domenica 26 marzo 2017

Marilynne Robinson, "Le cure domestiche", Einaudi


 Pubblicato negli Stati Uniti nel 1980, ma proposto in traduzione italiana solo alla fine del 2016, Housekeeping è un romanzo profondo e complesso. 
 Si presenta come la storia di due ragazzine e della loro famiglia, narrata da una di loro; ma nella sostanza, è la rappresentazione poetica ed onirica delle tensioni affettive ed emotive che danno linfa ai legami tra le persone, e nel contempo costituisce l'esplorazione del crinale psicologico che divide atteggiamenti, aspirazioni, scelte e sentimenti contrastanti: il bisogno della stabilità e il gusto per la precarietà, la ricerca della socialità e la spinta verso la solitudine, la persistenza del passato e l'apertura verso il futuro, la mitologica concretezza di chi continua a vivere per noi soltanto nell'ostinata fissità dei ricordi, e la rarefatta molteplicità con cui si presenta alla nostra mente l'immagine di chi ci accompagna nella quotidianità, e attraversa il tempo mutando insieme a noi.
 Ruth e Lucille giungono a Fingerbone al seguito della madre Helen, che una domenica mattina - con l'auto presa in prestito da Bernice, una vicina di casa gentile - guida fino al luogo in cui è cresciuta, lascia le due bambine con una scatola di biscotti sui gradini della veranda dell'abitazione della loro nonna, Sylvia Foster, e poi va a gettarsi nel lago lì di fronte.
 Il lago è una presenza onnipervasiva a Fingerbone: frequenti sono le alluvioni in città, e quando piove molto l'acqua affiora nei campi e nelle cantine delle case. Il lago entra in tutte le leggende locali, ed è stato teatro di terribili tragedie: una volta vi è precipitato un treno intero, deragliando sopra il ponte che lo attraversa con i macchinisti, i frenatori e tutti i passeggeri; fra di essi, anche Edmund Foster, il nonno di Ruth e Lucille, colui che dal Midwest aveva deciso di trasferirsi a Fingerbone, e aveva costruito con le sue mani la vecchia casa della famiglia. Nessuna delle vittime dell'incidente era mai stata restituita dalle profondità oscure e melmose del vasto specchio d'acqua.
 Rimaste orfane, le due bambine - che non hanno mai conosciuto il loro padre - vengono cresciute per cinque anni dalla nonna materna, e poi, dopo la morte improvvisa di costei, dalle due cognate di lei, Lily e Nona Foster, due gentili, tolleranti, timorose, anziane signorine assolutamente incapaci di educare Ruth e Lucille e di prendersi cura davvero di loro.
 Un giorno, però, torna a Fingerbone Sylvie, la sorella di Helen, la zia naturale delle bambine. Sylvie ha trentacinque anni, indossa un bel vestito, un ampio cappotto e leggere scarpette estive nonostante si sia in pieno inverno; le sue mani sono rosse e screpolate, come quelle di chi ha l'abitudine di passare molto tempo all'aria aperta.
 Lily e Nona sono ben felici di tornare alla loro vecchia stanza in affitto e alle loro antiche abitudini, e di lasciare Ruth e Lucille nelle mani della più giovane nipote. Comincia così la vita in comune delle due sorelle con la zia, che all'inizio le diverte e le incuriosisce con le sue originalissime storie di viaggio, e le conquista con la grande libertà che lascia loro in ogni cosa; poi però le disorienta e le inquieta con la stramberia che palesa sempre di più agli occhi degli abitanti della cittadina.
 Sylvie è svagata, distratta, ha l'indole di una sognatrice e dà sempre l'impressione di ritenere che ciò che vede abbia una concretezza inferiore a ciò che pensa. Sylvie non ha orari - e non ne impone alle due ragazzine -, rimane spesso fuori casa fino a quando fa buio, e non ha paura di inoltrasi da sola nel bosco, o di avventurarsi sul lago con una barca a remi trovata sulla riva e presa a prestito; solo i cani da guardia la intimoriscono, come di solito accade ai vagabondi.

Una foto dei primi anni ottanta, che ritrae Marilynne Robinson (a destra) insieme ad Alice Munro, scrittrice canadese insignita del premio Nobel alcuni anni orsono

 Sylvie non si cura troppo della pulizia della casa, ma accumula con attenzione meticolosa barattoli, riviste, piccoli oggetti, di cui riempie il tavolo della cucina e tutte le mensole, come se attraverso di essi volesse conservare intatta la memoria del tempo che passa. Sylvie ama tornare in luoghi dimenticati da tutti, come quella casa diroccata che sorge in una stretta valle sull'altra sponda del lago, e le sembra di avvertire gli spiriti di coloro che in quei terreni abitarono in tempi remoti, e di poter intrattenere un intimo colloquio con loro, come con tutti quelli che il lago ha inghiottito, e a cui pensa come fossero ancora presenti al suo sguardo.
 Delle due ragazzine, è Lucille quella che soffre di più delle stranezze della zia: Lucille, che ha i capelli rossi, un carattere volitivo e ama stare in mezzo agli altri; a cui piace studiare, e il cui corpo fiorisce femminilmente prima di quello della sorella, che pure ha un anno in più di lei.
 Ruth - che diventerà la narratrice della storia -, invece, è alta, sottile e senza seno, teme la compagnia degli estranei, e si sente attratta dal modo di essere e di pensare di Sylvie; come la zia, Ruth è svagata e ipersensibile, e a tratti le sembra quasi di vivere da invisibile dentro la sua ombra, o di incarnare semplicemente la proiezione del ricordo di sua madre Helen che Sylvie conserva.
 Lucille, quando la vita in casa loro si fa così disordinata da diventare per lei insostenibile, lascia Sylvie e Ruth, e si rifugia presso una sua vecchia insegnante che le è affezionata; Ruth, al contrario, entra sempre più in simbiosi con la zia, smettendo a poco a poco di frequentare la scuola e seguendola nelle sue incursioni nel bosco o nelle sue scorribande notturne sulle acque gelide del lago, magari rientrando a Fingerbone all'alba, su un treno merci su cui è saltata clandestinamente per tornare a casa dal luogo lontano a cui lei e Sylvie sono approdate.
 Le ripetute assenze da scuola di Ruth e la sua vita sregolata non mancano di attirare l'attenzione dei vicini di casa e poi delle autorità cittadine, allertate da qualche osservatore in perfetta buona fede. Quando lo sceriffo le fa visita, Sylvie cerca, con ammirevole impegno, di conformare le proprie "cure domestiche" all'idea che di esse hanno le pie, generose, apprensive donne di Fingerbone; la collezione di barattoli di latta sparisce, il pavimento comincia ad essere spazzato regolarmente, compaiono graziose tendine alle finestre, i numerosissimi gatti che popolano il salotto vengono messi fuori. Ma ormai un giudice è stato allertato, e si è messo in moto un processo che porterà inevitabilmente alla forzosa spaccatura della famiglia che Ruth e Sylvie sentono di costituire, insieme a tutti i loro cari morti, o partiti per terre lontane, e non più ritornati.
 L'unico modo per evitare la separazione è la fuga: Ruth e Sylvie riescono a metterla in atto alla vigilia dell'udienza per la quale sono state convocate, dando fuoco alla vecchia casa costruita a suo tempo da Edmund Foster, e facendo credere a tutti di essere annegate nel lago.
 Da quel giorno si trasformeranno in vagabonde, passando di città in città con i loro cappotti svolazzanti, trasferendo la loro casa da un luogo fisico a quell'angolo della loro mente che gelosamente conserva il ricordo di tutti coloro che sono stati, e dove permane l'attesa del momento della riunione con Lucille, il pezzo mancante del loro nido domestico, che Ruth e Sylvie continuano a immaginare a Fingerbone, mentre aspetta il loro ritorno.
 Marilynne Robinson riesce a confezionare un ampio, raffinatissimo tessuto di parole dai molteplici riflessi e dall'effetto ipnotico, che aderisce talmente bene ai personaggi da creare un morbido calco dei loro caratteri, che il lettore è implicitamente invitato a riempire e ad animare con i propri sentimenti.
 La lettura si trasforma così in un'esperienza affascinante e in un'emozione sempre nuova: ogni frase porta con sé risonanze che richiamano significati ulteriori rispetto a quelli che appaiono evidenti in un primo momento. Si ha sempre la sensazione che rimanga qualcosa in più da capire; e alla rilettura ogni passaggio si arricchisce di nuove coloriture, e un suggerisce un senso più profondo. La cura meticolosa dei dettagli lessicali e sintattici è tale che tutto si tiene, e non succede mai di avere l'impressione che qualcosa possa essere detto meglio di come viene effettivamente detto; una caratteristica propria della migliore letteratura.

Voto: 8    

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