Nel suo Dizionario dei personaggi di romanzo, Gesualdo Bufalino si era
fermato prima della Seconda guerra mondiale; dal termine del conflitto riprende
l’opera Fabio Stassi, dando vita a una singolare, affascinante Spoon River
letteraria in cui ciascuno dei personaggi prende la parola e si racconta in
prima persona, cercando di spiegare il carattere della propria umanità.
Ma un personaggio, si sa, non è
un uomo − anche se dell’uomo pretende talvolta di essere la quintessenza; viene
alla luce solo nel momento in cui, congedato dal suo autore, incontra il
lettore, e non muore mai davvero, anche se trova la morte nelle pagine di un
libro. Così, ben lungi dall’essere epitaffi sepolcrali, queste vitali
auto-presentazioni (o micro-autobiografie) riportano, accanto al nome del personaggio, soltanto la sua “data
di nascita”, vale a dire l’anno di pubblicazione del romanzo che gli ha dato
forma.
Trecento sono le figure
letterarie che vengono prese in considerazione, dal commissario Francesco
Ingravallo del Pasticciaccio di Carlo
Emilio Gadda (1946) al Turambo di Gli
angeli muoiono delle nostre ferite di Yasmina Khandra (2013). Ogni
personaggio tende a parlare di sé usando il proprio specifico linguaggio, l’idioletto
che lo connota più di ogni altra cosa; quasi sempre si riecheggiano interi
passi del romanzo in cui il personaggio vive, e di frequente Stassi riesce con
notevole abilità a ricrearne anche la particolare atmosfera.
Pensiamo, tanto per fare qualche
nome, ai brani dedicati ad Anguilla (de La
luna e i falò di Cesare Pavese), al capitano Bellodi (de Il giorno della civetta di Leonardo
Sciascia), all’Ivan Denisovič di Alexandr Solženicyn, a quel naufrago della Storia che è 'Ndrja Cambrìa (di Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo), a Pedro Camacho (di La zia Julia e lo scribacchino di Mario
Vargas Llosa) al Don Sebastiano de Il
giorno del giudizio di Salvatore Satta, al Red di un racconto della raccolta Stagioni diverse di Stephen
King (sublimato cinematograficamente da Morgan Freeman nel film Le ali della libertà), alla protagonista
di Sorgo rosso di Mo Yan, all’indimenticabile
Long John Silver di Bjorn Larsson (La
vera storia del pirata Long John Silver), al Barney Panofsky della famosa Versione di Mordecai Richler, a Ulises
Lima e Arturo Belano, i detective
selvaggi di Roberto Bolaño, a Jacques Austerlitz di W.G.Sebald, a Patty
Berglund di Libertà di Jonathan
Franzen, al fantastico Eduard Limonov raccontato da Emmanuel Carrère…
Il libro si può leggere in molti
modi diversi: si possono andare a cercare i personaggi dei romanzi che si
ricordano con maggiore affetto o, al contrario, individuare i protagonisti
delle opere che non si sono lette per lasciarsene incuriosire e imparare
qualcosa di nuovo; si possono leggere le auto-presentazioni una dopo l’altra,
nel loro ordine naturale, gustandole come se si trattasse di poemi in prosa
aventi vita propria, oppure lasciarsi distrarre da questo testo andando a
ricercare le pagine originali in cui un determinato personaggio ha preso vita; si
può sfogliare il libro casualmente (o spingere avanti le schermate dell’e-book
reader) fermandosi quando si incrocia un nome particolarmente evocativo, oppure
procedere con metodo, soffermandosi specificamente sui libri pubblicati in un’annata
determinata.
Fabio Stassi
Io ho cercato soprattutto di ritrovare
il sapore dei libri già letti, e ho preso nota dei titoli dei molti romanzi che
ancora mi restano da leggere, specialmente se gli autoritratti dei loro personaggi
risultavano particolarmente intriganti.
Naturalmente, di fronte a un’opera
di questo tipo, si innesca un meccanismo per cui si è tentati di mettere sotto
esame le scelte dell’autore: perché mancano totalmente i protagonisti di alcuni
romanzi? Perché, per un certo romanzo, si è scelto un personaggio anziché un
altro che ci pare più significativo? Ad esempio, perché mancano i protagonisti
di Il nudo e il morto di Norman
Mailer, il Donnarumma di Ottiero Ottieri, il Duca Lamberti di Scerbanenco, il
Gerolamo Aspri di Corporale di Paolo Volponi
o il Fedro di Lo zen e l’arte della
manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig? Perché, per un libro
immenso come Infinite Jest di David
Foster Wallace, si è scelto di soffermarsi su Joelle Van Dyne, anziché su
altri, più singolari personaggi che compaiono nel medesimo romanzo?
È però questa una tentazione a
cui occorre resistere: è chiaro, infatti, che quando si opera una selezione fra
un gran numero di libri (e un numero ancora più grande di personaggi), in una
certa misura l’incidenza dell’arbitrarietà diventa inevitabile, ed è forse
persino salutare che i criteri discriminanti siano dettati anche dalle
personali idiosincrasie dell’autore.
Risulta allora meno ozioso,
invece di pensare ai personaggi che non compaiono, concentrarsi su quelli che
ci sono, e può essere magari divertente fare il gioco di stabilire quali, fra
di essi, sono i propri preferiti.
Personalmente voglio fare solo tre nomi, in rigoroso ordine cronologico: Zelinda Icci, in Casa d'altri di Silvio D'Arzo; Momò, in La vita davanti a sé di Romain Gary; e Seymour Levov, lo Svedese, in Pastorale americana di Philip Roth.
Voto: 7
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