sabato 11 dicembre 2021

Anne Carson, "Antropologia dell'acqua", Donzelli


 Il lirismo di Anne Carson agisce sulla realtà come un sonar: restituendo l'eco precisa di sentimenti, accadimenti e rapporti umani, permette di indovinarne la forma, l'ingombro e la natura. Questa è la logica compositiva di Antropologia dell'acqua, che presenta la piana cadenza prosaica di un diario, l'intima concentrazione di una raccolta di poesie e la densità simbolica di un libro di mistica.
 Il volume è sostanzialmente diviso in tre parti: 1) Tipi di acqua. Un saggio sul cammino di Compostela; 2) Solo per il brivido. Un saggio sulla differenza tra uomini e donne; 3) Margini d'acqua. Un saggio di mio fratello sul nuoto. I tre blocchi, in realtà, della scrittura saggistica non hanno nulla, se non l'acribia analitica: si tratta infatti di narrazioni (narrazioni di viaggio le prime due, "stanziale" la terza) di tenore diaristico, ricche di rimandi e di riferimenti poetici che sembrano letteralmente galleggiare sulla superficie di un mare affascinante, misterioso e inquietante nella misura in cui custodisce profondità invisibili e sconosciute.
 La prima narrazione è scandita dalle tappe del Cammino che da Saint-Jean-Pied-de-Port, presso Roncisvalle, porta fino a Santiago de Compostela e oltre, fino a Finisterre, l'estremo limite occidentale d'Europa. La protagonista-narratrice è accompagnata da un uomo, designato "il Mio Cid", come il cavaliere di Burgos, l'eroe della Reconquista: nel rapporto con il "Cid" - sempre vicino, ma reso metaforicamente lontano dalla sua apparente imperturbabilità - l'inquieto io narrante viene definendo le proprie particolarità, le proprie debolezze e il significato per sé del lungo pellegrinaggio che sta compiendo attraverso un paesaggio mutevole, diverso, a volte accogliente, a volte quasi ostile. Ogni tappa è introdotta dalla citazione di un poeta giapponese, spesso quel Matsuo Basho che fu a sua volta instancabile viaggiatore e che dalla propria esperienza di viaggio trasse ispirazione per i propri componimenti.
 Anche Solo per il brivido è il resoconto di un viaggio a tappe: in questo caso la protagonista accompagna il suo uomo "on the road" attraverso le strade d'America, dall'Indiana fino alla California. A differenza di Tipi di acqua, dove prevale la concentrazione sull'io individuale di chi scrive, la seconda narrazione ha come tema dominante il rapporto di coppia: la protagonista sospetta che il viaggio altro non sia che un lungo addio da parte dell'uomo che è stato fino a quel momento il suo compagno, che ogni notte campeggia con lei in un luogo diverso, e intorno al corpo del quale gravitano il suo affetto e il suo desiderio di femmina. Dalla propria esperienza l'io narrante cerca di dedurre regole generali sulle dinamiche della relazione tra uomini e donne; su quello che stereotipicamente e forse un po' riduttivamente altri chiamano amore. Nel corso del viaggio e nel suo inevitabile approdo maturerà nella protagonista una consapevolezza quasi zen del fluire del sentimento e della precarietà di ogni pretesa progettualità emotiva.
 
Anne Carson
 
 Il terzo blocco di scritti, pur conservando una cadenza diaristica, è molto diverso dai primi due, perché ha per protagonista non una versione "agente" del personaggio di chi scrive, ma suo fratello: un ragazzo pieno di ombre, che è partito per il mondo, e che da tempo non dà notizie di sé. La simbologia legata all'elemento liquido, che nei due precedenti racconti era presente soprattutto in filigrana, qui viene esplicitata e ipostatizzata nella pratica del nuoto nella quale quotidianamente, quando le condizioni atmosferiche lo consentono, il protagonista si cimenta nelle acque variabili del lago che si scorge dalla finestra della sua casa. L'immersione nell'acqua, il mutare della luce, dei colori, della temperatura diventano qualcosa di più e di diverso dai correlativi oggettivi degli stati d'animo dell'uomo; sono piuttosto parte integrante dell'elasticità e della permeabilità dell'essere, che nella visione qui esplicata tende a fare tutt'uno col mondo.
 Il terzo racconto, fra l'altro, diventa fondamentale per chiarire il senso del titolo del libro, Antropologia dell'acqua: come viene detto in La pietra del desiderio - Introduzione a Margini d'acqua, l'acqua si può paragonare al Qi, la parola cinese che serve a designare il "respiro" o l'"energia vitale"; è l'elemento in cui si compendiano la morfologia e la fenomenologia del nostro essere. "Noi fluttuiamo sull'acqua, al giusto livello ogni cosa nuota" dice il fratello alla narratrice. Andando anche oltre, potremmo addirittura dire che, in una certa misura, noi siamo acqua: come acqua fluiamo, come acqua possiamo cambiare forma, come acqua possiamo intorbidarci o illimpidirci, lasciare filtrare la luce o schermarla, custodire la vita o spegnerla, lasciar fluttuare ogni cosa o colarla a picco e precipitarla sul fondo.
 Non esiste forse metafora più discreta e appropriata per descrivere la vita.
 
In poche parole: il lirismo di Anne Carson agisce sulla realtà come un sonar: restituendo l'eco precisa di sentimenti, accadimenti e rapporti umani, permette di indovinarne la forma, l'ingombro e la natura. Questa è la logica compositiva di Antropologia dell'acqua, che presenta la piana cadenza prosaica di un diario, l'intima concentrazione di una raccolta di poesie e la densità simbolica di un libro di mistica.
Lo strano titolo richiede senz'altro una spiegazione: nella logica metaforica dell'autrice si può dire che noi siamo acqua. Come acqua fluiamo, come acqua possiamo cambiare forma, come acqua possiamo intorbidarci o illimpidirci, lasciare filtrare la luce o schermarla, custodire la vita o spegnerla, lasciar fluttuare ogni cosa o colarla a picco e precipitarla sul fondo.
Non esiste forse metafora più discreta e appropriata per descrivere la vita.
   
Voto: 7

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