domenica 7 marzo 2021

David Diop, "Fratelli d'anima", Beat edizioni


  Per chi la visse in prima persona, l'esperienza della prima linea del fronte durante la Grande Guerra fu molto simile a una lunga, terribile allucinazione. La mostruosità della guerra di trincea e degli assalti all'arma bianca - tanto cruenti da compromettere l'equilibrio psichico di parecchi di coloro che vi parteciparono - è stata raccontata molte volte, ma pochi sono stati in grado di rappresentarla con l'atroce evidenza e l'efficacia di David Diop.
 Il protagonista di Fratelli d'anima (pubblicato ora in edizione tascabile da Beat dopo la prima uscita per i tipi di Neri Pozza nel 2019), Alfa Ndiaye, è uno dei fucilieri senegalesi che parteciparono alla Prima guerra mondiale con l'esercito francese sul fronte occidentale. Gli ufficiali transalpini contavano molto su questi soldati provenienti dalle colonie dell'Africa nera, in parte per via del loro coraggio e del loro spirito battagliero, in parte per via dell'irrazionale terrore che incutevano ai nemici, che i pregiudizi sull'indicibile ferocia dei "selvaggi" gettavano nel panico nel momento in cui si vedevano piombare addosso gli assaltatori di colore con i loro vistosi calzoni rossi. A tutti - nemici e alleati - piaceva pensare ai "cioccolatini" (così li definisce nel libro il capitano Armand) non come uomini, ma semplicemente come a formidabili strumenti di morte.
 Ma Alfa Ndiaye è soprattutto un uomo, con una storia dolorosa e solidi affetti alle spalle: figlio di un contadino benestante nel villaggio di Gandiol, da bambino ha perso sua madre, rapita da una banda di predoni mentre era in viaggio alla ricerca del padre e dei fratelli, pastori nomadi dei quali non aveva più notizie da mesi. Dall'epoca in cui era ancora un ragazzino, poi, è innamorato della bellissima Fary Thiam, la figlia del capo del villaggio - avversario di suo padre - che, prima che partisse per la guerra lo ha reso uomo, facendogli conoscere il sapore di una donna. La decisione di arruolarsi con i toubab, i guerrieri bianchi, l'ha presa soprattutto per seguire il suo amico del cuore, il suo "più che fratello" Mademba Diop, attratto dalla cultura e dalla civiltà francesi. Il loro sogno, in fondo, è quello di uscire dall'universo chiuso del loro luogo natio e di avere accesso a una vita diversa, che garantisca loro piena dignità e il rispetto anche dei bianchi.
 Purtroppo il sogno è destinato a infrangersi inesorabilmente contro la spietatezza della logica bellica. Quando infatti, durante un assalto, Mademba Diop (che, privo dell'eccezionale prestanza fisica di Alfa, cerca di distinguersi in battaglia per ardimento) rimane mortalmente ferito, Alfa Ndiaye resta bloccato con lui nella terra di nessuno fra le trincee francesi e quelle tedesche. Per una notte intera è costretto ad ascoltare i lamenti strazianti del suo amico, riverso a terra con i visceri che gli fuoriescono dall'addome, mentre lo prega di infliggergli il colpo di grazia sgozzandolo, per porre fine alle sue sofferenze. Il protagonista non trova però il coraggio di regalare a Mademba una morte pietosa; e terminata quella notte orribile - e riportato il cadavere di Medemba entro l'acquartieramento militare francese -, il rimorso per non essere riuscito a fare ciò che andava fatto finisce per spezzare qualcosa dentro di lui.
 
David Diop
 
 Da quel momento Alfa Ndiaye smette di essere un uomo per diventare un dëmm, uno dei demoni vendicatori che popolano le credenze della sua terra d'origine: l'assurda sistematizzazione di una violenza incontrollata e incontrollabile che la guerra voluta dai bianchi europei inevitabilmente implica trova in lui un nome e una diabolica incarnazione, che possa essere da monito per chiunque. 
 Alfa si trasforma in un vero e proprio predatore di uomini: ad ogni assalto egli comincia a restare fuori dalla trincea più a lungo dei suoi compagni, ad ignorare il fischio del capitano che sancisce l'esaurirsi dell'azione, ed ogni volta cattura un tedesco, uno dei "nemici dagli occhi azzurri", e con macabro rituale sempre uguale lo sacrifica sull'altare della guerra: lo lega e gli tappa la bocca per impedirgli di gridare; poi lo sventra e gli estrae i visceri dall'addome per fargli vivere la stessa esperienza toccata al suo "più che fratello" Mademba Diop; infine gli infligge quel pietoso colpo di grazia che non ha trovato il coraggio di sferrare a Mademba, e gli taglia la mano con la quale reggeva il fucile per riportarla ai suoi compagni d'armi come un lugubre souvenir. 
 Questa specie di rito, più volte reiterato, e le mani dei nemici trattate perché non si decompongano e conservate come trofei finiscono per sgomentare gli stessi ufficiali francesi che, quasi impauriti da ciò che hanno risvegliato in Alfa Ndiaye, decidono di allontanare il ragazzo dal fronte, spedendolo nelle retrovie, in una clinica dove i soldati che hanno vissuto esperienze traumatiche vengono curati affinché possano riprendersi.
 Ma ciò che si è risvegliato in Alfa non si può facilmente riassopire: lo spirito diabolico della guerra e della violenza si è impadronito definitivamente di lui, e la sua trasformazione in dëmm è ormai irreversibile. Così, quando il giovane soldato si accorge che la figlia del dottor François - che l'ha preso in cura - è attratta dalla sua possente muscolatura, dalla sua forza belluina e dalla sua prepotente avvenenza fisica, e decide di assecondare la tensione erotica che esiste tra loro infilandosi di nascosto, una notte, nel letto della ragazza, una volta abbandonatosi all'istinto, non riesce più a trattenere il demone selvaggio che lo possiede, e contro la sua volontà viene spinto a usare verso la donna la più brutale violenza, fino a ritrovarsela fra le braccia ormai senza vita.
 La narrazione, tutta condotta in prima persona dalla voce del protagonista medesimo - che filtrando il proprio vissuto attraverso le credenze animistiche derivate dalla sua cultura d'origine dimostra una straordinaria consapevolezza delle trasformazioni degenerative che la guerra ha determinato sulla sua personalità -, dilata spaventosamente il movimento elastico tra processo di identificazione e senso di straniamento su cui tutta la forza del libro si basa: Alfa Ndiaye osserva con un distacco che il lettore non può in nessun modo fare proprio quel processo di spersonalizzazione che le logiche della guerra provocano in lui, precipitandolo in una specie di possessione demoniaca di fronte alla quale si viene catturati da una sorta di paura superstiziosa.
 L'orrore degli istinti distruttivi che albergano in fondo all'animo umano - quell'orrore evocato in punto di morte da Kurz in Heart of Darkness - assume così un volto e una forma nuova e concreta, nel cuore della civilissima Europa e della sua storia recente.
 
In poche parole: raccontando, attraverso la viva voce del protagonista stesso, l'esperienza di Alfa Ndiaye - uno dei fucilieri senegalesi aggregati all'esercito francese impegnato sul fronte occidentale durante la Grande Guerra per gettare nel panico durante gli assalti i nemici tedeschi, prigionieri dei pregiudizi sull'indicibile ferocia dei "selvaggi" provenienti dall'Africa nera -, David Diop dona un volto nuovo all'orrore degli istinti distruttivi che albergano in fondo all'animo umano: quell'orrore evocato in punto di morte dal mitico Kurz in Heart of Darkness, e ora rivisitato nel cuore della civilissima Europa e della sua storia recente. L'interiorizzazione della logica della violenza sistematica che la guerra comporta, infatti, finisce per trasformare il giovane soldato in un dëmm, uno dei demoni vendicatori che popolano le credenze della sua terra d'origine; e tale possessione demoniaca diventa espressione di una ferocia estrema, di fronte alla quale la reazione più naturale - anche per il lettore - è una sorta di paura superstiziosa.
 
Voto: 7 

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