domenica 20 marzo 2016

Fabio Stassi, "Il libro dei personaggi letterari", Minimum Fax


 Nel suo Dizionario dei personaggi di romanzo, Gesualdo Bufalino si era fermato prima della Seconda guerra mondiale; dal termine del conflitto riprende l’opera Fabio Stassi, dando vita a una singolare, affascinante Spoon River letteraria in cui ciascuno dei personaggi prende la parola e si racconta in prima persona, cercando di spiegare il carattere della propria umanità.
 Ma un personaggio, si sa, non è un uomo − anche se dell’uomo pretende talvolta di essere la quintessenza; viene alla luce solo nel momento in cui, congedato dal suo autore, incontra il lettore, e non muore mai davvero, anche se trova la morte nelle pagine di un libro. Così, ben lungi dall’essere epitaffi sepolcrali, queste vitali auto-presentazioni (o micro-autobiografie) riportano, accanto al nome del personaggio, soltanto la sua “data di nascita”, vale a dire l’anno di pubblicazione del romanzo che gli ha dato forma.
 Trecento sono le figure letterarie che vengono prese in considerazione, dal commissario Francesco Ingravallo del Pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda (1946) al Turambo di Gli angeli muoiono delle nostre ferite di Yasmina Khandra (2013). Ogni personaggio tende a parlare di sé usando il proprio specifico linguaggio, l’idioletto che lo connota più di ogni altra cosa; quasi sempre si riecheggiano interi passi del romanzo in cui il personaggio vive, e di frequente Stassi riesce con notevole abilità a ricrearne anche la particolare atmosfera.
 Pensiamo, tanto per fare qualche nome, ai brani dedicati ad Anguilla (de La luna e i falò di Cesare Pavese), al capitano Bellodi (de Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia), all’Ivan Denisovič di Alexandr Solženicyn, a quel naufrago della Storia che è 'Ndrja Cambrìa (di Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo), a Pedro Camacho (di La zia Julia e lo scribacchino di Mario Vargas Llosa) al Don Sebastiano de Il giorno del giudizio di Salvatore Satta, al Red di un racconto della raccolta Stagioni diverse di Stephen King (sublimato cinematograficamente da Morgan Freeman nel film Le ali della libertà), alla protagonista di Sorgo rosso di Mo Yan, all’indimenticabile Long John Silver di Bjorn Larsson (La vera storia del pirata Long John Silver), al Barney Panofsky della famosa Versione di Mordecai Richler, a Ulises Lima e Arturo Belano, i detective selvaggi di Roberto Bolaño, a Jacques Austerlitz di W.G.Sebald, a Patty Berglund di Libertà di Jonathan Franzen, al fantastico Eduard Limonov raccontato da Emmanuel Carrère…
 Il libro si può leggere in molti modi diversi: si possono andare a cercare i personaggi dei romanzi che si ricordano con maggiore affetto o, al contrario, individuare i protagonisti delle opere che non si sono lette per lasciarsene incuriosire e imparare qualcosa di nuovo; si possono leggere le auto-presentazioni una dopo l’altra, nel loro ordine naturale, gustandole come se si trattasse di poemi in prosa aventi vita propria, oppure lasciarsi distrarre da questo testo andando a ricercare le pagine originali in cui un determinato personaggio ha preso vita; si può sfogliare il libro casualmente (o spingere avanti le schermate dell’e-book reader) fermandosi quando si incrocia un nome particolarmente evocativo, oppure procedere con metodo, soffermandosi specificamente sui libri pubblicati in un’annata determinata.

Fabio Stassi

 Io ho cercato soprattutto di ritrovare il sapore dei libri già letti, e ho preso nota dei titoli dei molti romanzi che ancora mi restano da leggere, specialmente se gli autoritratti dei loro personaggi risultavano particolarmente intriganti.
 Naturalmente, di fronte a un’opera di questo tipo, si innesca un meccanismo per cui si è tentati di mettere sotto esame le scelte dell’autore: perché mancano totalmente i protagonisti di alcuni romanzi? Perché, per un certo romanzo, si è scelto un personaggio anziché un altro che ci pare più significativo? Ad esempio, perché mancano i protagonisti di Il nudo e il morto di Norman Mailer, il Donnarumma di Ottiero Ottieri, il Duca Lamberti di Scerbanenco, il Gerolamo Aspri di Corporale di Paolo Volponi o il Fedro di Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig? Perché, per un libro immenso come Infinite Jest di David Foster Wallace, si è scelto di soffermarsi su Joelle Van Dyne, anziché su altri, più singolari personaggi che compaiono nel medesimo romanzo?
 È però questa una tentazione a cui occorre resistere: è chiaro, infatti, che quando si opera una selezione fra un gran numero di libri (e un numero ancora più grande di personaggi), in una certa misura l’incidenza dell’arbitrarietà diventa inevitabile, ed è forse persino salutare che i criteri discriminanti siano dettati anche dalle personali idiosincrasie dell’autore.
 Risulta allora meno ozioso, invece di pensare ai personaggi che non compaiono, concentrarsi su quelli che ci sono, e può essere magari divertente fare il gioco di stabilire quali, fra di essi, sono i propri preferiti.
 Personalmente voglio fare solo tre nomi, in rigoroso ordine cronologico: Zelinda Icci, in Casa d'altri di Silvio D'Arzo; Momò, in La vita davanti a sé di Romain Gary; e Seymour Levov, lo Svedese, in Pastorale americana di Philip Roth.

Voto: 7

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