(recensione di Laura Uva, neurobiologa)
Il dottor Burioni, medico e professore ordinario di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, tratta in questo testo - pubblicato nel settembre del 2016 - un tema di scottante attualità, non perché i vaccini siano di recente invenzione (i primi tentativi di immunizzazione preventiva risalgono addirittura alla prima metà del Settecento, e il primo vaccino contro il vaiolo fu messo a punto nella seconda metà del XVIII secolo), ma perché la loro sicurezza ed efficacia è stata ultimamente messa in discussione dai cosiddetti antivaccinisti.
Il dottor Burioni, medico e professore ordinario di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, tratta in questo testo - pubblicato nel settembre del 2016 - un tema di scottante attualità, non perché i vaccini siano di recente invenzione (i primi tentativi di immunizzazione preventiva risalgono addirittura alla prima metà del Settecento, e il primo vaccino contro il vaiolo fu messo a punto nella seconda metà del XVIII secolo), ma perché la loro sicurezza ed efficacia è stata ultimamente messa in discussione dai cosiddetti antivaccinisti.
La questione è seria, anche perché esula dagli steccati di un dibattito puramente teorico: negli Stati Uniti
l’immunità di gregge (ovvero un’immunità su larga scala che ostacola la
diffusione del virus) per il morbillo, raggiunta nel 2000, è stata recentemente persa
proprio a causa della moda antivaccinista.
L’autore comincia col presentare una lunga serie di dati e statistiche allo scopo di dimostrare che, se si
procede con una vaccinazione su larga scala, è possibile contenere se non
debellare la diffusione dei virus. Attraverso la vaccinazione, infatti, si è ad esempio ottenuta la vittoria sul vaiolo che ha registrato nel mondo l’ultimo caso nel
1977 e che è stato ufficialmente dichiarato scomparso nel 1980.
Si
era ad un passo anche dal debellamento della poliomielite, ma le recenti guerre
civili in diverse regioni del globo ne hanno impedito la sconfitta.
Alla luce delle evidenze scientifiche in nostro possesso, si può così arrivare a un assunto su cui Burioni insiste in maniera particolare: la decisione di non vaccinare i propri figli rappresenta non solo una scelta irresponsabile
nei confronti dei propri bambini, che risultano esposti al contagio di virus
che causano patologie gravi di per sé (pensiamo alla poliomielite) o che
possono avere complicazioni estremamente serie (pensiamo al morbillo), ma anche
nei confronti di coloro che per varie ragioni non possono accedere al vaccino o
sono immunodepressi (perché affetti da altre malattie di natura non virale).
Oltre
a riportare l’efficacia dei vaccini verso le malattie per le quali sono somministrati,
Burioni prova a offrire risposte molto nette ad una lunga serie dubbi che il pensiero antivaccinista
insinua. Non c’è legame dimostrabile tra vaccini e autismo: è vero che il numero dei casi riconosciuti
di autismo è aumentato nel tempo, ma questo si può spiegare con un
miglioramento nella procedura diagnostica (in passato molti autistici non erano riconosciuti come tali).
Non è vero che i vaccini favoriscono
la comparsa di allergie: i dati di cui disponiamo ci permettono di stabilire che, prima della caduta del muro di Berlino, nella Germania Ovest - dove le vaccinazioni non erano
imposte - si aveva una maggiore incidenza di allergie rispetto a quanto accadeva nella Germania Est, dove vaccinarsi era obbligatorio.
Il virologo Roberto Burioni
Non è vero che i bambini
vaccinati si ammalano di più: la vaccinazione contro il morbillo ad esempio,
oltre a proteggere dal virus specifico, protegge anche dalla depressione immunologica
pluriennale che segue la contrazione della malattia; la vaccinazione contro il
virus del papilloma umano svolge una duplice azione di protezione: contro il
virus e contro il cancro del collo dell’utero che questo può causare.
I
vaccini sono sicuri: solo in rari casi la vaccinazione contro
parotite-morbillo-rosolia può causare anafilassi subito dopo la
somministrazione (ma questa si risolve positivamente con un intervento medico
tempestivo), trombocitopenia (che guarisce spontaneamente) o encefalite. In
ogni caso le conseguenze post-vaccinazione hanno un’incidenza inferiore
rispetto alle complicazioni riportate dopo le patologie contro le quali le
vaccinazioni agiscono.
I
vaccini non arricchiscono le ditte farmaceutiche perché non costituiscono una delle voci principali dei loro bilanci, e rappresentano solo lo 0.3% della
spesa sanitaria nazionale.
I
dati e le statistiche sono sempre riportati con insistenza e precisione meticolosa a sostegno di quanto spiegato dall'autore, perché servono proprio a distinguere ciò che è un fatto (dimostrabile) da ciò
che è un’opinione (contestabile).
Rivolgendosi a un pubblico di non addetti ai lavori, Burioni utilizza un linguaggio
semplice e facilmente comprensibile. Forse proprio per questo il capitolo sul
sistema immunitario e su come i vaccini sono in grado di stimolarlo si
esaurisce in poche pagine. In questo caso qualche nozione in più avrebbe
giovato sia a chi non si fida dei vaccini, sia a chi - pur riconoscendo
l’utilità dei vaccini - desidererebbe approfondire la questione per avere un quadro più completo dei valori in gioco.
In
conclusione, possiamo dire che questo libro offre risposte chiare, convincenti e per tutti comprensibili ai
dubbi insinuati dagli antivaccinisti, suffragate da una lunga serie di dati oggettivi e di fatti incontrovertibili. Burioni suggella il suo discorso con una proposta operativa che condividiamo: lo Stato dovrebbe pensare a proteggere in primo luogo i più deboli (i bambini e i malati) rendendo le vaccinazioni obbligatorie, senza offrire una sponda alla pretesa di legittimazione giuridica di posizioni basate su pure e semplici petizioni di principio e nutrite di pregiudizi antiscientifici.
Voto 7,5