domenica 21 marzo 2021

Marco Belpoliti, "Pianura", Einaudi


 Pianura è un libro singolare: dal punto di vista della struttura si presenta come una sorta di diario o di epistolario (dato che Marco Belpoliti si rivolge sempre con il tu a un anonimo interlocutore, un amico e compaesano con cui l'autore ha evidentemente condiviso concrete esperienze, ma che non viene mai nominato, tanto che il lettore si sente a tratti autorizzato a identificarsi con esso); il diario di un viaggio lungo una vita attraverso le vaste plaghe di quel territorio complesso e multiforme, ma geograficamente definito, che è la Pianura Padana. 
 Il fatto è che, più che di un viaggio, si tratta di un vagabondaggio sentimentale nello spazio e nel tempo, nel corso del quale ogni tappa è individuata da un generico riferimento alla stagione in cui essa si compie, e ogni elemento caratterizzante della "padanità" che si cerca di mettere a fuoco - che si tratti di richiami di tipo geologico, storico, letterario, folclorico, etnico, atropologico - tende a essere problematizzato fino a sfumare i propri confini in un'indeterminatezza simile a quella creata dalla nebbia che spesso avvolge la pianura, soffondendo il paesaggio di mistero e magia, e trasmettendo l'impressione che ogni cosa reale sia concretamente presente ma solo parzialmente afferrabile.
 L'operazione, per esplicita ammissione di Belpoliti, viene compiuta in aperto contrasto, da una parte, con gli stereotipi del Boom economico, che hanno trasformato la Pianura Padana, eminentemente, nell'area produttiva più importante del Paese, obliterando agli occhi di quasi tutti la sua storia e le sue tradizioni; dall'altra, in opposizione ai falsi miti leghisti, che talvolta sono inventati di sana pianta, talatra banalizzano le caratteristiche di una terra molto più eterogenea di come la si vorrebbe illustrare.
 Del resto, la pianura così come si presenta oggi è frutto di successive stratificazioni storiche e di modifiche che si sono prodotte nel tempo. Perfino il Po, il fiume che ha trasportato i sedimenti dai quali la pianura ha avuto origine, non ha sempre avuto il corso odierno, e la sua foce si è spostata più volte da sud verso nord (originariamente pare che il fiume si gettasse nel mare nel tratto di costa presso il quale oggi sorge Pescara); alcuni dei rami del suo delta si sono estinti, altri hanno acquisito un'importanza che in passato non possedevano. 
 Terra di passaggio, la Pianura Padana è stata più volta percorsa da eserciti che, in tempi diversi, si sono riversati nella penisola e che hanno lasciato tracce durevoli lungo il loro cammino. Da qualche parte, nei pressi del Trebbia, ad esempio, sono probabilmente sepolti alcuni degli elefanti con i quali Annibale varcò le Alpi e affrontò l'esercito romano. In pianura, fin da tempi antichissimi, fu assai significativa la presenza, oltre che di tribù celte, dei liguri, dai quali buona parte delle genti della pianura discende, anche se furono in gran numero deportati dai romani al termine della Seconda guerra punica proprio per via dell'appoggio offerto al condottiero cartaginese. 
 Ai romani si deve anche la centuriazione, ovvero la suddivisione del territorio in lotti coltivabili regolari, omogenei per forma e dimensione (misuravano 200 iugeri, ovvero 50 ettari ciascuno), che determinarono in seguito il tracciato delle principali vie di comunicazione e di cui ancora oggi, guardando la pianura dall'alto, si può scorgere il disegno.
 In epoche successive, in alcuni centri della pianura - non sempre quelli principali - furono realizzate opere rivoluzionarie: primo fra tutti il duomo di Modena, dove l'architetto Lanfranco e lo scultore Wiligelmo imposero in età romanica una nuova rappresentazione dell'uomo nel mondo, e interpretarono forse per la prima volta in senso moderno il ruolo dell'artista nella cultura occidentale.

Marco Belpoliti

 Nel corso della narrazione, l'aneddotica e i cenni storici si mescolano con le esperienze personali dell'autore, che - pur avendo passato parte della propria vita in Brianza - è reggiano d'origine, e per lo più intorno all'Emilia tende a far orbitare le sue storie. 
 A emergere dal divagante racconto sono soprattutto i personaggi notevoli che - ciascuno a suo modo - rappresentano lo "spirito padano", e che Belpoliti ha avuto l'opportunità di incrociare nel corso della sua esistenza: si possono citare, ad esempio, Gianni Celati, scrittore e formidabile animatore culturale della piazza bolognese, e Piero Camporesi, storico, critico letterario, studioso di gastronomia, che ebbe fra gli altri il merito di riscoprire Pellegrino Artusi; il fotografo Luigi Ghirri e la poetessa Giulia Niccolai; il drammaturgo Giuliano Scabia (che ideò l'esperienza di un teatro galleggiante sulle acque del grande fiume) e il cantautore Giovanni Lindo Ferretti (esponente del punk rock italiano con il gruppo dei CCCP e la "beneamata soubrette" Annarella); Sandro Vesce, già "prete operaio", poi spretatosi e diventato psicoterapeuta, straordinaria coscienza critica del panorama culturale modenese, e l'originale coppia di registi costituita da Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian (armeno per parte di padre, ma intimamente padano), che con un'originalissima tecnica artigianale di "rigenerazione" di vecchie pellicole - il cosiddetto found footage - realizzarono film d'avanguardia dal tenore straordinariamente poetico, quali Dal polo all'equatore.
 Delle numerosissime vicende che il libro porta alla luce e sviluppa, mi piace qui riprenderne una che sento più prossima di altre. Essa riguarda il destino della "colonna infame" eretta a Milano là dove sorgeva la casa del barbiere Gian Giacomo Mora, dopo la sua atroce esecuzione in seguito all'iniquo processo reso famoso dal Manzoni. 
 Dato che già pochi decenni dopo l'uccisione del Piazza e del Mora risultava evidente l'assurdità giudiziaria di cui erano stati vittime, e la presenza della colonna finiva per essere un monumento alla fallibilità del sistema giuridico vigente e di chi lo amministrava, si cominciò a pensare di abbatterla. Nessuno dei maggiorenti di allora si voleva prendere però la responsabilità di uno smantellamento che suonava come un atto d'accusa nei confronti del Senato cittadino e dei giudici che avevano formulato l'orribile sentenza, membri di famiglie molto in vista e molto onorate a Milano: il senatore Marcantonio Monti, prefetto di Sanità Pubblica, e Giovanbattista Visconti, capitano di Giustizia, i cui nomi comparivano in calce alla lapide posta sul basamento della colonna. 
 Molto italianamente, si aggirò allora l'ostacolo promulgando una legge che vietava il restauro dei "monumenti d'infamia". Quando la colonna fu debitamente deteriorata, l'Anziano del quartiere, appositamente imbeccato dalle autorità, chiese il suo abbattimento per motivi di sicurezza; la demolizione avvenne nottetempo, quasi di nascosto, tra il 24 e il 25 agosto 1778. La lapide superstite, conservata in una cantina, fu portata al Castello Sforzesco (dove ancora oggi è esposta) solo nel 1803; certo, non prima di aver scalpellato le ultime righe, quelle in cui comparivano le firme dei torturatori e degli assassini di Guglielmo Piazza e di Gian Giacomo Mora. 
 
In poche parole: Pianura è un libro singolare; nonostante abbia la forma di un epistolario o di un diario di viaggio, appare più il frutto di un vagabondaggio sentimentale nello spazio e nel tempo, che - fra aneddoti e ritratti memorabili di eminenti rappresentanti della "padanità" - si oppone a tutti i luoghi comuni e alle banalità derivanti dai miti del boom economico e dalla pessima propaganda leghista, per restituire un'idea e un'immagine dell'anima profonda della Pianura Padana concreta e storicamente fondata, ma nello stesso tempo misteriosa e inafferrabile come un paesaggio sfumato dalla nebbia.

Voto: 6,5

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