domenica 7 febbraio 2021

Carlo Rovelli, "Che cos'è la scienza. La rivoluzione di Anassimandro", Mondadori



 Prima dei saggi divulgativi sui paradigmi della fisica moderna, sul concetto di tempo alla luce della Teoria della Relatività e degli assunti della scienza contemporanea o sulla Meccanica Quantistica, pubblicati in anni recenti con Adelphi, Carlo Rovelli aveva provato ad uscire dall'ambito ristretto dei lavori specialistici con questo originale testo scientifico-filosofico dedicato ad Anassimandro di Mileto, pensatore greco del VI secolo a.C. (o a.e.v., ante eram vulgarem, come ama dire l'autore).
 Il libro è interessante almeno per due motivi. Innanzitutto perché consente di animare e di problematizzare lo studio di quei filosofi presocratici che nella manualistica scolastica sono spesso presentati in modo quantomai astratto, riduttivo e in definitiva banalizzante, come se le idee da essi espresse avessero senso solo in funzione di quelle dei grandi pensatori che nacquero nei secoli successivi, senza preoccuparsi minimamente di cogliere la complessità delle loro teorie in sé e per sé, e di comprendere l'impatto che esse ebbero sulla visione del mondo degli uomini del loro tempo, nel contesto culturale ben determinato che le vide nascere. 
 In secondo luogo perché, con serrata argomentazione, nel testo si riesce a individuare il momento in cui, nella storia del pensiero, si sviluppa il primo embrione di un approccio scientifico al problema della conoscenza del mondo intorno a noi, e ad analizzare in maniera convincente l'atteggiamento psicologico sottoso a questo approccio. 
 Affrontare in modo scientifico il problema della conoscenza del mondo non vuol dire adottare il metodo scientifico - per vedere nascere il quale si dovrà attendere l'avvento di Galileo e aspettare altri 2000 anni dopo Anassimandro -; significa immaginare che le cose possano essere diverse da come appaiono, significa cercare spiegazioni ai fenomeni naturali che, nel tentativo di andare oltre ciò che già sappiamo, siano disposte a mettere in discussione ciò che diamo per scontato (proponendo una visione delle cose internamente coerente ma diversa da quella a cui siamo abituati), significa esercitare il dubbio sistematico, mettendo continuamente in discussione gli assunti dei nostri maestri, significa provare a capire il mondo prescindendo dagli dei e mettendo da parte qualsiasi elemento ricollegabile a pregiudizi di matrice magico-religiosa.  
 Il poco che conosciamo di Anassimandro e delle sue idee ci consente - secondo Rovelli - di ipotizzare che egli fu il primo intellettuale della Storia ad accostarsi al problema della conoscenza del mondo con atteggiamento scientifico. Nato intorno al 610 a.C. a Mileto, nella Ionia - allora una sorta di "ponte" commerciale e culturale fra la Grecia e l'Oriente -, fu allievo di Talete, considerato il primo filosofo del mondo occidentale, famoso per aver individuato nell'umido (o nell'acqua) il principio fondamentale di tutte le cose, per le sue osservazioni astronomiche e per aver precorso la formulazione di alcuni teoremi propri della geometria euclidea.
 
Carlo Rovelli
 
 Anassimandro, dal canto suo, non si limitò ad assimilare e a sviluppare gli insegnamenti di Talete; li mise invece in discussione, li sottopose a una critica radicale fino a stravolgere la visione del mondo del maestro a beneficio di un modello interpretativo dell'universo assai più complesso. Egli non accettò l'idea che un elemento semplice come l'acqua potesse essere all'origine di tutte le cose, e preferì immaginare un principio "indefinito e illimitato", una sorta di forza invisibile da cui tutto deriva, a cui diede il nome di apeiron (Rovelli si abbandona alla suggestione dell'accostamento di questo misterioso principio alle forze invisibili che la fisica moderna ha dimostrato essere alla base del comportamento della materia: il campo elettromagnetico e il campo gravitazionale...).
 Soprattutto, però, Anassimandro approfondì le osservazioni astronomiche e cosmologiche di Talete, e arrivò a formulare la rivoluzionaria teoria secondo la quale la Terra non è un disco piatto circondato dall'oceano e sovrastato dal cielo, bensì un sasso (o meglio, una sorta di cilindro con le due facce circolari di forma accentuatamente convessa) che galleggia nello spazio. Con ogni probabilità, ciò che permise ad Anassimandro di pervenire a questa idea fu la constatazione che le stelle sorgono e tramontano da parti diverse dell'orizzonte; quando "spariscono" dalla nostra vista, devono necessariamente passare sotto la terra su cui i nostri piedi poggiano, la quale deve perciò prevedere che ci sia cielo non solo sopra, ma anche tutto intorno a sé. La conferma venne poi da ulteriori osservazioni e dall'integrazione di questo spunto logico in una coerente visione del cosmo capace di dare conto in maniera convincente dei movimenti degli astri.
 E' difficile esagerare la poratata innovativa di una simile idea rispetto a tutto quello che si credeva vero nel VI secolo a.C., anche se a noi contemporanei - che diamo per scontato che la Terra sia un pianeta di forma ellissoidale in orbita intorno al sole all'interno di una galassia che, insieme a miliardi di altri simili agglomerati di stelle, viaggia nell'universo a folle velocità - può sfuggire la carica eversiva dell'ipotesi di Anassimandro per i suoi contemporanei. 
 Si badi che questo modello implica il superamento dei concetti tradizionali di alto e di basso: se la terra galleggia nello spazio è perché non esiste un basso assoluto verso cui possa cadere; il basso diventa relativo, definibile esclusivamente dalla relazione che si stabilisce fra due "oggetti" (e non sfuggirà che da questo deriva non solo il fatto che ciò che è alto o basso per me non potrà essere tale per chi abita sull'altra faccia della terra, ma anche il suggerimento visionario che un corpo cade perché c'è un altro corpo verso cui può cadere).
 Secondo Rovelli, il salto concettuale che comporta la "rivoluzione di Anassimandro" per gli uomini del suo tempo è ancora più drastico di quello a cui costringe noi contemporanei il superamento del sincronismo universale introdotto da Einstein con la Teoria della Relatività Ristretta (anche perché, ai tempi di Anassimandro, era semplicemente inconcepibile ragionare in termini scientifici e accettare che la natura delle cose fosse intrinsecamente diversa da come i nostri sensi la percepiscono). 
 Basta questo, nonostante quasi tutti i suoi scritti siano andati perduti e le sue idee siano conosciute grazie a citazioni riportate da storici successivi, a fare di Anassimandro una personalità gigantesca, un pensatore capace di segnare un passaggio decisivo nella storia dei tentativi della nostra specie di acquistare sempre maggiore consapevolezza di sé e dell'Universo in cui vive; un uomo in grado di cambiare realmente i paradigmi attraverso i quali concepiamo il mondo intorno a noi.
 
In poche parole: avventurandosi al di fuori dei territori delle pubblicazioni per specialisti e della divulgazione scientifica, Carlo Rovelli si cimenta per la prima volta, con questo storico libro, nella riflessione epistemologica, attribuendo alla figura di Anassimandro di Mileto - filosofo presocratico vissuto nel VI secolo a.C. - il merito di aver fatto compiere un formidabile salto in avanti al nostro modo di affrontare il problema della conoscenza del mondo, accostandosi alla realtà con un "atteggiamento scientifico". L'atteggiamento scientifico contempla la propensione a esercitare il dubbio sistematico, cioè la disponibilità a mettere in discussione ciò che già sappiamo o diamo per scontato, l'esercizio della critica del pensiero dei maestri come strumento privilegiato di progresso della conoscenza, la determinazione a cercare spiegazioni dei fenomeni naturali che prescindano da qualsiasi riferimento magico-religioso. Fu sulla scorta di questi capisaldi metodologici che Anassimandro per primo riuscì a formulare la teoria secondo la quale la Terra non è un disco piatto circondato dall'Oceano e sovrastato dalla volta celeste, bensì un sasso che galleggia nell'Universo. La Teoria, implicando l'idea che la Terra non cade semplicemente perché non ha un luogo verso il quale cadere, e l'introduzione del concetto per cui le nozioni di alto e basso non sono assolute ma relative, determina un'autentica rivoluzione della percezione da parte dell'uomo del mondo in cui vive: un vertiginoso shock culturale, paragonabile a quello che un centinaio di anni fa investì l'umanità quando Einstein mise in discussione l'assolutezza del parametro del Tempo.  
 
Voto: 7,5

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