domenica 11 ottobre 2020

Angelo Carotenuto, "Le canaglie", Sellerio

 
 
 Le canaglie è un romanzo che gemma da una storia di sport capace, come poche altre, di fungere da compendio di un'epoca impura, appassionata e violenta - gli anni settanta del Novecento - in una città tormentata e difficile - la Roma dei ministeri e delle squallide borgate, dei cineasti e delle battone, degli omicidi politici e delle tifoserie politicizzate, degli scontri di piazza e dei meridionali in cerca di fortuna, dei palazzinari e dei faccendieri, dei giornalisti e dei questurini, delle armi da fuoco e degli adolescenti scomparsi nel nulla.
 Carotenuto affida il compito di raccontare a un immaginario narratore interno che si trova in una posizione privilegiata per osservare (e, in parte, per vivere in prima persona) tutti gli avvenimenti reali che vanno componendo questa storia: Marcello Traseticcio è un fotografo che ha ormai superato la trentina e ha alle spalle una notevole esperienza come ritrattista di dive durante gli anni ruggenti della "dolce vita"; possiede una discreta cultura e una sensibilità da artista, che gli consente, nei suoi scatti, di andare oltre gli aspetti puramente documentari dei fatti su cui punta l'obiettivo della sua macchina fotografica, e dunque di cogliere il senso profondo di ogni episodio di cui è testimone, e i presagi di cui esso è carico.
 All'inizio degli anni settanta, preso atto che i tempi stanno cambiando, il direttore del giornale romano per cui egli lavora sposta Marcello dal cinema ai settori a lui sconosciuti dello sport e della cronaca nera. E' così che comincia a frequentare il campo di allenamento di Tor di Quinto dove, sotto la guida intelligente dell'allenatore Tommaso Maestrelli, sta prendendo forma una squadra di calcio - la Lazio di Chinaglia e di Lenzini - destinata, con i suoi singolari interpreti, a incarnare lo spirito dei tempi tanto nella stagione breve e luminosa dei suoi successi quanto in quella per molti versi tragica del suo declino, che vedrà diversi componenti di quel gruppo perdersi in direzioni differenti, decretando il malinconico esaurirsi di quella magnifica epopea.
 Di Maestrelli, presentato come il personaggio più positivo fra quelli di cui viene restituito il profilo, Marcello diventa amico e confidente, impara ad apprezzarne la profonda umanità, a rispettarne la riservatezza, ad amarne l'assoluta mancanza di banalità nelle idee professate, nella pazienza, nella tolleranza, nella finezza psicologica con cui è solito rapportarsi ai propri giocatori.
 Degli altri (i calciatori e le loro mogli, i dirigenti, i tecnici, i magazzinieri, i tifosi, i giornalisti e tutti coloro che intorno alla Lazio gravitano) il protagonista-narratore arriva a conoscere la personalità, a capire pregi e difetti, a studiare passioni e debolezze, spesso molto prossime a  - e a volte assai distanti da - quelle che informano la cronaca degli anni settanta e appartengono ai sentimenti universalmente diffusi fra la gente comune nell'Italia di allora. 
 I calciatori - tutte facce e personaggi degni, come è stato detto, di un film di genere - vengono descritti con grande concretezza, in maniera tale da lasciarne intatto il fascino un po' "sporco" senza indulgere in mitizzazioni di maniera: li ritroviamo tutti, dal portiere Felice Pulici, allampanato e un po' ingenuo, assuefatto alla nicotina al punto di rendersi conto che la partita si sta avvicinando al novantesimo minuto dall'insopprimibile bisogno di fumare che si impadronisce di lui, al "Tufello" Giancarlo Oddi; da Franco Nanni, pisano di famiglia operaia, a Sergio Petrelli, ex della Roma, appassionato di armi al punto tale da contagiare tutti i suoi compagni; dal regista Mario Frustalupi a Renzo Garlaschelli, "reverendo del puttanesimo"; da Luigi Martini, fascista, paracadutista, principale antagonista di Chinaglia, all'indimenticato Luciano Re Cecconi, il Biondo, morto tragicamente per uno scherzo assurdo; da Vincenzino D'Amico, la giovane promessa, a Pino Wilson, il capitano, lo stopper mezzo inglese grande amico di Chinaglia. E poi lui, "Long John", Giorgione, il bomber e il leader della squadra, grintoso, prepotente, sempre sopra le righe, manesco e fragile, generoso e ingenuo, "adottato" da Maestrelli quasi come un figlio, allevato dalla nonna durante l'infanzia, e poi partito da solo ad appena undici anni alla volta di Cardiff per raggiungere i genitori emigrati senza di lui.        
 
Angelo Carotenuto
 
 Le vicende personali e quelle sportive di tutti questi uomini incrociano i problemi e gli avvenimenti che in quegli anni riempivano i giornali: le violenze per strada, le zuffe davanti ai licei, l'omicidio di Pier Paolo Pasolini, la politicizzazione dei gesti quotidiani, i pregiudizi di parte, la conquista dei diritti civili, con i referendum sul divorzio (tenutosi proprio nel giorno della vittoria dello scudetto da parte della Lazio) e sull'aborto, destinati a svecchiare costumi e mentalità di un italia arretrata e sessista. 
 Nello stesso tempo, ai fatti sportivi fa da controcanto l'insieme di avvenimenti che investono la famiglia di Marcello: la malattia e poi la morte della moglie Maria - che riecheggia la malattia e la morte dello stesso Maestrelli - e la scomparsa improvvisa, a 17 anni, della figlia Clara, come accadde a tanti adolescenti in quel periodo, spariti senza lasciare traccia, inghiottiti da una città ancora criminosa e misteriosa, avventurosa e maledetta.
 L'amalgama che ne scaturisce è di un'apprezzabile freschezza letteraria, grazie anche al tono stilistico che assume la voce del narratore, caratterizzata da accenti popolareggianti senza scimmiottare un romanesco di maniera, capace di tenersi lontana da effetti pedissequamente cronachistici, carica di una notevole sostanza emotiva.
 Uno degli aspetti davvero interessanti di questo libro è la sua capacità di sfuggire alla trappola della pura e semplice epica sportiva, a cui sarebbe stato facile appellarsi per trovare effetti di sicura suggestione. I fatti di calcio costituiscono la cornice (una cornice sontuosa, ma pur sempre una cornice) delle vicende individuali e degli umanissimi sentimenti dei protagonisti.
 Allo stesso modo, Carotenuto evita accuratamente la retorica dell'eroe e quella - ad essa speculare e di cui sovente si abusa quando si parla della Lazio del 1974 - dell'antieroe: gli esponenti dei due clan in cui lo spogliatoio laziale era allora diviso vengono trattati senza troppo compiacimento; la controversa figura dello stesso Chinaglia viene analizzata con perfetta aderenza alla realtà effettuale e grande equilibrio, senza nascondere il fascino grezzo che l'uomo senza dubbio ebbe, ma senza indugiare troppo su di esso e senza che la narrazione ne diventi schiava.
 Se qualche difetto si può trovare nel romanzo, esso risiede in qualche zeppa eccessiva nella prima parte (forse ritenuta utile dall'autore per la corretta contestualizzazione degli eventi) e nei passi abbastanza farraginosi che vedono protagonisti il misterioso Preminenza, vecchio orditore di trame occulte, e il giovane studente che per lui si occupa della rassegna stampa, detto "il Solerte". In generale si può però dire che viene gestita benissimo la non facile fusione fra la finzione romanzesca e la realtà effettuale su cui essa insiste e che spesso - ma non qui - crea problemi, sfasature, inverosimiglianze e prolissità capaci di zavorrare in maniera esiziale opere di questo tipo.

In poche parole: attraverso l'occhio attento di un fotografo, avvezzo a cogliere particolari e sottointesi in tutto ciò che osserva ed è chiamato a immortalare, viene ricostruita la storia di una squadra di calcio che ha fatto epoca ed è rimasta nell'immaginario collettivo per la singolarità umana e l'anticonformismo dei suoi interpreti, e il tragico destino che investì alcuni di loro: la Lazio degli anni settanta. Le vicende di cronaca si intrecciano a quelle relative alla finzione narrativa, fino a creare un amalgama capace di rappresentare letterariamente l'atmosfera di Roma e dell'Italia intera in quel periodo, senza scivolare nelle banalità che talvolta caratterizzano l'epica sportiva né nella piattezza del documentarismo storico, e senza scadere nella retorica schematica della dicotomia "eroe acclamato-antieroe dal fascino sinistro". Il risultato è un romanzo che intriga e appassiona.
 
Voto: 6,5 

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