisfa granché, ma tant'è: egli terrà il punto e non aprirà bocca, aspettando la reazione della moglie prima di lanciarsi per gioco nella difesa a spada tratta della sua decisione.
 Il problema è che Agnès, quando rientra, pare non accorgersi di nulla e anzi, nel momento in cui il protagonista - contrariato perché la sorpresa che aveva architettato non ha ottenuto l'effetto sperato - la stuzzica per farle notare la novità, ella nega recisamente che egli abbia mai avuto i baffi.
 Non solo: anche gli amici dai quali i due si recano a cena quella sera stessa - Serge e Véronique - nonostante l'assiduità della reciproca frequentazione, si astengono da qualsiasi commento sul suo mutamento di look. Che Agnès abbia voluto punirlo per non averla consultata prima di tagliarsi i baffi, coinvolgendo la coppia di amici nella congiura del silenzio?
 Per la verità, quando, rientrati a casa, Agnés continua a sostenere di non averlo mai visto con i baffi, e Véronique, raggiunta telefonicamente nel cuore della notte perché possa dirimere l'accesa quanto paradossale disputa che è sorta tra i due coniugi, conferma la versione della moglie, l'uomo comincia a pensare che lo scherzo si sia spinto troppo in là.
 Eppure, il giorno dopo, sul lavoro, Jérôme - il socio con cui condivide la proprietà di uno studio di progettazione architettonica - e Samira, la loro collaboratrice, a loro volta non danno mostra di notare nulla, forse perché troppo assorbiti dal lavoro urgente che stanno concludendo, forse perché coinvolti anch'essi da Agnès nel suo crudele complotto contro di lui: sa che la moglie è capace di questi eccessi e di queste bizzarrie, anche se lui non si era mai trovato ad esserne personalmente il bersaglio...
 Più difficile, però, è pensare che Agnès abbia assoldato anche il tabaccaio, da cui il protagonista si reca a comprare le sigarette, e che sembra pure essere convinto che egli non abbia mai avuto nulla  a coprire lo spazio bianco sopra il labbro superiore.
 Dunque, cosa sta succedendo? Sta forse diventando pazzo? O si può davvero pensare che Agnés si sia data da fare al punto di trascinare un intero esercito di amici e conoscenti in una gigantesca beffa ai suoi danni solo per punirlo di un'innocente omissione nei propri confronti, e che dunque la vera pazza sia lei? 

Emmanuel Carrère

 Il nuovo confronto fra il protagonista e Agnès assume stavolta toni drammatici, perché viene fuori che la donna è realmente convinta che i baffi il marito non li abbia mai avuti, nonostante egli riesca a recuperare dalla spazzatura i resti della sua radicale rasatura. Moglie e marito si spaventano, poi si riconciliano facendo l'amore con passione e decidono, il giorno dopo, di contattare insieme uno psichiatra, arrivando in qualche modo ad ammettere - ciascuno per parte sua magnanimamente - che il problema possa essere dell'uno come dell'altro. 
 Si tratta però solo di una tregua: dopo aver passato una giornata intera pensando a quale sia il modo migliore di stare vicino ad Agnès, che egli ama ma che con tutta evidenza è affetta da una forma più o meno grave di psicosi che non aveva mai palesato, il protagonista viene messo di fronte alla spaventosa evidenza di una serie di fatti che determinano lo sgretolamento del mondo in cui pensa di vivere. Infatti, prima Agnès gli dimostra come le foto in cui egli compare con i baffi - prima fra tutte quella presente sulla carta d'identità - siano state ritoccate con un pennarello nero; poi gli rivela che la vacanza che egli crede di avere fatto con lei un paio di anni prima a Giava non c'è mai stata; infine, addirittura, gli annuncia che gli amici che continua a nominare - Serge e Véronique - non esistono e non sono mai esistiti, e che suo padre, a cui l'uomo affranto vorrebbe a questo punto telefonare, in realtà è morto l'anno prima.
 Il protagonista (lo ricordiamo, detentore dell'esclusiva del punto di vista nel romanzo) sembra dapprima rassegnarsi, annientato, all'idea della propria follia; poi cade preda di una sorta di mania di persecuzione, e comincia a sospettare l'esistenza di un piano architettato dalla moglie e dal suo socio Jérôme - che evidentemente sono amanti - per condurlo alla pazzia e per derubarlo. 
 Decide allora di fuggire: corre all'aeroporto e si imbarca su un volo che, dopo aver fatto scalo in Medio Oriente, lo porta a Hong Kong. 
 Qualche giorno di totale straniamento, passato in preda a pensieri e desideri contraddittori, tra la voglia di tornare in patria a far valere i propri diritti e quella di isolarsi dal suo vecchio mondo ormai assolutamente inabitabile, serve al protagonista per conciliarsi con la sua nuova identità più leggera, meno strutturata; tanto che diventa praticamente indifferente per lui restare in un albergo a Kowloon, trasferirsi a Hong Kong, oppure trascorrere le giornate a fare la spola sul traghetto che collega l'una e l'altra località, con lo sguardo perso fra le onde o nella scia dell'imbarcazione.
 Alla fine è più che altro il caso a portare l'uomo a Macao. Ed è qui che, una sera, tornando in albergo dopo una giornata passata su una spiaggia dove forse è stato troppo a lungo esposto al sole, il protagonista trova Agnès ad aspettarlo nella sua stanza come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se nulla di quello che ha vissuto con angoscia fosse successo realmente, come se si trovassero entrambi tranquillamente in vacanza. 
 A lungo ha sperato che un miracolo del genere avvenisse, che tutto quello che stava vivendo si rivelasse frutto di un incubo terribile, che una sorta di salto di dimensione lo potesse riportare alla normalità; eppure il suo viaggio nel mare dell'assurdo lo ha condotto tanto lontano che ora sembra impossibile tornare indietro.
 Diventa allora una scelta come un altra - un tentativo alla cieca per riscoprirsi padrone del proprio destino - quella che porta il protagonista a correre nel bagno per tagliarsi (nuovamente) i baffi che nel frattempo sono ricresciuti, e lo spinge infine, in quello che sembra un accesso di follia e forse è solo un estremo gesto di ribellione, a usare il rasoio per incidersi a fondo il labbro superiore e poi tagliarsi la gola, come per cancellare, con la sua stessa vita, l'assurdo che domina il mondo.
 Il libro è godibile: l'iniziale spiazzamento del lettore, che in tutta la prima parte del romanzo ha come l'impressione di trovarsi di fronte a un gioco sterile, capzioso, fine a sé stesso e alla lunga un po' stucchevole, si tramuta presto in coinvolgimento, in virtù dell'incalzare degli eventi determinato da un meccanismo narrativo che funziona.
 Forse un po' eccessivo - dettato da un compiacimento per le situazioni inverosimili che si esalta sconfinando nel macabro - è il finale. Eppure anche di esso non ci si dimentica facilmente.

Voto: 6,5

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