domenica 11 aprile 2021

Anna Wiener, "La valle oscura", Adelphi


 Uncanny Valley di Anna Wiener (titolo tradotto in italiano in maniera approssimativa e a mio parere non del tutto efficace con La valle oscura) è un libro sofisticato e assai interessante. Anche se - come è stato fatto notare - le idee e le denunce che vi sono espresse non sono cosa nuova (sullo strapotere delle grandi aziende che controllano l'economia digitale e sul pericolo che tali conglomerati comportano per la sostanza della democrazia sono infatti usciti diversi saggi, e ultimamente questi temi sono entrati di prepotenza nel dibattito pubblico di tutti i Paesi occidentali), la rappresentazione di questi problemi in chiave narrativa è senz'altro originale: essa permette di descrivere le dinamiche del mondo che sta dietro l'espansione impetuosa del Web registratasi negli ultimi vent'anni, e i meccanismi che oggi di fatto lo governano senza incontrare limiti neppure nella giurisdizione e nelle istituzioni dei singoli Stati, con un'evidenza inattingibile a qualsiasi trattato teorico.
 Il testo si presenta come un memoir, anche se la sua organizzazione interna, le informazioni che corredano il racconto e le riflessioni che lo accompagnano portano a tratti ad accostarlo a una inchiesta giornalistica, a un corposo reportage; volendo ricorrere a una di quelle crasi che tanto piacciono agli americani potremmo parlare di "memotage". 
 La giovane protagonista-narratrice è inizialmente assistente in un'agenzia letteraria a Manhattan e collaboratrice esterna, come redattrice e correttrice di bozze, di un altro piccolo editore a New York: un lavoro, come spesso accade nel mondo dell'editoria - negli Stati Uniti come in Italia - che per una laureata in materie umanistiche si pretende sia quasi una vocazione, ma è tanto apparentemente prestigioso quanto patentemente precario e mal pagato. 
 Quando, a venticinque anni, si accorge che "il brivido voyeuristico di rispondere al telefono di qualcun altro" si è decisamente attenuato, che di spazio per crescere nel mondo della produzione libraria ce n'è davvero poco, e che continuare a contare sui propri genitori affinché integrino il magro stipendio percepito (che, in una città costosa come New York, se ne va quasi interamente per pagare l'affitto) è decisamente umiliante, Anna - quasi vergognandosi e senza confessarlo ai suoi amici - accetta di sperimentare un nuovo impiego nel settore delle nuove tecnologie immateriali.
 Dapprima si tratta di un ruolo poco definito in una piccola startup della costa atlantica, che ha sviluppato una applicazione di lettura per cellulari che dovrebbe consentire l'accesso a una sterminata biblioteca di e-book. Ma la app è ancora in fase sperimentale, la necessità di un profilo professionale come quello della protagonista non è ancora maturato nella piccola azienda, e Anna è presto costretta a cambiare di nuovo; ed è allora, nel 2013,  su suggerimento di uno degli ideatori dell'applicazione di lettura, che arriva il grande salto, con il trasferimento in California, a San Francisco, l'approdo in Silicon Valley, l'ingresso in una startup specializzata in analisi dei dati.
 E' un mondo totalmente nuovo quello che si dischiude davanti agli occhi curiosi della narratrice: giovanissimi imprenditori che hanno sviluppato progetti capaci di rastrellare in pochissimo tempo decine di milioni di euro di finanziamenti (spesso con la tecnica del crowdfunding), piccole aziende tecnologiche che, senza bisogno di promuovere i propri prodotti con specifiche iniziative di marketing, arrivano in pochissimo tempo a crescere tanto da poter ipotizzare di quotarsi in borsa attraverso una IPO, startup nate dal nulla che con impressionante rapidità arrivano ad aspirare realisticamente a diventare degli Unicorni (come vengono chiamate nel campo del Tech le società con oltre un miliardo di dollari di capitalizzazione), venture capitalists disposti ad investire cifre esorbitanti in aziende ancora allo stato embrionale.
 
Anna Wiener
 
 Non avendo specifiche competenze tecniche nel campo della programmazione, la protagonista viene destinata al servizio clienti; ma il solo fatto di essere nel novero dei primi dipendenti assunti da una startup in piena crescita le dà diritto a uno stipendio tre volte superiore a quello che percepiva a New York, l'accesso a tutta una serie di interessanti benefit (come l'opportunità di fruire di massaggi o di partecipare a sedute di yoga in ufficio), la possibilità di maturare una piccola parte delle future quote azionarie dell'azienda e il notevole vantaggio di poter lavorare in un ambiente molto più informale di quello dell'editoria, per di più con un orario d'ufficio assolutamente flessibile.
 E quando dalla startup di analisi dei dati Anna passa a un'altra assai più grande che si occupa di software open source, vengono addirittura aboliti l'orario di lavoro e il concetto stesso di ufficio: la protagonista può lavorare da casa propria oppure recarsi in un momento qualunque della giornata - o della notte - all'Headquarter, sistemandosi in una qualsiasi delle attrezzatissime scrivanie, in una delle sale a deprivazione sensoriale approntate per chi vuole lavorare senza essere disturbato, nel salotto che riproduce fedelmente lo Studio Ovale della Casa Bianca o nel bar interno che eroga gratuitamente ai dipendenti i suoi servizi.
 Sembrerebbe, da ogni punto di vista, una condizione ideale: un lavoro ben retribuito, unito alla sensazione di essere nel luogo più vivace del mondo, quello in cui - nei pressi della culla della controcultura americana - si costruisce il futuro escogitando soluzioni destinate a rendere la vita di tutti più facile e più piacevole...
 Ma è davvero così?
 In realtà le aziende della Silicon Valley e la logica che le guida hanno più di un lato inquietante, che dalla sua specola privilegiata la protagonista è a poco a poco in grado di mettere a fuoco. Innanzitutto, tradendo nei fatti la filosofia liberal da cui si pretendono ispirati, i giovanissimi imprenditori del settore digitale, a dispetto dei vantaggi apparentemente straordinari concessi ai propri dipendenti (grazie soprattutto agli esorbitanti finanziamenti che ricevono) tendono a riprodurre, dentro e fuori le imprese che creano, rapporti interpersonali e sociali di tipo veterocapitalistico: ai dipendenti è chiesto semplicemente di essere down to the cause, devoti alla causa, e di non mettere in discussione in nessun modo l'eticità del proprio lavoro, gli obiettivi dei propri dirigenti e la gestione interna dell'impresa; la massimizzazione dei guadagni fa premio su qualunque altro aspetto della realtà d'impresa; nei consigli di amministrazione delle società della Silicon Valley è scandalosamente schiacciante la presenza di maschi bianchi, e le denunce di molestie o di discriminazione in base al genere sono assai frequenti nel mondo delle nuove tecnologie; i tantissimi soldi che affluiscono alle imprese del settore informatico non portano nessun beneficio a chi di quel settore non fa parte, e tendono anzi a peggiorare le condizioni di vita di costoro - prova ne sia la brutale gentrificazione di alcuni quartieri storici di San Francisco.
 Il problema più grave della mostruosa crescita del comparto delle tecnologie elettroniche (i cui principali player vengono citati spesso senza mai nominarli, facendo ricorso a efficaci eufemismi come "il social network che tutti dicevano di odiare" - Facebook -, "il colosso dei motori di ricerca" - Google -, "il grande negozio online" - Amazon -, e così via), però, deriva dal potere senza limiti che esso concentra nelle mani di un numero ristretto di privati individui, a cui è consentito, di fatto, spiare i cittadini, raccogliere un numero enorme di informazioni su di essi, sulle loro abitudini e sul loro modo di essere, classificarle attraverso appositi algoritmi e disporne senza regole per condizionare gli orientamenti e i comportamenti collettivi (per fini prettamente commerciali oggi, per fini apertamente politici domani). 
 E' facile capire come tutto questo possa in breve tempo mettere in discussione la libertà di ciascuno di noi, la nostra possibilità di scegliere e di controllare democraticamente chi ci deve governare e, in definitiva, la nostra qualità della vita.
 Il bello di Uncanny Valley è che a queste considerazioni - che certo la Wiener non è la prima fare - si arriva gradualmente, attraverso un accumulo quasi frenetico di esperienze e di osservazioni che assomiglia molto alla stragrande quantità di stimoli e di informazioni che dalla frequentazione quotidiana del Web ci derivano, ma che lentamente - grazie anche alla formazione umanistica dell'autrice - si sedimentano, vengono sceverate e arrivano a comporre un quadro chiaro dei rischi che il dorato mondo nel quale le nuove tecnologie nascono e vengono sviluppate ha creato, e fino ad ora si è rifiutato di affrontare seriamente.
 Peraltro il libro è scritto molto bene: il linguaggio è preciso, incisivo, mai piattamente descrittivo; e se lo spin narrativo non è propriamente travolgente, alcune situazioni e alcuni personaggi - come il bidimensionale amministratiore delegato della statup di analisi dei dati, o il riflessivo neomiliardario ventenne Patrick - sono tratteggiati con grande finezza e una sensibilità degna della penna di un Jonathan Franzen.

In poche parole: libro nato dall'esperienza lavorativa condotta da Anna Wiener fra il 2013 e il 2018 presso alcune startup californiane, Uncanny Valley riesce a rappresentare con grande efficacia in chiave narrativa le virtù e i vizi inquietanti dell'eccezionale ecosistema nel quale si sviluppano le nuove tecnologie digitali, che sono diventate tanto invasive nella vita di ciascuno di noi. Soprattutto, l'autrice arriva a poco a poco a mettere a fuoco le ipocrisie e le distorsioni della pretesa, originaria filosofia liberal che più di vent'anni fa diede impulso alla crescita del Web; ipocrisie e distorsioni dalle quali oggi derivano tanto la logica veterocapitalistica che i giovani creatori di queste brillanti imprese tendono a riprodurre una volta affermatisi, quanto i rischi per la qualità e la sostanza stessa della democrazia che comporta il controllo di una massa enorme di informazioni concentrato nelle mani di pochi privati individui.
 
Voto: 7,5

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