domenica 21 febbraio 2021

Elfriede Jelinek, "Le amanti", La nave di Teseo


 Celebre testo della scrittrice austriaca premio Nobel, uscito per la prima volta nel 1975 e recentemente riproposto in Italia da La nave di Teseo, Le amanti è un romanzo che, grazie a una scrittura marcatamente sperimentale - che davvero poco concede alla piacevolezza narrativa -, rappresenta in maniera brutale i meccanismi psicologici e sociali attraverso i quali si concretizza la subalternità della condizione femminile, talvolta con la complicità delle donne medesime.
 Protagoniste di due storie che vengono sviluppate parallelamente, avvicendandosi nella narrazione, sono Brigitte e Paula, ragazze di modesta famiglia che vivono in un villaggio nelle Alpi austriache in cui alla bellezza del paesaggio fa da controcanto la mancanza di possibilità e prospettive per chiunque voglia costruirsi un'esistenza ricca e appagante, al di fuori degli schemi abbrutenti che si ripetono uguali a se stessi generazione dopo generazione: schemi che vedono gli uomini sfiancarsi durante il giorno in pesanti lavori manuali, ubriacarsi la sera in osteria e alzare le mani sulle loro mogli quando tornano a casa; e le donne svolgere i mestieri più umili, per essere poi relegate al ruolo di serve dei mariti dentro le mura domestiche.
 A perpetuare questo stato di cose contribuisce anche la fabbrica di biancheria intima femminile - unico elemento di modernità apparente nel villaggio - in cui le operaie cuciono tutto il giorno corpetti, reggiseni, corsetti e mutandine, e invecchiano quasi senza rendersene conto in uno stato di assoluta alienazione, perdendo a poco a poco perfino la capacità di immaginare una vita diversa.
 In un tale contesto, le uniche armi che le donne possiedono per cercare di cambiare il corso della propria esistenza sono il proprio corpo e il proprio sesso: offrendosi all'uomo "giusto", facendosi sposare, o almeno facendosi mettere incinte da un ragazzo capace di elevarle di condizione o di portarle lontano dal villaggio, le ragazze possono imboccare una via di fuga da un destino già tracciato.
 Lo capisce molto presto Brigitte, che non possiede qualità particolari né dal punto di vista intellettuale né dal punto di vista fisico - tranne forse i suoi bei capelli pieni di riflessi, a cui dedica grande cura -, ma desidera con tutta se stessa scappare dalla fabbrica di reggiseni in cui ha cominciato giovanissima a lavorare; per riuscirvi, si impegna a fondo per sedurre Heinz che, sebbene sia nel complesso un individuo molto mediocre e piuttosto ottuso, dato che studia per diventare elettricista potrebbe rivelarsi un uomo "con un futuro".
 Fatica invece a comprenderlo e ad accettarlo Paula, che pure ha più qualità e più fantasia di Brigitte: è riuscita a sfuggire al lavoro nella fabbrica di reggiseni, scelta come apprendista da una sarta in un centro più grande del villaggio in cui è nata; e quello della sarta è un mestiere che potrebbe permetterle di elevarsi da sola a una condizione socioeconomica migliore di quella di partenza. Purtroppo Paula è innamorata di Erich, un giovane taglialegna bello e prestante, ma sicuramente senza un futuro: al di fuori del suo lavoro, l'unica sua vera passione sono i motori e le macchine sportive, ma è talmente sciocco e sconclusionato da essere incapace perfino di prendere la patente.
 

Elfriede Jelinek
 
 Così, Brigitte lotta con pazienza e determinazione allo scopo di fare suo Heinz: gioca d'astuzia per allontanare da lui Susi, una graziosa studentessa che la famiglia del futuro elettricista sicuramente preferirebbe a lei; si impone di sopportare la ripugnanza che talvolta Heinz stesso le ispira, e a letto gli concede qualunque cosa egli le chieda nella sua sbrigativa grossolanità; fa finta di non vedere il disprezzo che nutrono nei suoi confronti la madre e la sorella del fidanzato.
 E il destino infine la premia, trasformandola nella moglie di Heinz - diventato un abile elettrotecnico, proprietario di un ben avviato negozio di elettrodomestici -, nella madre dei suoi figli e nella "padrona", che sta alla cassa e tiene i conti del commercio del marito. Tutto questo, però, viene conquistato al prezzo di una totale disumanizzazione: la donna che Brigitte è diventata ha tagliato i ponti con la sua famiglia d'origine, non si fa scrupoli a convincre Heinz a parcheggiare i propri genitori in una casa di riposo non appena può fare a meno di loro e dei loro soldi (nonostante tutti i sacrifici che hanno fatto per lui), e a sua volta non è gratificata dall'amore dei figli.
 D'altra parte ben peggiore è l'esito della storia di Paula, che viene messa incinta da Erich quando è ancora minorenne e deve abbandonare la promettente carriera di sarta, rincorsa dalla cattiva fama che la dipinge come una donna di facili costumi. Del tutto priva del sostegno di Erich - che diventa sempre più inconcludente e ubriacone col passare degli anni - finisce per andare a lavorare come operaia proprio in quella fabbrica di biancheria intima che, a differenza di Brigitte, era riuscita inizialmente a evitare. Non solo: nel tentativo di assicurare a se stessa e ai propri figli quel modesto benessere che il marito non potrà mai procurare loro, finisce per accettare di andare con altri uomini in cambio di denaro nel boschetto di un paese vicino; scoperta, verrà lasciata da Erich (inseguito dalle battute beffarde degli amici e dalle lagnanze dei genitori) e le saranno addirittura tolti i bambini. Insomma, una parabola degna di uno dei cicli di dipinti satirico-moraleggianti di William Hogarth.
 Ciò che è notevole nel romanzo è soprattutto lo stile: fin dalle scelte grafiche è evidente l'elaborazione sperimentale del dettato, perché i nomi propri dei personaggi principali sono scritti rigorosamente con l'iniziale minuscola (come se non si trattasse di persone, ma degli intercambiabili ingranaggi di un meccanismo), mentre sono proposte in un maiuscolo "urlato" singole frasi o espressioni che si vogliono enfatizzare o su cui si vuole attirare l'attenzione del lettore (così IL MIO, NO, PORTARLE VIA, MEGLIO, NOZZE, TUTTO...).
 Ancora più evidente è l'anomala tessitura narrativa: la scansione sintattica è estremamente semplice, quasi elementare, tale da prestarsi a una strutturazione sequenziale del racconto simile a quella di una fiaba; e tuttavia il tono prevalente è improntato a una singolare forma di straniamento, determinato dagli isterismi del flusso verbale, in cui si alternano passaggi dove è marcato il distacco quasi scientifico dalle vicende dei personaggi, e altri che vedono l'emotività delle due protagoniste fare irruzione sulla pagina senza preavviso e senza mediazione alcuna (con espressioni riportate, però, come se fossero i versi di un animale di cui si sta studiando il linguaggio segreto, senza alcuna forma di partecipazione solidale da parte della voce narrante ai sentimenti che esse traducono). A tutto questo si aggiungono le spigolosità dovute alla scelta di termini lessicali ed espressioni particolarmente crude (come "scopata", "brigitte vorrebbe che heinz avesse un cazzo attorcigliato", "la vagina di brigitte stringe il giovane imprenditore", "merda", "vecchia zozza", "maiale", "viscidume puzzolente"). 
 Il risultato di tutto questo è uno strano impasto narrativo sospeso tra l'argomentazione serrata della predica moraleggiante, la schematicità della fiaba, la neutralità del quaderno di appunti che riporta le osservazioni di un etologo, la brutalità di un racconto realistico che si sofferma sugli aspetti più grevi della vita quotidiana. Un esito sicuramente interessante dal punto di vista letterario, anche se molto lontano dai gusti oggi prevalenti fra i lettori.
 
In poche parole: Le amanti è un romanzo che, grazie a una scrittura marcatamente sperimentale - che davvero poco concede alla piacevolezza narrativa -, raccontando le storie esemplari di Brigitte e di Paula, rappresenta in maniera brutale i meccanismi psicologici e sociali attraverso i quali si concretizza la subalternità della condizione femminile. Nel pervenire a questo risultato, Elfriede Jelinek dà luogo a uno strano (e straniante) impasto stilistico, che compendia in sé la schematicità della fiaba, l'argomentazione serrata della predica moraleggiante, la neutralità delle osservazioni di una ricerca etologica e la violenza di un racconto realistico capace di soffermarsi sugli aspetti più grevi della vita quotidiana.

Voto: 6,5

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